Il futuro si decide a Roma, Bruxelles, Washington? Quel monopolio del futuro in mano agli organismi statali, immaginato da molti come ancora vivo, è finito quaranta anni fa con la liberalizzazione finanziaria e commerciale. Si sono formati nuovi centri e gangli, affiancati a quelli classici. Si identificano nel potere amorfo e nel culto della personalità di Bill Gates o Larry Fink; si trovano in luoghi internazionali quali Londra, New York e Milano. Iskren Vankov, giovane fisico e informatico, è l’esempio dell’uomo nuovo, del tecnico divenuto imprenditore ed amministratore dai laboratori delle super-università americane, alla finanza londinese, all’economia dei servizi. Ora lavora in Alpha Ring, impresa coinvolta in una delle corse strategiche del secolo: la fusione nucleare. A che punto siamo, e che ruolo gioca l’Italia?
–Chi è Iskren Vankov, e come è giunto ad Alpha Ring?
La mia formazione accademica combina fisica e informatica. La prima grande opportunità professionale si è presentata al Caltech, dove ho lavorato in un gruppo di alto livello, focalizzandomi su machine learning e computer quantistici. Successivamente, ho proseguito la mia carriera a Oxford, collaborando con eminenti professionisti come Giulio Chiribella.
Come molti fisici contemporanei, ho avuto un’esperienza nel settore finanziario a Londra, occupandomi dello sviluppo di algoritmi per il trading. Parallelamente, come molti informatici, ho intrapreso la strada dell’imprenditoria nel mondo delle startup californiane, fondando un’impresa insieme a un gruppo di colleghi e contribuendo alla crescita di altre.
–Cosa è Alpha Ring?
Rivesto la posizione di VP of Business Development di Alpha Ring, una startup internazionale dedicata alla ricerca e alla produzione di brevetti nel settore della fusione nucleare. La nostra missione è differenziarci da progetti su larga scala, come ITER, attraverso lo sviluppo di soluzioni innovative e mirate. In particolare, puntiamo alla realizzazione di macchinari di dimensioni contenute, utili sia per la ricerca che per la produzione di energia, evitando l’impiego di Deuterio e Trizio come elementi di base, al fine di ridurre al minimo la generazione di scorie radioattive derivanti dalla loro raffinazione.
Alpha Ring opera a livello globale, con laboratori e uffici situati principalmente negli Stati Uniti e a Taiwan, oltre a essere presente anche in Italia e nel Regno Unito.
La particolarità di Alpha Ring risiede nello sviluppo di micro-reattori a fusione nucleare, un approccio innovativo che sta attirando l’attenzione di gran parte della comunità di ricerca della Silicon Valley.
I principali vantaggi di questa tecnologia riguardano la riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione. La scelta di sviluppare reattori di dimensioni ridotte consente di diminuire la dipendenza da infrastrutture su larga scala. Di conseguenza, i tempi di costruzione, tradizionalmente molto lunghi, si riducono significativamente, arrivando a poche settimane.
–Quali sono le modalità di azione di Alpha Ring?
L’azione di Alpha Ring è caratterizzata da una visione sostanzialmente tripartita tra le dimensioni Industriali, Universitarie e Governative.
In particolare queste ultime due sono tra loro fortemente interconnesse, al fine di garantire una cooperazione globale da un lato, e dall’altro investire nella ricerca e nella consapevolezza delle possibilità di sviluppo in questa materia.
Ne sono un esempio gli accordi con Berkley, UCLA, MIT e di recente anche l’università di Oxford.
–Può approfondire le modalità di cooperazione con i Governi nazionali?
Certamente. Le singole partnership si inseriscono generalmente nel contesto di accordi bilaterali di cooperazione e innovazione tra governi nazionali, all’interno dei quali si colloca la nostra società. Grazie a questo approccio, abbiamo sviluppato una rete di accordi internazionali molto ampia, che abbraccia contesti particolarmente eterogenei. Esemplificativi di tale rete sono gli accordi con Taiwan, Brasile, Bulgaria e Regno Unito, ai quali potrebbero aggiungersene ulteriori in futuro.
–Vediamo da quasi duecento anni di guerre per l’energia, sia per le materie prime che per la tecnologia. Non accadrà lo stesso per la fusione?
Esiste una differenza fondamentale. Nel settore energetico, si parte spesso dal presupposto di una scarsità di risorse, che si tratti del combustibile necessario per la fissione nucleare o delle tecniche di raffinazione del petrolio. Al contrario, la produzione di energia tramite fusione richiede risorse materiali estremamente comuni, in quantità minime e variabili, distribuite in modo uniforme e non concentrate in specifiche aree geografiche.
La ricerca sulla fusione esplora una varietà di modelli tecnici e di scale operative, il che la rende una potenziale rivoluzione nel panorama energetico. Inoltre, non vi sono al momento evidenze di fallacie ingegneristiche che potrebbero portare a incidenti analoghi a quelli legati alla fissione nucleare. Un altro aspetto cruciale è che la fusione non dovrebbe generare emissioni di anidride carbonica.
Infine, la collaborazione scientifica internazionale in questo ambito non è stata ostacolata da rivalità politiche tra paesi con relazioni aperte. Un esempio emblematico è il progetto ITER, che si caratterizza per il suo approccio marcatamente internazionale. Anche Alpha Ring condivide questa visione, operando a livello globale.
