OGGETTO: La denuncia di un cadavere 
DATA: 13 Marzo 2025
SEZIONE: Società
FORMATO: Scenari
AREA: Italia
La cultura, un tempo pilastro del pensiero critico, oggi si dissolve nell’immediatezza digitale. Nell’era dell’analfabetismo funzionale e della superficialità, la conoscenza è ridotta a intrattenimento, il sapere a merce. Social network e intelligenza artificiale plasmano menti passive, mentre il pensiero profondo è relegato all’oblio. La ricerca è sterile, l’istruzione annacquata, la riflessione sostituita dall’indignazione. E così, senza clamore, si celebra il funerale della cultura, vittima silenziosa del suo tempo.
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Affermare che la cultura, in tutte le sue forme, è indispensabile per la vita dell’uomo, oggi, sembra assumere l’effetto di un esercizio di retorica, giacché tale affermazione appare scontatissima e di frequente abuso: scuola, politica, informazione sono solo alcuni settori dove, quasi si gareggia quotidianamente nel ribadire il concetto. Cultura e istruzione, poi, sembrano essere indissolubilmente legate, quali elementi fondamentali dello stato di salute dell’animo umano. Tuttavia, a ben vedere, andando oltre la mera retorica e, quindi, l’artificiosa e bella apparenza, il messaggio dominante della società odierna va in direzione essenzialmente contraria: la cultura è sicuramente bella e buona, ma perfettamente inutile ai fini della tanto decantata vita “pratica”. Da questo punto di vista, la cultura è sterile, non produce ricchezza materiale né è sinonimo di successo, nel senso contemporaneo del termine. L’istruzione, invece, risulta terribilmente “formalizzata”, alienata e debitamente annacquata per rispondere alle esigenze politico-economiche del tempo.

In una società che registra il primato dell’“immediatezza sensibile”, chi, di fatto, non si ferma all’opinione comune, al chiacchiericcio isterico dei più, al culto delle immagini incessantemente veicolate sui social o ai dibattiti a mo’ di catarsi (“Piove, governo ladro!”) presso bar e mense famigliari domenicali, è relegato allo scomodo ruolo di “oggetto misterioso” e obsoleto, quasi un ostacolo al compimento di necessari processi primordiali di sfogo delle quotidiane frustrazioni. Si sa molto bene, l’opinione che conta è quella della maggioranza, spesso inebetita da un abuso di Social network, che incrementa notevolmente tanto aggressività e presunzione quanto dipendenza. Considerato che la verità è riposta alla velocità di un click, cosa significa veramente dedicarsi alla costruzione di un certo rigore metodologico, ovvero alla ricerca degna di questo nome? 

In un contesto storico che segna una sorta di involuzione antropologica dell’uomo (dall’Homo sapiens all’Homo videns, all’Homo social), su cui aleggia la concreta minaccia dell’Intelligenza artificiale che quasi certamente rappresenterà il classico colpo di grazia su un fisico già particolarmente provato (TV e Social network), qualsivoglia attività di ricerca o culturale e spirituale è destinata senza ombra di dubbio a essere travolta dalla potente onda di presunzione e d’ignoranza metodologica scatenata da un uso distorto dei predetti mezzi. A voler essere cinicamente realistici, il mezzo sta diventando fine; il che sta depotenziando significativamente le facoltà umane, ossia quelle facoltà (intelletto e ragione) che intere generazioni di grandi pensatori hanno eretto a indiscutibili fonti di progresso, oltre a illustrarle come qualità che rendono l’uomo “uomo”, differenziandolo dalle bestie. Gli effetti nefasti in oggetto, purtroppo, sono già manifesti in tutti i settori nevralgici della nostra società e interessano drammaticamente tutti i loro gradi. 

