Confessione

Sestino Giacomoni

Dotato di grande competenza e rigore, Giacomoni conserva però una profonda umanità. La sua attenzione alle persone, alle famiglie e al merito non è retorica, ma scelta concreta: un segno di stile. Uno stile che ha portato anche in Consap grazie alla sua capacità di essere oratore carismatico, ma anche attento uomo del silenzio.
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Sestino Giacomoni è uno di quegli uomini che si muovono tra le istituzioni con discrezione, senza cercare il clamore, ma lasciando traccia di pragmatismo, coerenza e sensibilità. La sua carriera attraversa la politica nazionale e il servizio pubblico, con tappe che ne delineano la competenza e la capacità di mediazione. Formatosi come giovane consigliere comunale presso il Comune di Mentana nelle liste della Democrazia Cristiana alla fine del 1993, si avvicina al nascente movimento berlusconiano partecipando come volontario al Centro Studi di Forza Italia coordinato da Paolo Del Debbio. Diventando poi nel 1996 Responsabile organizzativo del Dipartimento Economico del partito e assistente parlamentare di Antonio Marzano. Nel 2001 segue Marzano come capo della segreteria tecnica al Ministero delle attività produttive. E ricopre, inoltre, le cariche di consigliere di amministrazione della SACE, della Consap e dell’IPI, di cui è stato anche vice-direttore generale. Successivamente è diventato parlamentare, assistente tra i più fidati e capaci di Silvio Berlusconi, consulente e tecnico nei governi del centrodestra, prima di approdare alla guida della Consap di cui ha sottolineato il mandato sociale e la missione come agente di una più concreta giustizia generazionale. Come ha ribadito durante la prima relazione annuale della Consap del 2025. Dotato di grande competenza e rigore, Giacomoni conserva però una profonda umanità. La sua attenzione alle persone, alle famiglie e al merito non è retorica, ma scelta concreta: un segno di stile. Uno stile che ha portato anche in Consap grazie alla sua capacità di essere oratore carismatico, ma anche attento uomo del silenzio. Ciò in quanto non è una personalità che utilizza il silenzio per timidezza o opacità, ma in quanto sa operare con efficacia senza confondere visibilità e autorevolezza. Una capacità che negli anni del berlusconismo e in questa fase lo ha reso uno dei depositari della memoria storica della cultura di governo del centrodestra e il campione di un liberalismo italiano, martiniano e marzaniano, capace però di guardare alle letture di Ortega y Gasset e agli insegnamenti di Tocqueville e Machiavelli.

-Presidente Giacomoni, come iniziò il suo lungo e autorevole percorso nel mondo politico istituzionale?

Il mio percorso nelle istituzioni è iniziato a 23 anni, quando fui eletto consigliere comunale a Mentana, in provincia di Roma, mentre ero un giovane studente di Scienze Politiche alla Luiss.

-Come nacque questa esperienza?

Tutto iniziò quando un gruppo di amici più grandi di me mi propose di candidarmi per cercare di migliorare insieme il Comune in cui vivevamo. Dopo una intensa campagna elettorale risultai tra i primi degli eletti e così iniziò ufficialmente il mio percorso politico-istituzionale a livello territoriale.  Un’esperienza molto formativa che è stata fondamentale per il mio percorso successivo a livello nazionale. È stato proprio un assessore al bilancio del Comune a darmi un consiglio che si è rivelato molto utile durante la mia attività politica. Mi disse: “ricordati sempre che in politica bisogna saper dimenticare, ma avere buona memoria”.

Sembrerebbe un ossimoro, ma in realtà è una grande verità.

In politica, come in molti altri ambienti o contesti lavorativi, le delusioni, i tradimenti, i volta faccia sono frequenti per questo per andare avanti occorre saper dimenticare, ma, al tempo stesso, è importante avere buona memoria per evitare di ricadere negli stessi errori di valutazione.

-E quali furono i suoi maestri e riferimenti in quella fase?

