Se l’ipotesi Mario Draghi nuovo presidente del Consiglio dovesse concretizzarsi, risulterebbe consistente il lascito di problematici dossier finanziari ed annose opere incompiute dai governi Conte I e Conte II, cui presumibilmente l’ex governatore della Bce dovrà tagliare il nodo gordiano. Tra queste senza dubbio ricopre un ruolo fondamentale Cassa Prestiti e Depositi S.p.A; l’Istituzione Finanziaria Italiana della quale Fabrizio Palermo dal 2018 ricopre la carica di Amministratore Delegato e Direttore Generale, è difatti implicata su diversi fronti. Oltre al sospeso “caso Autostrade”, in ballo c’è l’attuazione del progetto della rete unica nazionale per la banda larga in Italia, attraverso Open Fiber (società della fibra ottica partecipata pariteticamente dalla Cassa e da Enel) raggiunta lo scorso agosto grazie a una unione di intenti tra Tim e Cdp, ed infine lo sbroglio del passaggio delle azioni Sace destinate da Cdp al Ministero dell’economia e delle finanze, attese invano entro la fine del 2020 ed impantanate anche in questo caso sul prezzo che il Tesoro deve pagare alla Cassa di Fabrizio Palermo, con quest’ultima che a valle dovrebbe mantenere il controllo di Simest.
La principale sfida di Cassa Depositi e Prestiti nell’immediato futuro è senza dubbio l’attuazione del “Patrimonio Rilancio”, c.d. fondo nazionale sovrano. Questo è stato introdotto nel “decreto Rilancio”, approvato dal Senato lo scorso giugno, la cui provvista, separata dal patrimonio di Cdp, arriva dai titoli di stato. Il deputato Sestino Giacomoni, Presidente della Commissione di Vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti, nonché padre dell’emendamento che ha introdotto tale fondo, ha illustrato in un’intervista dell’agosto scorso su “Il Giornale” i caratteri del nuovo strumento gestito da Cassa. Costola del “Patrimonio Rilancio” di 44 miliardi di euro – principale elemento di sostegno delle Spa italiane – il fondo nazionale sovrano permetterebbe la raccolta “del risparmio delle famiglie, fondi pensione e casse di previdenza” e l’investimento diretto di queste risorse nei veicoli che la stessa Cassa Depositi e Prestiti adopera abitualmente per rilanciare il Paese.
La genesi di un fondo sovrano è spesso collegata all’esigenza di investire i proventi derivanti delle rendite petrolifere o da altre materie prime (casi scuola Norvegia e diversi Paesi del Golfo arabo), ovvero dai ricavi ottenuti dalle esportazioni (è il caso dei fondi cinesi e del Sud-est asiatico in particolare) nella creazione di infrastrutture e reti nazionali. Questo surplus generato viene anche investito in azioni, obbligazioni, in immobili o in altri strumenti finanziari. Nel caso del fondo sovrano italiano invece “l’obiettivo è investire la ricchezza degli italiani per la rinascita e ripresa del Paese” servendosi di una piccola percentuale (10%) di quei 4.400 miliardi di risparmi italiano (liquido e immobilizzato) per investire nel tessuto produttivo italiano, stimolando così la cultura dell’investimento e divenendo noi stessi finanziatori e soci del nostro futuro.
In merito al ruolo svolto da Cdp, l’onorevole Giacomoni specifica che “attraverso il Fondo Sovrano, Cdp potrà continuare a sostenere le politiche pubbliche e al tempo stesso offrire il giusto rendimento ai risparmiatori privati, che investono nell’economia reale, attraverso gli utili e attraverso incentivi fiscal ad hoc, sul modello dei piani individuali di risparmio. Visti poi i rendimenti negativi, in tutto il mondo, dei titoli di Stato emessi dai diversi paesi, gli investimenti nelle attività produttive possono essere un’ottima alternativa e il Fondo Sovrano certamente uno strumento affidabile in più a disposizione dei risparmiatori e del nostro Paese.”. Insomma, l’Italia al netto delle sue inefficienze può ancora contare sulle sue quasi atrofizzate gambe: l’enorme fonte di risparmio dalla quale attingere e la liquidità di Cassa, congiuntamente alle proprie capacità di spesa; allo scopo di promuovere una nuova politica economica ed industriale indispensabile al rinvigorir del Paese.
L’esortazione alla coscienziosità di spesa di Cassa arriva puntuale da Ferruccio de Bortoli in un recente intervento sul Corriere della Sera, ove precisa “che il capitale di Cdp è formato dal risparmio postale, perno della fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato”. Una sorta di monito al pericoloso trasformismo di Cassa in una sorta di IRI, l’ente istituito negli anni Trenta, puntellatore con soldi pubblici di industrie italiane in difficoltà, sostentamenti che nella stragrande maggioranza dei casi porta(ro)no ad una perdita secca a fronte di una precaria operosità reale delle società ed aziende destinatarie. L’esempio più lampante della tesi è la partecipazione di Cassa nel fondo Atlante – che in teoria avrebbe dovuto salvare le banche ovvero Saipem – generante un rilevante negativo al Gruppo. Pertanto, il consiglio, unitamente alle richieste di chiarimento di Bruxelles sul caso Autostrade, è quello di non considerare Cassa come arto dello Stato, che di conseguenza porterebbe una somma del debito di Cdp nel totale del debito pubblico nazionale cui l’esito sarebbe una zavorra finanziariamente insanabile.
