OGGETTO: La napoletanizzazione del PCI
DATA: 25 Settembre 2023
SEZIONE: Storie
FORMATO: Racconti
AREA: Italia
Una telefonata nel cuore della notte, un infiltrato, il Partito Comunista e una svolta pianificata da tempo.
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Ore 3.33 A.M.

Roma, 12 gennaio 1970, Via Appia

Le prostitute in fila si avvolgono in luride pellicce, intirizzite dal freddo della notte, provano a scaldarsi ai vapori dei falò accesi nei bidoni lungo le mura. Da una cabina lì vicino proviene lo strillo di un telefono. Una mano che indossa un guanto di pelle nera solleva la cornetta.

…parole incomprensibili filtrano dal guscio dell’apparecchio

«Beppone, ANELLO»

«…»

«Economico ci ha visto bene, come al solito, ma gli uomini di Henke, Miceli, dei principianti. Sono convinti che la mummia, il sardo e i suoi stiano con quei poveracci che spaccano le vetrine, che quelle prese di distanza dalle violenze siano solo un teatrino. Al Viminale già se la ridono da un pezzo.»

«…»

«Sa bene che ormai da tre anni Occhetto, con quel Tattoni, fa da tramite nei rapporti commerciali tra i padroni nostrani (Fiat, Olivetti, Finsider) e Mosca.»

«…»

«Sì, sì. Esatto, si appoggiano alla CGIL in quota di maggioranza, all’ANPI, a vari editori e poi agli “stranieri”. Ma non posso raccontarle tutto ora, è tutto scritto nel rapporto. Comunque quello che ci tengo a sottolineare è che non si tratta di un gioco delle parti. C’è una emorragia di tesseramenti che sta emergendo e che va tenuta sotto controllo. Da quando Enrico “il Sardo” è de facto il marionettista della “mummia” di Longo, tre sono diventate le sue ossessioni. L’indolenza dei giovani che ormai spaccano le vetrine invece che tesserarsi al Partito, i pisani di Sofri e i Napoletani.»

«…»

«Sì, i Napoletani»

«…»

«Il perché è una questione che definirei “antica”. Una sorta di “trauma”, se così lo si vuole immaginare. Berlinguer teme la napoletanizzazione del Partito, anzi forse, farei meglio a dire la Napol(i)tanizzazione

«…»

«Se lei non mi interrompesse di continuo, forse. Comunque, la faccenda ebbe inizio quando Luigi Longo, dopo vent’anni da vice di Togliatti, ereditò nel 1964, un partito grandemente sfaccettato, la cui frammentarietà paradossalmente si risolveva in un’unità plotinianamente bolscevica. Pietro Ingrao, a sinistra, riuniva maoisti, custodi della Rivoluzione e del vento dell’Est; moderati non ostili alla convivenza pacifica, ma filo-sovietici insieme ad Occhetto e gli occhettiani che un po’ facevano i maoisti, un po’ i filosovietici. Poi vi erano quei sentimentali di D’Onofrio, Donini, Scoccimarro, Secchia, “poeti lacrimosi” amici di Mosca, ma con lo sguardo rivolto verso il centro per indolente ostpolitik. Al centro una grande coalizione tra cui uomini (e donne, Nilde Iotti) del Segretario (la futura mummia – causa: il terribile “trombo del sessantotto”); i centristi del centro Armando Cossutta e Antonio Roasio; autorevoli tiratori liberi, come Boldrini e Terracini; sinistroidi moderati di centro quali Aldo Tortorella e Enrico Berlinguer.»

«…???»

«Ci sto arrivando, porti pazienza. Dicevo, a “destra”, invece, vi era il gruppo degli stalinisti di Giorgio Amendola, maestro di Mario Alicata, Emanuele Macaluso, Gerardo Chiaromonte e Giorgio Napolitano, costui, personaggio… sinistro (si dice che parli molto bene l’inglese). Dunque, si tratta finalmente di loro, dei sovietico-vesuviani.»

