OGGETTO: I nuovi dèi: la Iglesia Ni Cristo
DATA: 13 Aprile 2020
La storia dell'ascesa di una chiesa evangelica che ha conquistato il panorama politico filippino ed oggi è la terza religione più seguita del paese.
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Manila, luglio dell’anno scorso. Quaranta persone vengono messe in stato d’accusa per “sedizione”. Si tratta di uno dei più importanti giri di vite promossi dal presidente-sceriffo delle Filippine, Rodrigo Duterte. A stupire non è la messa in stato d’accusa, ma il fatto che nella lista degli indagati siano stati inseriti anche quattro vescovi e tre preti della chiesa cattolica: un’azione che non ha precedenti nella storia recente del paese.

Duterte non ha mai nascosto la propria antipatia, o meglio il proprio odio, nei confronti della chiesa cattolica. Ha più volte pubblicamente insultato Dio, l’attuale pontefice, ed anche gli stessi fedeli, ed ha anche lanciato dei pericolosi appelli per l’uccisione del clero, appelli che qualcuno sta ascoltando. Un prete è stato ucciso da ignoti nel dicembre 2017 dopo aver chiesto la liberazione di un presunto prigioniero politico, tre “preti di strada” sono stati uccisi nel 2018, mentre nel 2019 sono aumentate le aggressioni non letali, vere e proprie intimidazioni, spingendo la gerarchia ecclesiastica nazionale a denunciare l’esistenza di uno stato di oppressione condito da continue da violenze e minacce di morte.

Il motivo dell’agenda anticattolica di Duterte è ufficialmente uno: l’impegno della romana chiesa nella difesa delle vittime della guerra alla droga, che è uno dei cavalli di battaglia del presidente e, sembra, anche uno dei suoi maggiori successi. Lo sdoganamento della giustizia fai da te e della “pulizia dei ghetti” ad opera di squadroni della morte, pagati per uccidere, ha portato ad una riduzione del tasso di criminalità del 9% fra il 2017 ed il 2018. Ogni reato è in diminuzione, anche il consumo di droga è diminuito, a Manila è aumentata sensibilmente la percezione di sicurezza degli abitanti e 9 cittadini su 10 – stando ai sondaggi ufficiali – appoggerebbero la guerra alla droga.

La realtà, però, è molto diversa da quella che viene dipinta dalla propaganda governativa e assomiglia terribilmente alla trama della serie cinematografica distopica The Purge. Nelle Filippine non si muore se si è criminali, ma se si è poveri, ed ogni occasione potrebbe essere l’ultima per un abitante delle periferie: un posto di blocco, un’ispezione, una semplice passeggiata. Gli squadroni della morte più che avercela con i signori della droga sembrano avere un debole per i bambini di strada, orfani che vivono nelle strade dei ghetti di Manila e delle altre città, la cui unica colpa è non avere una famiglia. Dal 2016 al 2019 sono più di 100 i bambini di strada morti a causa della brutalità poliziesca, ormai legittimata, e del fuoco dei vigilanti anonimi, che si appostano e sparano. Un nuovo morto per le strade, probabilmente ucciso da un bandito, questo è ciò che titoleranno i giornali, e questa è la sostanza della guerra della droga: una guerra ai poveri.

Eppure, c’è una chiesa che sostiene il pugno duro del governo, ma non è quella cattolica, è la Chiesa di Cristo (INC, Iglesia Ni Cristo). La INC è una chiesa protestante, di natura evangelica, anti-trinitaria, restaurazionista e avventista, fondata nel lontano 1914 da Felix Manalo, autoproclamato profeta che, da allora, è venerato dei seguaci in qualità di ultimo messaggero di Dio e colui che è stato chiamato a rifondare la chiesa delle origini nell’Estremo oriente, nell’attesa dell’Apocalisse. Come si è potuto notare, sono tante le somiglianze dal punto di vista dottrinale con La luce del mondo, la setta messicana di cui si è scritto nello scorso approfondimento, ma ce ne sono altre ancora. Innanzitutto il culto del leader e la gestione familiare della chiesa, che oggi è guidata da Eduardo Manalo, nipote di Felix e succeduto al padre, Eraño.

Duterte incontra Eduardo Manalo ministro della Iglesia ni Cristo. Fonte: Wikipedia

In secundis c’è l’incredibile influenza culturale e politica esercitata nonostante sia seguita soltanto dal 2,64% della popolazione (dati del 2015); cifra bassa, ma che la rende comunque la terza religione più seguita del paese dietro cattolicesimo ed islam. La INC possiede un impero mediatico, basato sulla proprietà di giornali, quasi 300 reti televisive, studi cinematografici e 63 stazioni radio, un impero culturale, basato sulla proprietà di università e scuole private, ed un impero immobiliare, basato su centinaia di terreni ed edifici, fra i quali l’Arena Filippina, il più grande stadio coperto del mondo.

