Non c’è giorno che Sabino Cassese non lasci traccia nel dibattito pubblico. Articoli firmati in prima pagina, dal Corriere della Sera al Foglio, interviste a tutto campo, anche per testate minori, e poi interventi televisivi nei vari programmi. Le sue dichiarazioni sono diventate l’arsenale del centro-destra, per tutto il secondo mandato di Giuseppe Conte, reo di aver governato con i decreti-legge col pretesto della pandemia, poi quando i pieni poteri se gli è presi Mario Draghi, l’illustre costituzionalista ha abbassato i toni. Le votazioni per il Quirinale erano dietro l’angolo, e il centro-destra, che ha impugnato i suoi virgolettati, può deciderne le sorti. Lui, che ogni sette anni è “quirinabile”, a 87 anni, può correre per l’ultima volta. A tirar fuor il suo nome, questa volta, sono i giornali, anziché i segretari di partito. Viene annunciato un incontro con Matteo Salvini, poi smentito poco dopo.
“È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”.
Sabino Cassese
Sabino Cassese, il “Professore di tutti cresciuto in una casa di libri”, diventa Sabino Cassese per titoli. Il suo maestro Massimo Severo Giannini (capo di gabinetto di Pietro Nenni) influenza la prosa del suo praticante, inoculando un linguaggio perfettamente logico dotato di “complessa chiarezza”. A 25 anni è segnalato dal suo stesso maestro a Giorgio Fuà, consigliere di Enrico Mattei, che lo accoglie all’Eni prima come borsista con l’incarico di preparare un saggio sull’impresa pubblica, e cinque anni più tardi a capo dell’ufficio legislativo. Negli anni successivi passa a docente universitario presso svariati atenei italiani. Nel 1993 viene nominato Ministro per la funzione pubblica del Governo Ciampi, combatte per smascherare la pausa del “dottore fuori stanza” e cerca di eliminare leggi inutili: se la pastoia burocratica italiana risulta meno copiosa il merito è in effetti anche suo. Viene poi nominato giudice costituzionale dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 4 novembre 2005. Cassese, a differenza dei “compagni accademici” Giorgio Ruffolo, Luigi Spaventa e Stefano Rodotà, non ha mai accettato una candidatura politica (offerta dal Pci, come indipendente) considerata da lui stesso come “tradimento”.
Sabino Cassese preferisce lavorare dietro le quinte, impartire lezioni a moltissimi uomini di Stato, creare il suo network di “figli di”. Tra i suoi strettissimi collaboratori ci sono Giulio Napolitano, figlio di Giorgio, e Bernardo Giorgio Mattarella, figlio di Sergio. Questi ultimi, oltre che ricoprire rilevanti incarichi pubblici e posizioni di potere, siedono nel Comitato direttivo dell’Irpa Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato da Cassese nel 2004, unitamente ad altri loro compagni. Pare siano frequenti le passeggiate estive al bagno “La duna di Ansedonia”, in provincia di Grosseto, per Giulio Napolitano e l’ex giudice della Corte costituzionale, camminate meditative-programmatiche alle quali non di rado si unisce Giuliano Amato, habitué del medesimo lido.
Da sempre Sabino Cassese frequenta il Colle, e ovviamente non ha mancato di farlo durante la pandemia, discorrendo con Sergio Mattarella e facendosi portavoce di precise strigliate -ovviamente sotto forma di moral suasion– all’Esecutivo di Conte in particolare. Emblematico fu quell’editoriale intitolato “L’eccezione non è la regola” apparso sul Corriere della Sera nel luglio scorso, in cui criticava pesantemente il prolungamento dello stato d’emergenza richiesto da Conte. Anzi, ne contestava l’attuazione in quanto “il carattere d’urgenza (il rischio di una seconda ondata pandemica ndr) non si traduceva in emergenza”. Poi nel corso dei mesi successivi contestò, definendola “idea stravagante”, la composizione bizantina della cabina di regia del Recovery Fund, le riunioni fissate a tarda notte del Consiglio dei ministri e intimò il Premier alla rinuncia della delega sui servizi segreti.
Ma il costituzionalista emerito rimane l’accademico italiano più tradotto all’estero, i suoi interventi sono i più letti all’Università di Heidelberg. E’ stimato da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ma anche dai dem. Questa sua giudiziosa (e apparente) neutralità unitamente all’attenzione posta al rispetto della Costituzione, nonché ai processi decisori di Palazzo, lo porta effettivamente a esser considerato uno dei papabili successori di Sergio Mattarella. Naviga nell’ombra, dietro le quinte, il miglior habitat per spiccati suggerimenti e influenti giudizi, e poi con il suo tempismo, entra a gamba tesa nel dibattito pubblico, quando il network chiama. Del resto era lo stesso Sabino Cassese che nel suo libro “Dentro la Corte” (Il Mulino) scriveva: “le cariche pubbliche non si sollecitano, ma se offerte non si rifiutano”.