Cassa Depositi e Prestiti in Italia ha un profilo nitido e ibrido, è una società per azioni dal 2003 benché benefici della garanzia dello Stato Italiano (rating BBB per S&P) sul risparmio postale. Ha un profilo simile alla Banca d’Italia. Una market unit al di fuori del perimetro pubblico, pertanto il suo debito (il risparmio postale) non entra nel calcolo di quello totale. Ciò non impedisce comunque a Cdp di essere l’acquirente «naturale» delle partecipazioni del Tesoro in modo da alleviare il peso del suo bilancio pubblico. Inoltre è attiva da svariati anni come operatore di mercato, entrando nel capitale di grandi imprese di interesse nazionale e strategico con investimenti sostenibili. Nei 170 anni dalla sua nascita Cassa ha sviluppato una serie di numerosi strumenti articolati ed una forma tentacolare nell’intervento nell’economia reale del Paese, spesso come prestatore di soccorso durante emergenze e ricoperto un ruolo fondamentale“nell’ingegnerizzazione dell’intervento pubblico”.
Cdp è ad oggi azionista di undici società quotate, tra cui Snam, Eni, Italgas, Poste, Saipem, Tim, Fincantieri, WeBuild e Bonifiche ferraresi. Nel 2019 l’utile totale attivo è stato di 449 miliardi di euro ed i prestiti sono ammontanti a 101 miliardi (fonte: “Cassa depositi e prestiti. Storia di un capitale dinamico e paziente. Da 170 anni” Il Mulino). Indubbiamente i traguardi programmati ed i risultati conseguiti nell’ultimo triennio dal Gruppo, sotto la guida di Fabrizio Palermo, sono significativi: il piano industriale 2019-2021 con l’investimento di oltre 200 miliardi di euro a supporto di imprese, infrastrutture e territorio, l’intesa con RDIF tramite il c.d. “fondo Putin” per promuovere con 300 milioni le imprese italiane che vogliono svilupparsi in Russia, l’accordo con Unicredit per l’internazionalizzazione delle imprese italiane in Cina ove il Gruppo Cdp è fortemente presente con oltre 60 società partecipate che gestiscono circa 50 impianti produttivi e uffici nelle principali città del Paese ed in ultimo il lancio del primo “Social Housing Bond” da 750 milioni di euro.
A seguito del recente rafforzamento tra Cdp e Snam con l’avvio di Renovit, piattaforma attiva nell’efficienza energetica e in linea con gli obiettivi dell’economia circolare, l’Ad Palermo è intervenuto sottolineando che “Cassa depositi e prestiti sta attuando una trasformazione strategica e operativa per essere sempre più vicina alle esigenze delle amministrazioni pubbliche e delle imprese, generando benefici anche per i cittadini, ed assumendo un ruolo di vero e proprio partner strategico per gli enti locali”. Al netto di improbabili discrasie governative, non dovrebbero sorgere ostacoli alla rinomina in programma il prossimo marzo dell’ex analista finanziario della divisione investment banking di Morgan Stanley come AD di Cassa, ampiamente sostenuto e stimato dai principali operatori istituzionali in Via Goito e fiancheggiato dal presidente “amico” Giovanni Gorno Tempini. Il manifesto #CDP2021 dall’Italia per l’Italia sembra destinato infatti ad essere la bussola della strategia economica finanziaria del Paese, e la posizione di Palermo come timoniere appare più che salda.
L’idea di Italia “nella nuova geo-economia” dovrà ricercarsi e costruirsi secondo l’ossatura e le strategie di Cassa Depositi e Prestiti la quale, seppur con le contraddizioni del caso, identifica un’idea di futuro estendibile alle politiche economiche del Paese. Non è un caso che la “rinascita” del sistema industriale passi ancora una volta per il gruppo guidato da Fabrizio Palermo, le dimensioni del gruppo Cdp parlano da sole avendo raggiunto i 425 miliardi di attivo (circa il 24% del pil italiano), ragione per la quale il nuovo esecutivo condurrà chiaramente una fitta rete di relazioni con il suo stabile braccio finanziario. Invero, il palazzo di Cassa Depositi e Prestiti situato in Via Goito a pochi passi del MEF si racconta sia collegato da un passaggio sotterraneo che permette una più fluida circolazione di informazioni, valutazioni e suggerimenti tra Stato ed il suo “quasi” fondo sovrano, che oggi come nel secolo scorso mostra la via maestra per investimenti, allocazione di risorse ed impiego di ricchezze pubbliche e private.
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