Intervista

«La Russia non necessita di nessuna alleanza: le questioni cruciali per il suo futuro sono di carattere interno». La valutazione di Timofej V. Bordačёv

Intervista a tutto campo con il politologo russo, esponente di spicco del Club Valdai, sulle potenziali prospettive che attendono Mosca nelle relazioni con le altre potenze, regionali e non.
«La Russia non necessita di nessuna alleanza: le questioni cruciali per il suo futuro sono di carattere interno». La valutazione di Timofej V. Bordačёv
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Il futuro della Russia nella comunità internazionale è quantomai incerto. Attualmente con la Cina non esiste nessuna alleanza effettiva e non sembra che la situazione sia destinata a cambiare, mentre Svezia e Finlandia sono intenzionate ad entrare nella NATO (anche se per il momento, soprattutto nel caso della Svezia, il processo di adesione è stato rallentato dagli screzi con la Turchia). Helsinki ha, fra l’altro, iniziato a costruire un muro al confine con la Federazione Russa. La crisi con gli Occidenti sarà, insomma, molto lunga. Rimangono l’America del Sud, l’India, la Turchia e in generale il mondo musulmano: Mosca sarà in grado di creare un nuovo ordine mondiale multipolare o almeno di rinforzare e stabilizzare le proprie relazioni geopolitiche con questi Paesi? Per schiarirci le idee abbiamo chiesto una valutazione a Timofej V. Bordačёv, politologo russo, esponente di spicco del Club Valdai, think tank considerato molto vicino alle posizioni del Cremlino.

L’isolamento di cui si parla tanto in questo periodo è ciò che attende Mosca in futuro?

Il termine “isolamento” in questo caso non è applicabile. Essendo un Paese molto grande la Russia è in grado di provvedere autonomamente al proprio sostentamento. In questo momento inoltre la Russia gode di ottime relazioni commerciali ed economiche con altri Paesi. A differenza dei Paesi europei, che sono troppo piccoli per essere completamente autosufficienti, essendo un Paese fortemente eterogeneo la Russia non necessita di nessuna alleanza. Dispone di grandi risorse, di un efficiente settore della difesa, di un vasto mercato interno, di un’agricoltura molto sviluppata, etc. La popolazione non è così elevata come si vorrebbe, ma la situazione non è tragica. Pertanto per continuare a ricoprire un ruolo di rilievo alla Russia è sufficiente commerciare con altri Paesi.

Le questioni cruciali riguardanti il futuro della Russia sono di carattere interno: il tipo di intervento da parte dello stato nell’economia di mercato e nel libero mercato, la multietnicità delle sue regioni e le relazioni socio-economiche fra i suoi cittadini. D’altro canto questi problemi sono comuni a molti altri Paesi e non sono correlati all’attuale aggressione dell’Occidente contro la Russia. In Europa il problema della multietnicità non è più attuale: infatti è da molto tempo che tutte le minoranze sono state represse e private dei diritti politici e della possibilità di usare i propri idiomi.

-Russia e Asia Centrale. Concordo con ciò che lei sostiene, cioè con il fatto che per qualsiasi potenza sarà molto difficile prendere il posto della Russia in questa arena geopolitica. Pertanto vorrei chiederle se il conflitto ucraino influisca sul ruolo geopolitico della Russia in questa regione considerando, tra l’altro, la recente crisi con l’Armenia nell’OTSC.

Io personalmente vorrei che la Cina si prendesse più responsabilità in Asia Centrale, anche se i suoi investimenti in questa regione, se confrontati con gli investimenti in altri continenti come per esempio l’Africa, sono molto ridotti. Nel 2022 gli scambi commerciali fra la Russia e i Paesi dell’Asia Centrale sono aumentati. Questi naturalmente hanno paura di diventare troppo dipendenti da Mosca e, pertanto, cercano di avere ottime relazioni anche con altri Paesi, in questo modo bilanciando l’influenza di Russia, Cina, India e Europa. Per gli USA l’Asia Centrale è un incubo geopolitico-strategico. A differenza di altri territori in questa area è impossibile far pervenire armi. Quindi è molto più difficile intromettersi distruggendo stati e fomentando il radicalismo, cosa che gli USA fanno in tutto il mondo. Il trasporto di armi sarebbe possibile solo attraverso il Mar Caspio, ma ciò è assai difficile e dispendioso. Per gli USA è molto difficile usare questi Paesi per fare la guerra alla Russia o alla Cina.