Roma, Febbraio 2025. XXIV Martedì di Dissipatio

Avanzando un semplice esempio, il livello culturale medio di uno studente di un liceo classico di oggi è significativamente più basso di un suo coetaneo di vent’anni prima; terribilmente più basso soprattutto se entrano in gioco le cosiddette competenze di base (leggere, comprendere un testo scritto, scrivere a mano e svolgere calcoli). Continuando sulla stessa falsariga, in media, le nozioni geografiche, letterarie o di cultura generale di un professionista di oggi, ad esempio un medico, sono decisamente irrisorie se comparate con quelle di un collega di quarant’anni prima. Qualcuno sicuramente storcerà il naso, pensando che si tratti dell’ennesimo discorso infarcito di retorica spicciola contro la generazione più giovane. Ciononostante, qui la retorica non c’entra affatto, né si intende trascinare dinanzi all’“Assemblea degli anziani” di turno i giovani di oggi – nient’altro che inconsapevoli vittime di uno spietato sistema.  Il punto è un altro: la denuncia di un cadavere, vale a dire il cadavere della cultura. La cultura, non producendo (nell’immediatezza) ricchezza materiale, potere, fama, ecc. è comunemente percepita come un fastidioso retaggio di una società prettamente classista ed elitaria e, dunque, contrasta violentemente con i “valori del tempo”, costruiti ad arte attraverso i mezzi suddetti. Un sistema di valori, infarcito di tante belle intenzioni e, soprattutto, di tanta “Ideologia” – nel senso marxiano nel termine –, che tende a esaltare aprioristicamente ciò che in realtà rappresenta il punto più debole della società, su cui inesorabilmente si riversa la potente macchina ideologica e propagandistica del materialismo: i soggetti più fragili, che proprio attraverso la cultura e una solida ed effettiva istruzione, migliorerebbero la propria posizione, contrastando realmente le disuguaglianze sociali. Per effetto, alcuni fenomeni o vere piaghe del nostro tempo: l’analfabetismo funzionale e l’analfabetismo di ritorno. 

L’analfabetismo funzionale, la cui definizione tecnica coniata dall’UNESCO, nel 1984, è «la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità», indica, perciò, l’incapacità di fare ricorso in modo efficace, nelle pratiche quotidiane, alle abilità basilari di lettura, scrittura e calcolo. 

L’analfabetismo di ritorno, invece, rappresenta «la condizione di coloro che, pur avendo imparato a leggere e a scrivere, ne hanno perso la capacità per lunga desuetudine». (Devoto-Oli)

Considerando le stime più recenti e autorevoli (OCSE), analfabetismo funzionale e analfabetismo di ritorno, nel nostro Paese, toccano quote incredibilmente allarmanti della popolazione. Si tratta di due fenomeni che vantano un preziosissimo alleato: le deficienze metodologiche che inevitabilmente conducono a fallaci punti di riferimento; con l’effetto disastroso di produrre un fatale circolo vizioso in cui più si è incapaci di comprendere, perché metodologicamente deficienti, più ci si rifà ai predetti punti di riferimento, presumendo di aver compreso e allontanandosi quindi dall’effettiva possibilità di comprensione. L’aggressività, unitamente al giogo delle intramontabili ideologie novecentesche, poi, sarà l’ingrediente chiave atto a sostituire l’esercizio del pensiero critico e i costrutti logici basilari con volgarissime e sconquassate affermazioni, che sovente sfociano nell’insulto all’interlocutore, oltre che in stati di “cecità mentale”. Di qui, il fastidio per la cultura, rea di disvelare tutte le deficienze favorite silentemente dalla nostra società. La disinformazione, infatti, è soprattutto un mezzo attraverso cui fare profitto e propaganda politica, una merce tra le merci, che ha anche l’effetto di ridurre l’uomo a merce, depotenziandolo significativamente delle proprie nobili qualità e relegandolo a uno stato di passività intellettiva. Se TV, prima, e Social network, dopo, hanno generato svariati principi d’autorità, non sarà altrimenti per quanto concerne l’Intelligenza artificiale. Gli ingredienti del micidiale cocktail in preparazione non possono essere che analfabetismo funzionale, analfabetismo di ritorno, TV spazzatura, social network, intelligenza artificiale, ignoranza e presunzione; un cocktail pronto per avvelenare le anime più nobili e decisamente letale per chi ha fatto della ricerca, delle cultura e del rigore metodologico i propri punti di riferimento.

Il successo del populismo, oramai inarrestabile, può essere anche ascritto a tutti gli ingredienti menzionati. E non vi è dubbio alcuno che in un prossimo futuro la percentuale di soggetti affetti dai succitati mali tenderà a crescere a dismisura, mentre la percentuale di soggetti sostanzialmente (“sostanzialmente”, non “formalmente”) istruiti e acculturati, ovvero capaci di esercitare ragionamento logico, pensiero critico e creativo, calcolare, scrivere e comprendere correttamente qualsivoglia tipologia di testo scritto è destinata ad abbassarsi. Lo scenario decisamente fosco è quello di una stragrande maggioranza di analfabeti contemporanei contrapposta a una esigua minoranza di resilienti, il cui inesorabile destino, tuttavia, è quello di celebrare le esequie del fu “Cultura”.

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