Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato il totale fallimento dell’occupazione ucraina della regione del Kursk, la quale è stata integralmente riconquistata dalle forze del Cremlino. Il Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov ha annunciato la ripresa dell’ultima posizione occupata dagli uomini di Kiev nell’area, ovvero l’insediamento di Gornal, dove è stata innalzata trionfalmente la bandiera russa; la presenza delle truppe di Zelensky, iniziata nell’agosto 2024, è giunta al termine in un momento decisivo per le sorti del conflitto, con l’Ucraina che ha quasi perso tutte le sue posizioni nei territori della Federazione. Il leader russo si è complimentato con Gerasimov, ponendo l’accento sul coraggio e la tenacia mostrato dai soldati sul campo di battaglia, e sottolineando che si tratta di una grande vittoria per il popolo russo; il Capo di Stato Maggiore ha fornito al Presidente informazioni sul positivo andamento delle operazioni, e ha aggiunto che un grande contributo ai fini del raggiungimento dell’obiettivo tattico è stato offerto dalle truppe nordcoreane.
È difficile affermare con certezza la totale riconquista della regione, ma è possibile confermare che la maggior parte del territorio sia stato effettivamente riacquisito dalle forze armate russe; la controffensiva è iniziata alla fine del 2024, in un momento di debolezza da parte delle truppe ucraine, ed è proceduta lentamente, ma è riuscita a produrre ottimi risultati in termini tattici, scacciando la presenza dei nemici con efficienza, seppur con costi più o meno elevati. Putin non ha esitato a presentare questo evento come una grande vittoria, consapevole del fatto che in un momento così importante, dove gli Stati Uniti spingono fortemente verso una conclusione del conflitto, riottenere posizioni è fondamentale per arrivare ai potenziali futuri negoziati di pace avvantaggiati strategicamente. Inoltre, si tratta di un chiaro messaggio all’Occidente, e all’Europa nello specifico, la quale continua a mostrare grande supporto all’Ucraina e al suo leader, quanto meno nelle dichiarazioni; il leader russo sta comunicando al Vecchio Continente che la Russia è ancora in grado di combattere, e soprattutto di vincere. La debolezza di Kiev in questo frangente è nota, è altamente improbabile che possa riconquistare la regione, tenendo conto della sia della scarsità di uomini che le difficoltà nel reclutamento, delle basse quantità di risorse e armamenti, e della debolezza politica del suo leader, ormai sfiduciato dall’egemone, quanto mai volenteroso di porre fine a questo pluriennale conflitto.
Ora, dopo il dichiarato ristabilimento del controllo sul Kursk, cosa dovrebbe frenare Mosca dal fare all-in su Kharkiv e Sumy? Oltre all’annuncio della riconquista, è stata dichiarato anche la creazione di una testa di ponte a Sumy, la quale potrebbe essere considerata un preludio ad un’effettiva invasione. Vero, anche la Russia sta pagando elevati costi umani, ed effettuare un’incursione in questi territori graverebbe ancora di più su quest’ultimi; allo stesso tempo però la debolezza militare e politica di Kiev è senza precedenti, ed un’invasione su ampia scala in queste zone potrebbe essere meno costoso di quanto lo sarebbe stato fino a pochi mesi fa. La possibilità che la Russia opti per questa direzione è concreta, e qualora le operazioni dovessero evolversi positivamente sul piano tattico avrebbe la preziosa occasione di presentarsi ai negoziati di pace con maggior potere e credibilità, e potendo avanzare importanti richieste territoriali, che permetterebbero al leader della Federazione di scrivere una pagina trionfale nella storia del suo popolo.
Un ulteriore messaggio lanciato all’Occidente è la celebrazione del contributo fornito dalle truppe nordcoreane nelle operazioni militari che hanno portato alla liberazione del Kursk; non si tratta di congratulazioni fini è loro stesse, ma piuttosto della volontà di Mosca di comunicare ai nemici che la Russia non è isolata, come è stato ampiamente sostenuto in particolare dall’Europa. Le esternazioni di Gerasimov sull’impegno di Pyongyang testimoniano che il Cremlino dispone di alleanze strategiche che si traducono in un effettivo vantaggio tattico sul campo di battaglia. L’intesa con la Corea del Nord divincola la Federazione dall’immagine del suo appiattimento nei confronti di Pechino, assai diffusa in Occidente; la Russia intende dimostrare di possedere una propria indipendenza strategica, e la capacità di tessere alleanze e intensificare la cooperazione con partner alternativi alla Cina. Quest’ultima ha confermato la sua volontà di non intromettersi nelle relazioni fra paesi terzi, rilasciando dichiarazioni neutrali circa le operazioni in concomitanza effettuate dai due attori; è chiaro che Pechino non abbia una considerazione positiva di queste evoluzioni, ma è difficile che possa sentirsi seriamente minacciata da esse.
L’Unione Europea ha condannato le operazioni militari congiunte russe e nordcoreane, affermando che Mosca non abbia la reale intenzione di porre fine alle attività belliche e che non sia di suo interesse il raggiungimento della pace. Per Bruxelles la sua vera prerogativa è continuare ad aggredire Kiev in modo da aumentare le sue posizioni nell’area e massimizzare le sue acquisizioni territoriali; il Vecchio Continente intende continuare a sostenere l’Ucraina, ma risulta difficile prevedere dove questa linea politica possa condurlo. Il vantaggio tattico ottenuto dalla Federazione Russa sul campo è innegabile, e arriverà il momento in cui sarà necessario fare i conti con la realtà; il rischio che l’Unione sta correndo perseverando su questa strada potrebbe portarla concretamente ad essere esclusa dai trattati di pace, senza la possibilità di spalleggiare Zelensky e far valere le garanzie securitarie che Kiev richiede. Anche gli Stati Uniti si ritengono contrariati dal comportamento di Putin, con il Presidente Donald Trump che si è dichiarato deluso e irritato; il tycoon ha aggiunto che è necessario che Mosca smetta di sparare, altrimenti sarà difficile arrivare ad un compromesso che possa essere vantaggioso per entrambi gli attori. Inoltre, stando a quanto comunicato dal leader americano, Zelensky sarebbe disposto a cedere definitivamente la Crimea; risulta arduo credere che la Russia possa essere concretamente invogliata a posare le armi per terra per ottenere solamente il riconoscimento della propria sovranità sulla Crimea, è bensì lecito aspettarsi che per incentivare Mosca a negoziare le promesse necessitino di essere più ricche e credibili, altrimenti il conflitto rischierebbe di prolungarsi per svariati mesi.
Sarà interessante osservare come cambieranno gli equilibri tattici sul campo di battaglia in seguito alla riconquista della regione del Kursk, e se Mosca deciderà di aggredire in profondità il nemico puntando dritto a Kharkiv e Sumy, l’Occidente dovrà riadattare la sua strategia di contenimento delle velleità russe in base alle acquisizioni territoriali che gli uomini del Cremlino stanno ottenendo, tenendo conto del fatto che la Russia potrebbe non essere così isolata come si riteneva fosse, e che vi sono potenze regionali come Pyongyang pronte ad impugnare le armi per fornirle vantaggi tattici e a sostenendola strategicamente.