Il 19 dicembre prossimo scadranno gli ultimi bandi dell’anno indetti dal Polo Nazionale della Dimensione Subacquea verso le imprese e l’industria della Difesa, delle telecomunicazioni e dell’energia. Il 26 maggio scorso, il Polo ha visto chiudersi i primi quattro bandi per le imprese dei segmenti attinenti: Studio sulla gestione e ottimizzazione dell’energia nei sistemi autonomi subacquei; Studio e sviluppo di una infrastruttura di rete subacquea; Studio e sviluppo di algoritmi software per la localizzazione di bersagli subacquei; Studio e definizione di interfacce standard per lancio, recupero e interazione tra veicoli autonomi subacquei e piattaforme.
L’intento è quello d’accorpare tutti gli sforzi provenienti dalla vita civile e militare, e le derivate ricerche e attuazioni, per dare vigore allo strumento marittimo italiano. Per disparate ragioni decisamente sottostimato negli anni della guerra fredda, anche oggi rimane sfumato sul fondo rispetto, per esempio, all’impegno verso lo Spazio.
Il Capo del Gabinetto del Ministero della Protezione Civile e delle Politiche del Mare, Riccardo Rigillo, nel proprio intervento del maggio scorso in occasione d’una tavola rotonda a bordo della Cavour, fotografata dall’esperto Luca Peruzzi, ha rimarcato come: «In questo particolare momento storico c’è una forte attenzione per la marittimità a tuttotondo: nell’ambito dell’attività del Governo uno dei primi provvedimenti istituzionali è stato proprio quello di costituire il Comitato Interministeriale per le Politiche del Mare (Cipom) – presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un coordinamento di cui si sentiva la necessità perché da una trentina d’anni non c’era più una direzione strategica unica per tutte le politiche collegate».
Sui fondali passano cavi e condotte, ex linee telegrafiche e gasdotti, per l’approvvigionamento energetico e per le telecomunicazioni, ma sotto i mari è possibile reperire anche terre rare ed altre materie strategiche. Il 98% delle interazioni di Internet si realizza sott’acqua. A ciò s’aggiunga che nell’era della corsa allo Spazio e alle stelle, l’80% dei fondali e il 97% degli abissi, rimangono tuttora inesplorati. Non soltanto energia, pesca e cura dell’ambiente marino, ma pure la sicurezza nazionale risulterebbe minacciata successivamente l’acquisto dei sei sommergibili Kilo russi, anche se sottodimensionati rispetto agli “originali”, da parte algerina, come dalle attività turche nel mare di fronte alla Libia.
Tanto per dare una delle misure con le quali i Paesi e gli attori mediterranei si regolano in ambito, e in qualche modo impongono la propria volontà, nel 2018 l’Algeria ha dichiarato la propria zona economica esclusiva (Zee), come molti altri Paesi nel corso della Storia recente, e quest’ultima termina in prossimità del Golfo d’Oristano, in Sardegna. Il confine marittimo algerino disterebbe circa 195 miglia marittime dal litorale appartenente al Paese nordafricano e soltanto 60 miglia marittime da quello sardo, da quello italiano. La giustificazione parve fosse quella d’aver preso in considerazione solamente la distanza fra i litorali algerino e francese. Nel 2019, a sua volta, la Turchia ha dichiarato unilateralmente, senza consenso dei vicini, una zona economica esclusiva fra il proprio litorale e il mare di Tripoli in Libia. Un’area spropositata che potrebbe destabilizzare le attività mediterranee: di transito e subacquee.
Dal 2018, soltanto l’ultimo Governo attraverso un’appendice del Piano Mattei, Piano del Mare (Gazzetta Ufficiale), ha manifestato l’intenzione di difendere concretamente lo spazio marittimo della Nazione. Il parlamento italiano, sotto colori politici diversi, su questo tema non s’era mai espresso.
Il sabotaggio dei Nord Stream nel contesto della guerra d’Ucraina e i tentativi di Ansar Allah, con l’appoggio di Teheran, di tranciare cablaggio nel Mar Rosso, danno uno scenario drammaticamente immaginabile qualora avvenisse qualcosa del genere nel mare di casa, considerato che dallo Stretto di Sicilia passa il 16% dei cavi Internet mondiali. Il Capo di Stato Maggiore della Marina Credendino, ha laconicamente segnalato come: «Siamo su fondali piuttosto bassi perché nel Mar Rosso arriviamo intorno ai cento metri, mentre nel Mediterraneo soltanto il 15% dei fondali eccede i tremila metri. Nel Baltico, Mar Rosso e Mare del Nord invece sono tutti inferiori e soltanto negli oceani il 75% dei fondali eccede i tremila metri. Realizzare un sabotaggio o sfruttare le informazioni che transitano attraverso i cavi sottomarini è qualcosa che non è complicato a realizzarsi».