«…!!!»

«Suvvia, si contenga! Proprio lei che dovrebbe essere il mio superiore… ad ogni modo, i napol(i)tani godevano di forte consenso in Meridione, soprattutto nella Lega delle Cooperative e in parte anche nella CGIL. Costoro, nel 1964 inauguravano il mandato longhiano sotto l’egida di Amendola con la sacrilega proposta di fondere PCI, PSDI, PSI e PSIUP in un unico Partito Laburista di matrice laica. Era l’inizio della lotta tra i partenopei e la corrente di Ingrao, che perì, venendo ridimensionata e retrocessa mediante un’opera di epurazione, o meglio, di purghe staliniste. Nei ranghi medio-bassi del partito questa caccia alle streghe non fu ben accolta, ma ciò nonostante, in un colloquio personale Amendola lo sentii dire con precisione che il Partito doveva farla finita con quelli che “il 27 [passano] ad incassare e gli altri 26 giorni si [occupano] di criticare Longo ed il Partito. Non è a questo livello e a questa istanza che si può fare appello alla Democrazia”. Tra gli intraprendenti e giovani stalinisti figurava proprio il Napol(e)itano e fu proprio in questo periodo che Enrico Berlinguer rimase vittima della sovietica vesuvianità, con quello che gli storici… ehm… ehm… con quello che alcuni suoi colleghi… ehm… compagni… hanno definito un “moderato periodo di disgrazia”, cui seguì, tre anni più tardi, però, la sua promozione a vice-segretario, il che non fu un evento casuale. Giorgio Napolitano e Armando Cossutta erano stati scelti dal segretario Longo per farsi aiutare nelle procedure di epurazione. Questi riteneva i due giovani comunisti, specialmente Napolitano (già allora vezzeggiato con il soprannome per antinomìa de l’americano), estranei alle lotte di potere tra Amendola e Ingrao, tra i quali aveva peraltro dovuto personalmente mediare… pronto? È ancora in linea?»

« …!!!»

«Aridaje… vabbé. Dicevamo. Longo aveva creduto Napolitano estraneo alle lotte di potere tra Amendola e Ingrao, ma si era sbagliato, perché di lì a poco questi si sarebbe svincolato dal controllo esercitato dal Segretario rendendosi autonomo. Da qui in poi la scelta di Longo per Berlinguer, pedina necessaria per bilanciare il giovane stalinista che già a fine anni sessanta era l’unico membro del Partito parte sia dell’Ufficio della segreteria che di quello politico. Oggi Napolitano, grazie al supporto della cosiddetta colonia partenopea, ha accumulato tra le mani notevolissimo potere e il partito sembra sull’orlo di una… napol(e-i)tanizzazione. In questo contesto il cavallo su cui dovremmo puntare è dunque proprio quello di Berlinguer, sfruttare la sua fobia dei napoletani (cosa per altro prevedibile da parte di un sardo, gente paradossalmente di terra, mica pescatori, diffidenti) e supportare con tutti i mezzi che abbiamo la sua volontà di prendere le distanze dall’Unione Sovietica e di accreditare un partito “moderno” come il PCI agli occhi di Washington. Capito?»

«…!!!»

«Senta, prima di chiudere questa conversazione, posso farle una domanda?»

«…»

«Perché lei dà di matto a questa maniera per i napol(e-i)tani e non per i pisani di Sofri???>>

«…»

La linea si interrompe d’un tratto con il consueto suono che segue al riattaccare del telefono. 

Lo squillo intermittente fuoriesce dalla cornetta che penzola e dondola, abbandonata brutalmente alla forza di gravità dalla sagoma scura di un uomo che tra lo sconcerto delle puttane poco più in là, è stato visto fuggire – secondo quanto dichiarato da più testimoni lì presenti – in stato di alterazione psicofisica e probabilmente di totale, se non fatale, sconforto.

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