L’arresto dell’ex viceministro della Difesa Timur Vadimovič Ivanov non ha destato molto interesse in Occidente. È stato bollato come l’ennesimo caso di corruzione che in virtù della sua evidenza non poteva essere coperto, come invece, a detta della maggior parte dei mass-media, avviene costantemente a livello politico e militare. Secondo la versione dei più si tratterebbe del modus operandi tipico dello “Zar” e dei suoi fedelissimi: nessuna discontinuità in sostanza.
Molte delle dichiarazioni di Putin seguite alla sua rielezione come presidente sono state sottovalutate. Dato che ormai del fatto che si tratti di uno scontro Russia-Occidente non dubita più nessuno, le dichiarazioni del presidente russo su questo punto sono state enfatizzate meno del solito poiché era proprio quello che ci si aspettava. Passata (o forse no?) la minaccia e il pericolo di un disastro nucleare, terminate (ne siamo sicuri?) le cosiddette linee rosse, ormai le dichiarazioni di Putin non sembrano più spaventare la società e i politici europei convinti della necessità di proseguire il conflitto a oltranza e, nonostante una certa inettitudine all’idea e alla pratica della guerra, puntare a una vittoria per il momento poco chiara (sconfitta militare della Russia? cambio di classe politica?). Anche da parte russa ovviamente c’è poco da dire: si ritornerà al dialogo dopo che le armi avranno taciuto. Da qui alcune dichiarazioni, come quelle in onore del giorno della Vittoria, molto, a detta di alcuni, “democristiane”: in effetti di discorsi incendiari non se ne sono sentiti.
Per tutti questi motivi non poche dichiarazioni “interne” del presidente russo non sono state adeguatamente esaminate. Appena rieletto Putin ha ribadito all’FSB che la lotta alla corruzione rimane uno degli obiettivi primari del Paese. La guerra in Ucraina come è ormai noto ha mostrato le deficienze dei sistemi di produzione e di difesa dei Paesi coinvolti: sia quelli russi sia quelli occidentali. Una delle questioni fondamentali dal punto di vista russo è appunto la salute delle relazioni interne tra gli organismi istituzionali e i loro rappresentanti. Senza una vera lotta alla corruzione nessuna sfida posta dall’economia bellica può essere vinta.
L’arresto di Timur Ivanov quindi non fa che confermare tali dinamiche, ribadendo che non esistono intoccabili. Gli arresti per corruzione negli ultimi mesi sono stati molti (si pensi a quello di pochi giorni fa del capo del personale del ministero, il tenente generale Kuznecov), e, in realtà, quello che ha destato l’attenzione degli analisti nella fattispecie risiede nel fatto che a livello mediatico interno tale questione è stata molto discussa. Emblematiche non tanto le fotografie che ritraggono la reggia di Ivanov in un villaggio fuori Mosca, ma quelle che lo immortalano con la sua consorte in cene di gala e simili. A livello mediatico la “deoccidentalizzazione” del popolo russo e, soprattutto, dei suoi rappresentanti, passa dalla lotta contro il culto dell’ozio, dello sfarzo, del lusso e della trasgressione (si pensi alle polemiche legate alla famosa “golaja večerinka” organizzata da Anastasija Ivleeva).
Se in periodo sovietico l’edonismo non poteva che essere rintuzzato per ovvie ragioni ideologiche, nel ventennio successivo il kitsch sfrenato tipico degli anni Novanta ha creato una vera e propria idolatria del nuovo modello capitalistico incarnato in senso quasi aristocratico dalle zvёzdy (le stelle) di Mosca e San Pietroburgo: ognuna di loro esibiva la propria vita sentimentale, sessuale e materiale. Rispetto ai programmi che oggi è possibile visionare sui canali pubblici sembra passata un’epoca. Questa politica moralizzatrice da molti viene tuttora considerata una delle cause principali del conflitto in corso: da un lato l’Occidente corrotto e debosciato, dall’altro la Russia cristiana e tradizionale. Questa impostazione, ad esempio, è sostenuta da Marta Allevato nella sua recente opera “La Russia moralizzatrice. La crociata del Cremlino per i valori tradizionali”.
Le cose, come già affermato in altra sede, non stanno affatto così. In breve, a livello di moralità in realtà non vi è grande differenza tra Occidente e Russia: se da un lato si assiste a forme estreme di liberalismo che hanno la loro origine nella filosofia dell’Illuminismo, dall’altro agli effetti dell’ateismo di stato sovietico (oggi eufemisticamente definiti “laici”). La Russia, repetita iuvant, da anni è uno dei primi Paesi al mondo per numero di aborti e divorzi; pertanto la questione dell’omosessualità e dell’unione civili è secondaria (fino a circa 10 anni fa coppie omosessuali potevano adottare con grande facilità bambini nel caso in cui il minore in questione fosse il figlio di uno dei partner).
A una certa insistenza propagandistica sul concetto di “società tradizionale” e simili non si deve far corrispondere una realtà che nei fatti non c’è. Sicuramente, come ogni discorso ideologico, anche tale narrativa ha un “effetto reale” su cose e persone, ma, in ogni caso, essa rimane secondaria e, pertanto, addurla a causa di un evento epocale di tale portata è un’esagerazione.
Per tutti questi motivi la politica moralizzatrice russa deve essere letta dal punto di vista delle esigenze interne: discrezione, umiltà e morigeratezza per realizzare gli obiettivi volti alla vittoria della guerra in Ucraina e alla grandezza della Patria. Non bisogna confondere cause, mezzi e fini.