–Allora nell’arena della fusione il conflitto come si sostanzia? Non c’è nessuna intrusione di logiche politiche che rallenti il lavoro dei fisici e degli imprenditori?
Il conflitto emerge nella competizione accademica e tecnica tra differenti approcci e filosofie di sviluppo nel campo della fusione. Tuttavia, questo conflitto è relativo, poiché gli attori coinvolti hanno visioni molto diverse su cosa la fusione dovrebbe rappresentare.
Se oggi la ricerca nella fusione è perlopiù in campo civile, è importante ricordare che la tecnologia nacque in ambito militare, in particolare nello sviluppo delle bombe H. Esiste una ipotetica dimensione dual-use; ad ogni modo, non ci sono oggi indizi di uso distruttivo della fusione nucleare. I problemi legati alla fusione non sono paragonabili a quelli della fissione, che è ancora strettamente connessa allo sviluppo delle armi nucleari. Inoltre, eventuali episodi di corruzione o cattive pratiche politiche nel contesto della fusione non potrebbero portare a disastri come Fukushima o l’incidente del K-19.
–Approfondiamo la dimensione internazionale della ricerca. L’Italia ha un posto in questa rete?
Eccome. L’attuale filiera della ricerca sulla fusione si basa su circa 50 imprese che cercano di commercializzare la fusione, con a monte una tendenza alla specializzazione nella produzione di componenti per reattori. L’intero mondo della fusione si basa sulla cooperazione internazionale. Molti progetti sono joint venture con componenti private, il settore pubblico e le istituzioni scientifiche. Ad esempio, Alpha Ring ha accesso a laboratori della UCLA e della Taiwan University, raccoglie capitale privato e ha stretto di recente un accordo con l’Istituto di Ricerca Nucleare del Brasile. Generalmente, molto passa per le università statunitensi, le californiane e l’MIT, interconnesse poi con gli ecosistemi giapponese, britannico, taiwanese, e anche italiano. In Italia Alpha Ring ha trovato un contesto che definirei maturo, dalla ricerca alle imprese. C’è una tradizione di ricerca scientifica sul tema nucleare di importanza internazionale – nonostante i referendum del 1987. Di conseguenza troviamo eccellenze italiane che hanno l’esperienza ed i Know-How necessari per fornire componenti fondamentali.
–Nell’economia delle conoscenze l’Italia non è indietro – almeno in questo settore.
Esatto.
–Due attori grandi, grandissimi che si occupano di fusione in Italia sono l’ENI e lo Stato. Come si stanno muovendo?
Rispondo da non esperto. ENI sta effettuando investimenti significativi, sia attraverso Commonwealth Fusion Systems che nel progetto ITER, focalizzandosi su un modello basato su grandi impianti centralizzati, che si differenzia dai nostri approcci.
Le istituzioni pubbliche hanno iniziato a riaprire il dibattito sul nucleare, con particolare attenzione alla fissione tramite i reattori modulari di piccole dimensioni (Small Modular Reactors). Tuttavia, la fusione è stata inclusa nei più recenti documenti di pianificazione energetica, sebbene con prospettive orientate sul lungo periodo.
L’Italia, nel complesso, adotta una visione più cauta rispetto a quella di Alpha Ring.
–Senza il supporto dell’opinione pubblica però le visioni degli ingegneri non potranno trasformarsi in politiche e adozione su larga scala.
La percezione pubblica della fusione rappresenta uno dei principali ostacoli per il settore. L’associazione con la fissione, percepita come poco sicura sia per ragioni oggettive sia per motivi legati alla narrazione storica, limita il potenziale della fusione.
Il nostro gruppo dirigente, che include una significativa componente taiwanese, sta lavorando intensamente sull’isola per sensibilizzare il pubblico sui vantaggi della fusione. Questo impegno è particolarmente rilevante in una società che, come quella italiana, manifesta un forte scetticismo nei confronti dell’energia nucleare.
In Italia si osservano progressi significativi rispetto al passato, un’evoluzione che accogliamo con favore. Ritengo, tuttavia, che il superamento delle barriere sia essenzialmente una questione di educazione scientifica.
-Il pubblico ha la responsabilità di prendere decisioni informate. Passiamo alle responsabilità di fisici e ingegneri come lei. Dalla finanza ed energia, il vostro lavoro tocca la vita delle persone, ed in sostanza è politica. I quants della City e i tecnici californiani hanno presente la dimensione pubblica della loro attività?
Nel contesto del mondo finanziario, i tecnici rischiano talvolta di cadere nella trappola di operare in una sorta di bolla, disconnettendo il loro lavoro dalla realtà concreta. Tuttavia, la maggior parte degli operatori finanziari – in un settore che abbraccia una vasta gamma di attività – mantiene una costante attenzione alla dimensione politica, utilizzandola come riferimento per prendere decisioni e valutarne gli effetti.
Per quanto riguarda Alpha Ring, riteniamo che la sua visione sia solida e ben fondata.
–Quanto manca, secondo lei, alla produzione di energia elettrica con la fusione?
Citando il Global Fusion Industry Report del 2024, analizzando le risposte aggregate delle imprese del settore prevedono di rendere operativi i primi reattori commercialmente utili entro gli anni Trenta di questo secolo. Condivido questa prospettiva, pur riconoscendo che si tratta di una visione ottimista rispetto alle stime delle istituzioni pubbliche.
di Alessandro Iurato e Andrea Avallone