Il 2014, in occasione del centenario della fondazione, fu dichiarato l’anno della INC ed il 27 giugno ebbero luogo grandi eventi pubblici per commemorare Felix Manalo e l’operato della piccola ma potente chiesa. È emblematico che il secondo centenario più importante, per dimensioni, dopo quello di Manila, si sia svolto oltreoceano, a Washington.

È emblematico, sì, ma non sorprendente, perché la INC, dati e fatti alla mano, altro non è che l’ennesimo strumento geo-religioso con cui gli Stati Uniti stanno tentando di espandere la propria influenza in tutto il mondo cattolico. L’agenda ha avuto un successo straordinario in America latina che fra il 2040 ed il 2050 dovrebbe diventare a maggioranza protestante, a meno di inversioni di tendenza imprevedibili e profonde, e ha attecchito da tempo anche nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia meridionale ed orientale, anche in Cina.

Membri della INC partecipano alla “Worldwide Walk to Fight Poverty” a Manila. Fonte: Avito C. Dalan.

La INC, oggi, opera in oltre 130 paesi e negli Stati Uniti possiede 340 congregazioni e ha riscontrato l’attenzione mediatica per un fatto molto curioso: sta comprando intere città fantasma, riportandole a nuova vita, riempiendole di propri adepti. Nelle Filippine, la INC ha ormai superato la chiesa cattolica in termini di potere. Ogni anno, il 27 luglio viene celebrato il “giorno della Chiesa di Cristo”, una festività pubblica nazionale, e il mondo politico sembra pendere dalle labbra di Eduardo Manalo, l’attuale leader, che è ritenuto una vera e propria eminenza grigia. Sono sempre di più i politici che chiedono aiuto a Manalo per le loro campagne elettorali, sperando di poter usufruire dell’incredibile eco prodotta dai quasi 300 canali televisivi e dalle 63 stazioni radiofoniche, e lo stesso Duterte ha potuto fare affidamento sul prezioso impero mediatico nel corso della sua gara per la presidenza.

L’aiuto della INC è stato ampiamente ricambiato: Duterte si è lanciato dal primo giorno in un’opera di discredito contro la chiesa cattolica, sullo sfondo di frequenti visite al tempio centrale di Quezon City, largamente pubblicizzate, ha firmato una legge che garantisce alla chiesa la gestione esclusiva delle proprie reti di telecomunicazione per 25 anni, e ha anche affidato a Manalo la gestione di alcuni dossier di politica estera. La mano che scrive i discorsi e i programmi politici del presidente più controverso e discusso di questi anni potrebbe essere proprio quella di Manalo, che è molto di più di un semplice ministro religioso, è l’uomo che dispone del più grande impero privato delle Filippine e negli ultimi tempi ha avuto degli incontri bilaterali di alto livello con gli ambasciatori nel paese di Israele, Stati Uniti, Sud Africa e Russia, per discutere di affari (religiosi?).

Bandiera della INC

A rendere interessanti la INC e Manalo ai fini della rubrica è il loro lato oscuro, che è estremamente pronunciato per quanto nascosto dai media filippini. Sono tanti coloro che, una volta fuoriusciti dalla chiesa, hanno denunciato di aver subito violenze fisiche e psicologiche, vere e proprie torture, la corruzione dilagante nella gerarchia, il modus operandi dispotico ed autoritario della famiglia Manalo, e il ricorso agli omicidi per silenziare le voci più critiche. José Norilito de Luna Fruto, un cittadino statunitense con residenza fissa a Manila, era stato espulso dalla INC nel 2015 ed è stato ucciso a colpi di pistola due anni dopo, nel maggio 2017, dopo aver iniziato a parlare con la giustizia del lato oscuro della chiesa. I colpevoli non sono mai stati arrestati, ma la sua morte ha contribuito ad aiutare Lowell Menorca, un ex ministro della chiesa, la cui pratica per l’ottenimento dell’asilo è stata velocemente rivista ed accettata dalle autorità canadesi.

Menorca era stato più fortunato dell’ex correligioso, era stato sequestrato da un commando ma era riuscito a fuggire, dirigendosi in fretta e furia in Canada. De Luna Fruto stava parlando con i giudici anche in relazione al sequestro Menorca ed è possibile che sia stato ucciso per questo motivo, ma non ci sono prove, non ci sono indizi e neanche colpevoli, soltanto tante ipotesi di complotto. È preoccupante che i casi Menorca e De Luna Fruto abbiano ricevuto maggiore attenzione oltreoceano che in madrepatria, come lo è anche il fatto che una setta relativamente poco numerosa sia riuscita a costruire un impero multidimensionale e transncontinentale tali proporzioni. Le domande che il caso dell’INC dovrebbe farci porre sono due: chi paga? E perché? Ma forse, le risposte, le sappiamo già.

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