Al lettore, anche senza fermarsi a domandarsi il perché, sarà capitato di percepire uno scalino, un fossato o iato che, si direbbe, epistemologicamente, separa le modalità espressive e ricettive delle notizie di cronaca da quelle di articoli pubblicati su riviste culturali o d’approfondimento. Non trattandosi della differenza che intercorre fra prosa e poesia, per provare ad indicare una spiegazione, non si possono quindi utilizzare gli attrezzi della critica letteraria. Metodi ben più artigianali nonché parziali, come lo spirito d’osservazione, sono stati qua introdotti nel tentativo di motivare la diversità, probabilmente e giustamente ritenuta inutile ai più, fra cronaca e approfondimento culturale.
La prima questione è l’uso, la durata, il valore che un articolo mantiene nel tempo. Nel caso di un furto commesso in modo spettacolare, di un’alluvione o dell’ennesimo bombardamento in una guerra, l’interesse può durare solo qualche ora, per poi deprimersi sul fondo delle homepage dei quotidiani e poi sparire del tutto. La recensione fatta al nuovo romanzo uscito per una famosa casa editrice, un dossier sullo stato di salute dell’economia italiana o la critica acuminata di un sociologo ai modelli organizzativi delle università sono per loro natura più longevi. Sono pensieri o dati di fatto che pretendono di essere impressi su carta più spessa. La loro vita è legata al sistema che pretendono di descrivere, e vivono finché le condizioni d’esistenza di quel sistema non si denaturano. Se il dossier sull’economia italiana si fonda sull’analisi dell’anno passato, l’anno sarà la sua vita; se l’analisi sociologica è sul sistema delle università, avrà valore fino alla prossima riforma di quel sistema e, di riflesso, come memoria storica delle vicende amministrative di quel preciso ente; la recensione fatta al romanzo, se di particolare pregio e il romanzo si rivela degno della posterità, può avere valore ad libitum.
La seconda questione che preme evidenziare è il retroterra psicologico che separa i due modelli espressivi. Basso quello della cronaca, profondo quello della rivista. Anche se, spesso con una tendenza all’inversa proporzionalità, più in grado di stimolare i recettori dell’attenzione il primo rispetto al secondo.
La cronaca che si legge sui siti web dei quotidiani – che siano di destra, liberali, di sinistra o pentastellati poco importa -, con il loro tragico carico di morti sulle strade, omicidi raccapriccianti, malattie incurabili, oppure di tradimenti e gossip sulla vita di star dello spettacolo, stimola moltissimo le soglie attentive dell’utente, soprattutto quanto questo, come molto spesso accade, si ferma a leggere solamente il titolo di un articolo. Il tragico è famigliare a chiunque, per questo suscita reazioni. La morte o la malattia toccano da vicino. Non solo perché nessuno ne è immune ma soprattutto perché chiunque ne è stato, in famiglia o nella propria cerchia di conoscenza, più o meno direttamente sfiorato. Gli articoli legati a notizie di tale fattura garantiscono reazioni perché stimolano alcune delle chimere più profonde del nostro inconscio: l’istinto di sopravvivenza e la protezione del nucleo famigliare.
Lo scandalo, il tradimento, il gossip in generale, sono spammati sulle homepage dei quotidiani per motivi forse contrari ai precedenti. Il voyeurismo dell’utente medio trova il suo punto di godimento estremo proprio quando qualcosa si rompe. Quando il divo o la coppia perfetta del momento, gonfiati da un successo esoso e in overdose da stimolanti mediatici esplodono, creano interesse: se gli dèi cadono, allora la loro perfezione era apparenza, allora sono come noi.
La rivista culturale – l’articolo d’approfondimento-, funzionano in modo psicologicamente difforme dalla cronaca. Esse domandano innanzitutto la curiosità dell’utente ad essere cercate. Le riviste, quelle buone, si nascondono, non sono per tutti, sono bestie riservate, che per essere scoperte impongono al lettore di arrivare nel cuore della foresta, attraverso sentieri poco battuti.
Le letture più impegnate, per loro natura, per essere fruite, necessitano dell’uso del pensiero, la cultura è la loro benzina. Queste non possono essere solo cercate, il caso non basta a scovarle. Il lettore deve avere una attività conscia, deve sapere almeno per sommi capi che cosa vuol cercare per trovarle. Gli animali mitologici non si scovano se non se ne conoscono le fattezze, se hanno le piume o le squame, se volano in cielo o abitano negli abissi. Leggere riviste di un certo tipo significa esercitare la volontà, oggi sempre più raminga, del conoscere.
La cronaca, così come ci viene presentata, si fonda sull’assioma estremo del capitalismo editoriale: do in pasto stimolanti in pillole di Totti e Ilary quindi sopravvivo. Impaurisco il lettore con incidenti ed omicidi irrisolti quindi prospero.
La critica in questione, tuttavia, non nasce dallo snobismo tutto dannunziano di preferire a priori lo schema espressivo e le notizie “impegnate” della rivista o del sito d’approfondimento; piuttosto vuol alzare umilmente un dito per dire che così non va bene: se le notizie sensazionali “gonfiano” lo stipendio degli editori dall’altro hanno come ricaduta l’abbrutimento della società sulle vacuità. Il gossip e la cronaca non possono mancare sulle nostre testate ma con l’onestà civile da parte di chi scrive di toccare, qualche volta almeno, una problematica sensata, induttiva al ragionamento.