L’ex primo Ministro Polacco Mateusz Morawiecki il 14 gennaio è stato eletto alla presidenza del partito dei Conservatori e Riformisti europei, carica precedentemente presieduta dalla Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni. Con il lavoro svolto dalla Premier italiana il partito aveva stabilizzato la sua posizione giurando fedeltà all’atlantismo e adottando posizioni più moderate da un punto di vista ideologico, trasmettendo sicurezza ed affidabilità alle istituzioni europee e abbandonando la visione prettamente antisistema incarnata dall’Ungheria di Orban. La Polonia conferma la sua importanza nelle logiche continentali, dopo aver ottenuto la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, carica occupata dall’attuale Presidente del Consiglio polacco Donald Tusk.
Morawiecki ha affermato che la sua volontà è quella di dare continuità al lavoro svolto in precedenza da Giorgia Meloni, lavorando per favorire l’autonomia strategica europea e una riforma dell’Unione, coniugando a questi concetti la preservazione degli stati nazionali; anche in campo internazionale il leader polacco ha espresso il desiderio di conservare la posizione di sostegno all’Ucraina adottata negli ultimi anni dal partito.
Risulta difficile effettuare delle previsioni e stabilire se quanto comunicato da Morawiecki combaci effettivamente con le sue reali ambizioni per il Partito ed il continente europeo; di fatto però in campo nazionale le posizioni del leader e del suo partito Diritto e Giustizia non sono così moderate. Morawiecki si oppone alle politiche adottate da Donald Tusk, accusando quest’ultimo e la sua squadra di governo di imbavagliare i media nazionali applicando una vera e propria censura. Il fatto che queste accuse provengano da una figura come Morawiecki, accusato dai media internazionali di aver adottato metodi illiberali durante gli anni in cui ha presieduto la carica di Presidente del Consiglio in Polonia, permette di comprendere lo scontro politico ideologico che si sta consumando internamente a Varsavia.
Ora Morawiecki e Tusk non solo si contrappongono a livello nazionale, ma le loro differenti visioni rischiano di scontrarsi anche in Europa e di influenzare l’indirizzo politico che determinerà il destino dell’Unione. L’UE si appresta a vivere un anno estremamente complicato, in cui l’insediamento di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti porta il Vecchio continente a disquisire di tematiche fino a poco tempo fa considerate inattuali e desuete, come il concetto di autonomia strategica. L’Europa dovrà finalmente decidere, forse tardivamente, cosa fare da grande; Washington non sembra più disposta ad accompagnarla mano per mano, e dovrà interagire da sola con i ragazzi più grandi, pronti a prendersi gioco della sua ingenuità e della sua debolezza.
In un momento così delicato per l’Unione Europea, Morawiecki e Tusk, in base a quelli che sono i loro ruoli e i loro compiti, hanno entrambi la possibilità di dare uno specifico indirizzo alla linea politico-strategica continentale, con ambizioni potenzialmente molto distanti tanto quanto lo sono in ambito nazionale, nonostante le dichiarazioni di facciata del Presidente dei conservatori. Morawiecki, esponente del partito Diritto e Giustizia, e Tusk, leader del partito Piattaforma civica, rappresentano le due anime contrapposte della Polonia.
L’anima che caratterizza la visione di Morawiecki è legata al tradizionalismo cattolico, incline alla conservazione delle tradizioni e dei valori storici che hanno accompagnato l’esistenza del popolo polacco. Vi è un netto rifiuto dei valori liberaldemocratici e della società multietnica delle democrazie europee; quest’anima si rifà ad una concezione clericale della struttura sociopolitica, e rigetta con fermento le rivendicazioni in materia di diritti civili richieste da alcuni segmenti sociali, opponendosi alle unioni civili, ai matrimoni omosessuali, alla legalizzazione dell’aborto e all’eutanasia. Questa visione si traduce in un marcato scetticismo nei confronti delle istituzioni europee, le quali rappresentano un modello totalmente opposto a quello contemplato dall’anima conservatrice e tradizionalista polacca.
Oltre ai valori religiosi, anche la memoria storica è stata in grado di forgiare quest’anima. La Polonia è stata sottoposta al dominio straniero per diversi secoli, passando dalla tripartizione del territorio fra Prussia, Russia e Austria all’aggressione nazionalsocialista e la stretta morsa della Russia sovietica. Queste memorie hanno un peso non indifferente e scaturiscono in quest’anima un senso di profonda diffidenza verso le principali potenze del sistema internazionale; da ciò ha origine la volontà di preservare una posizione equidistante dalle grandi potenze, allontanandosi sia dall’atlantismo del lontano egemone accasato a Washington, sia dalla vicina e minacciosa Mosca.
L’anima conservatrice è costretta a scontrarsi con quella progressista, rappresentata da Tusk e dal suo partito Piattaforma Civica, che ora sta governando il Paese e ricopre anche la Presidenza del Consiglio europeo. Si tratta di un’anima che fino a prima dell’ascesa politica dell’attuale leader del partito era rimasta nascosta e che è riuscita ad influenzare il popolo polacco fino ad entrare nel Palazzo. Si tratta di un’anima caratterizzata dalla voglia di cambiamento e di parziale rottura con i valori tradizionali e clericali che fino a pochi anni fa difficilmente potevano essere messi in discussione. La visione che caratterizza questa seconda anima polacca è incline al progresso, nel senso squisitamente liberale del termine; è favorevole alla lotta contro l’omotransfobia, alle unioni civili, ai matrimoni omosessuali e alla legalizzazione dell’aborto.
Anche quest’anima è influenzata fortemente dalla memoria storica, ma essa la conduce verso delle digressioni diverse rispetto a quelle sposate dall’anima conservatrice. L’anima progressista polacca rigetta il modello sociopolitico russo, considerato desueto e affine agli ideali dei connazionali conservatori, e sposa l’atlantismo e l’europeismo. Ai suoi occhi l’Occidente non viene concepito come un’area in cui vengono diffusi ed imposti valori opposti alla tradizione cattolica polacca, ma come un esempio di civiltà capace di sviluppare un modello sociopolitico più giusto.
In un anno chiave, in cui si determinerà quello che sarà il destino del continente europeo, queste due anime ora occupano delle posizioni influenti anche all’interno delle istituzioni europee; la Polonia ora può potenzialmente giocare un ruolo fondamentale nel determinare l’indirizzo politico che l’Unione adotterà operando nel sistema internazionale. I ruoli di Morawiecki e Tusk sono diversi, ma è del tutto legittimo aspettarsi che entrambi nei limiti delle loro possibilità proveranno ad influenzare la strada futura dell’Unione. Risulta arduo prevedere quale riuscirà a prevalere nello scenario europeo, ma di certo è possibile sottolineare l’importanza che è riuscita a ritagliarsi la Polonia nelle logiche continentali europee, in un momento in cui l’Europa si trova senza certezze e rassicurazioni.