Per quanto riguarda il Kazakistan bisogna considerare che si tratta di un Paese molto complesso: il governo e la classe politica in generale sono molto instabili, il divario fra i redditi e il livello di povertà (stando ai valori di queste regioni) sono molto elevati. Per tutti questi motivi ritengo che per la Russia non sia molto conveniente intervenire come nel gennaio dello scorso anno. D’altro canto è molto probabile che sarà ancora costretta a farlo; a differenza dell’Occidente la Russia non abbandona i suoi alleati nei momenti difficili.

Per la Russia sarebbe vantaggioso se la Cina fosse più solidale con i Paesi dell’Asia Centrale. Queste regioni però non interessano molto Pechino dato che: la loro popolazione è abbastanza ridotta, si parla in totale di 77 milioni di persone (si pensi che il solo Vietnam ha una popolazione di 99 milioni di persone), il loro mercato interno non è molto sviluppato e perciò non è redditizio per la Cina, Pechino inoltre teme i musulmani date le serie difficoltà nella gestione degli uiguri e, infine, tutti questi Paesi sono caratterizzati da una forte sinofobia (soprattutto il Kirghizistan e il Kazakistan).

Nonostante nel 2018 sia stato firmato l’accordo tra l’UEE (Unione economica euroasiatica) e la Repubblica popolare cinese per lo sviluppo industriale di queste regioni, fino ad ora non è successo nulla di significativo ed è molto improbabile che in futuro la situazione cambi. La Russia da sola non può sostenere e garantire lo sviluppo economico dell’Asia Centrale. In Russia risiedono stabilmente circa 3 milioni di migranti economici provenienti da queste regioni. Stando ai dati del 2022 ciò corrisponde all’82% dell’intera migrazione economica. A titolo d’esempio si può considerare il caso del Kirghizistan: il 40% del budget di questo Paese, cioè la capacità contributiva dei suoi cittadini, è di fatto garantito dalla Russia: ciò non può continuare all’infinito.

La Turchia ha seri problemi economici e perciò non può ricoprire un significativo ruolo economico e geopolitico in questa regione.

-Attualmente in Occidente si discute molto della possibilità di una terza guerra cecena. Anche a fronte del contributo ceceno nel conflitto ucraino ritengo che sia molto improbabile che ciò avvenga nel breve e medio termine. Lei è d’accordo con questa affermazione?

L’Occidente ama fantasticare. I ceceni sanno bene che cosa hanno passato durante le due guerre cecene. Coloro i quali attualmente ricoprono incarichi governativi hanno preso parte a questi tragici eventi e se li ricordano bene. Pertanto ritengo che non esista nessun rischio. In autunno ho partecipato ad una conferenza molto interessante dedicata al dialogo interreligioso: sono sempre più convinto del fatto che per la sicurezza della Russia sia molto importante coltivare il dialogo interreligioso interno.

-Esiste il rischio di una guerra con il Kazakistan, per esempio, tra 20-25 anni? Dopo gli avvenimenti dello scorso gennaio il governo kazako ha cambiato radicalmente la sua direttiva politica, facendo di tutto per mostrarsi indipendente dalla Russia. A ciò si aggiungono il nazionalismo delle nuove generazioni e i territori del Kazakistan orientale e settentrionale che potrebbero configurarsi come pretesti territoriali del conflitto.

Desidero sottolineare ancora una volta che un conflitto in Kazakistan è impossibile per il motivo sopresposto: la geografia di questo Paese rende impossibile la fornitura di armi e l’organizzazione della guerra contro la Russia. In primo luogo il Kazakistan è lontano, in secondo luogo la geografia di questo Paese è troppo variegata e, in terzo luogo, non si tratta di un Paese molto grande. La reale minaccia alla sicurezza e alla stabilità della Russia sono le divisioni interne.