A proposito di Baltico, è di pochi giorni fa la notizia del sabotaggio – al momento soltanto un “incidente” per le indagini, ma tuttavia i sospetti sono molto pronunciati all’interno delle cancellerie di Germania e Finlandia, come riporta Agi – di un paio di cavi subacquei relativi alla fibra ottica che collegavano Helsinki e Rostock, il primo, e il secondo la Lituania all’isola svedese di Gotland. Non basta, sempre nel medesimo tempo, un’altra notizia sinistra è giunta dal Mar d’Irlanda. La nave russa Yantar è classificata ufficialmente come nave ausiliaria di ricerca oceanografica e distaccata dalla Marina Militare del Cremlino – che tuttavia in questo stato delle cose è perlomeno facilmente identificabile come nave spia, vista la sua attività recente – è stata intercettata dalla Marina irlandese vicino all’isola di Man, un’area di transito di cavi sottomarini, e scortata dagli irlandesi fuori dalla propria zona economica esclusiva.
Tutto ciò mentre gli ultimi risultati delle indagini sul sabotaggio dei Nord Stream 1 e 2, pubblicate dal periodico Der Spiegel, attribuirebbero l’atto a corpi speciali ucraini appoggiati dalla Cia. Questo dovrebbe anche mettere in guardia Roma dalle lunghe, corpose e partecipate cooperazioni internazionali poiché nel caso di bisogno, come s’è visto a danno principalmente della Germania col sabotaggio Nord Stream, non v’è intesa che regga.
Per quanto concerne le finanze a proposito dello sviluppo e della tutela subacquea, facendo un rapporto con gli investimenti per lo Spazio, la società di consulenza Pwc ha mostrato che il mercato “spaziale” ha goduto d’un +11% nel 2024, sui 470 miliardi del 2023 ed è destinato a raggiungere i mille miliardi di euro nel 2030. L’Italia è il settimo Paese al mondo per spesa e nei prossimi tre anni sono previsti investimenti italiani per oltre tre miliardi di euro nell’Agenzia spaziale europea. Come riporta una relazione della società di consulenza Cribis, gli investimenti pubblici potrebbero raggiungere i 7,3 miliardi di euro nel 2026. Al contrario, la spesa “subacquea” nel mondo raggiunge in questo momento circa i 3 miliardi di dollari e si stima potrà toccare i 12 miliardi nei prossimi anni, come evidenziato dal Sole 24ore.
Sotto il profilo dell’operatività, Roma detiene una fra le migliori Marine Militari convenzionali del mondo e i reparti sommergibili, anche con battelli della generazione passata, hanno dimostrato di recente di poter fronteggiare minacce di grossa taglia. L’esempio è nell’estate del 2022, quando due unità navali russe si spinsero fra lo Ionio e l’Adriatico e il Longobardo, vecchia classe Sauro, fotografò e riprese il caccia Tributs e la capoclasse Grigorovich, senza che esse s’accorgessero della presenza italiana. Forse manca ancora un ritorno escatologico del mare, necessario a sfatare il mito della Mitteleuropa, tanto agognato dal Nord, pescando dai passati mitici delle repubbliche marinare e delle capacità italiane di Primo Novecento. Ma tant’è che la volontà d’accorpare risorse e attori per l’interesse nazionale, insieme con quella di difender i mari italiani, non è cosa da poco. L’Ammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto sostiene in tal senso come: «L’Italia vanta un vasto e approfondito bagaglio di competenze di eccellenza in campo subacqueo, purtroppo spesso frammentate tra diverse realtà. Il Polo nasce quindi per promuovere un nuovo modello di cooperazione e sinergia tra tutti gli stakeholder al fine di operare all’unisono anche nel panorama internazionale che è sempre più competitivo».
Il Polo s’articolerebbe in tre linee di lavoro: la prima consiste nell’approfondimento dei fondali in senso esteso, non soltanto quello della sicurezza; coinvolgendo la ricerca e gli atenei scientifici. La seconda linea persegue l’obiettivo di sviluppare tecnologia capace di tutelare le infrastrutture subacquee. La terza linea anela di cautelare l’ambiente e l’ecosistema marini, ma pure il lascito artistico che spesso s’incrocia sui fondali. I primi quattro grossi bandi di ricerca sono già stati aggregati ad altri quattro, pubblicati a settembre, che, come accennato in precedenza, scadranno il prossimo 19 dicembre. Studio e sviluppo di batterie innovative a elevate prestazioni per applicazioni abissali; Sviluppo di un manipolatore impiegabile come payload per UUV modulare; Sviluppo di un sistema di cavi subacquei intelligenti per il monitoraggio marino; Studio e sviluppo di tecnologie e metodi innovativi per la navigazione di precisione in ambiente subacqueo.
Quest’istituzione marittima sta per compiere un anno di vita e già dà un’impronta strategica italiana decisamente diversa e migliore rispetto al passato. L’ultimo Esecutivo poi, sta tentando di dare un indirizzo istituzionale che non si limiti alle tutele ambientali e la giurisprudenza, non meno importanti in senso assoluto sia chiaro, ma manifestando, come detto, la volontà d’un’azione marittima più vivace: e sul piano dello sviluppo tecnologico, imprescindibile, e su quello d’un orizzonte strategico con relative tattiche d’adottare nella cornice delle possibilità di Roma.