-Lei dice che le questioni più importanti e urgenti per il futuro della Russia sono di carattere interno e più precisamente socio-economico. Che cosa dovrebbe fare allora la Russia per risolvere questi problemi?

La situazione è molto complessa e non è facile giudicare quando sono altre persone a rispondere di scelte così importanti. I problemi più urgenti riguardano l’economia di mercato, la sanità e il sistema d’istruzione.

Il divario fra i redditi, tipico dell’economia di mercato, è troppo elevato. In Russia si hanno gli stessi valori degli USA (e questo è un male).

La sanità pubblica in Russia funziona male e tra l’altro questo problema è comune a tutti i Paesi sviluppati. In Europa questo settore funziona bene solo in Germania e in Svizzera. È molto interessante notare che il numero di vittime per coronavirus in Russia è lo stesso di quello degli USA, nonostante il sistema americano sia molto diverso e privo di welfare.

Il sistema d’istruzione necessita di una profonda ristrutturazione. Dopo il crollo dell’URSS la Russia ha iniziato a modificare il proprio sistema in base agli standard occidentali. Ciò non ha portato a una sintesi armonica tra le diverse componenti del sistema d’istruzione russo, ma alla confusione di modelli differenti e alla successiva crisi del sistema scolastico.

Mi preme sottolineare ancora una volta che oggi tutte le domande riguardanti il futuro della Russia non devono essere rivolte ai politologi o agli analisti geopolitici, ma agli economisti. Il futuro della Russia dipende interamente dalle relazioni socio-economiche interne. La direttiva della politica estera dei prossimi 10-15 anni è oltremodo evidente. Nel 17esimo secolo per l’Ucraina la Russia ha combattuto 30 anni. All’epoca la Rus’ e la Confederazione polacco-lituana si contesero alcuni territori di confine (quelli di Smolensk e Severskij) che erano entrati a far parte della compagine dello stato russo nel 16esimo secolo e quei territori del Granducato di Lituania e dell’Ucraina che appartenevano alla Polonia.

-Se le questioni più importanti sono interne, come influisce il conflitto sulle dinamiche che ha appena delineato?

Nonostante le forti sanzioni occidentali per il momento la guerra non ha influito molto sull’economia russa. Il sistema interno russo riesce a far fronte a queste avversità data la sua specificità: a differenza dell’impero russo la Federazione Russa dispone di un forte stato sociale (sistema pensionistico, aiuti di stato per le fasce meno abbienti etc.) e a differenza dell’Unione Sovietica non esercita nessuna pressione ideologica sulle libertà individuali. Nella Russia contemporanea le libertà individuali sono fortemente coltivate. Preciso subito che non parlo delle libertà politico-democratiche dell’individuo, ma di quelle personali. Per “l’uomo russo” le libertà personali sono la cosa più importante: avere la possibilità di andare in vacanza o scegliere una professione senza chiedere il permesso a nessuno. Proprio per questo motivo il governo ha deciso di non chiudere i confini (anche durante la mobilitazione) e, nonostante le misure intraprese dai Paesi “ostili”, non ha interrotto l’emissione di visti. Ciò è ragionevole. Dato che le libertà individuali vengono conservate viene meno uno dei pretesti più importanti per cui il potere politico può venire in odio all’”uomo russo”. Questa specificità antropologica consta di un’altra matrice fortemente caratterizzante il futuro del Paese: i valori tradizionali. La Russia è un Paese tradizionalmente ortodosso e, pertanto, la diffusione di movimenti come quelli gender è impossibile.

Il confronto con l’Unione Sovietica permette di considerare un altro problema della Russia contemporanea: lo sviluppo del settore tecnologico civile e, più precisamente, dell’aviazione civile. A differenza dell’Unione Sovietica la Russia di oggi ha seri problemi con la costruzione di aerei civili. E’ assolutamente indispensabile incrementare questo settore. 

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