Le posso dire che i miei punti di riferimento sono sempre stati i valori che mi hanno trasmesso i miei genitori: il senso del dovere, l’onestà, il rispetto, l’impegno, la determinazione ed il buon senso.  Questi sono i pilastri su cui si basa la mia educazione, la mia vita privata e sono le basi della mia attività pubblica.

Un’attività che ho cercato di portare avanti sempre mantenendo fede ai miei principi ed ai miei valori, perché come diceva Milton Freedman, premio Nobel dell’Economia, al Prof. Antonio Martino “il compromesso si può fare sui dettagli, ma non sui principi”.

Nella mia attività ho fatto mio anche il motto di mio padre: “fai sempre tutto quel che puoi, poi accada ciò che deve…”

Un’altra cosa che mi ripeteva era: “ricordati sempre che nel lavoro, così come in politica, ti possono rimuovere da un giorno all’altro dal tuo incarico, ma mai nessuno ti potrà togliere il ruolo che tu ricopri nella tua famiglia, come marito, come padre, come persona per bene sulla quale poter contare”.

Un monito che porto sempre con me.

-Successivamente entrò in contatto con il mondo liberale e seguì da vicino la nascita di Forza Italia. Come conobbe quel mondo e che impressione le fece il progetto di Silvio Berlusconi che poi avrebbe cambiato le sorti del Paese?

Mi ero da poco laureato con lode con una tesi sulla riforma del sistema pensionistico. Il professore Roberto Pessi, di cui ero diventato assistente universitario, conosceva la mia passione per la politica, un giorno mi chiese se avevo sentito parlare di quell’imprenditore del Nord che voleva “scendere in campo”, consigliandomi di inviare il mio curriculum vitae, cosa che feci subito, scrivendo che avrei voluto collaborare all’elaborazione del programma elettorale di quel movimento liberale di massa che stava nascendo intorno alla figura di Silvio Berlusconi.

Berlusconi in quel momento storico, nel 1993-1994, era l’unico a sostenere pubblicamente durante la campagna elettorale la necessità per il Paese di riformare urgentemente il sistema pensionistico, perché non era più sostenibile che si potesse andare in pensione a meno di 50 anni, argomento su cui ero molto preparato, anche perché su di esso avevo basato la mia tesi di laurea.

Inviato il mio curriculum, mi ritrovai agli inizi del 1994 a collaborare al Centro Studi di Forza Italia, che all’epoca era diretto da Paolo del Debbio.

Lì ho ritrovato i professori liberali, come Antonio Marzano, Antonio Martino, Giuliano Urbani e molti altri, che avevo avuto come docenti e che Berlusconi aveva coinvolto per il lancio della “rivoluzione liberale”, basata sul merito, sull’impegno, sull’idea di un’Italia libera, moderna e dinamica.

In quel momento storico, Berlusconi ha avuto il grande merito di circondarsi di persone competenti e di altissimo livello, di professori e liberi professionisti che in precedenza non avevano avuto molto spazio in politica perché le idee liberali sono sempre state, durante la Prima Repubblica, idee minoritarie.

Da quel gruppo di persone libere germogliarono le idee migliori, fondate su una solida visione liberale per realizzare un vero cambiamento culturale.

Collaborando dal 1994 con queste personalità mi sono formato, sono cresciuto e ho coltivato al meglio le tesi e le idee che oggi fanno parte del mio bagaglio culturale, istituzionale e politico.

-E come visse l’evoluzione della nascita del centrodestra e successivamente quella riaffermazione che poi soprattutto nel 2001 avrebbe riportato il centrodestra al governo?

Ricordo che in quegli anni il Paese aveva vissuto il trauma della caduta della prima Repubblica e della conseguente crisi economica che nel 1992 portò alla svalutazione della lira e al prelievo notturno del 6 per mille dai conti correnti delle famiglie.

L’Italia aveva bisogno di un sogno per iniziare una nuova fase di sviluppo, indispensabile per superare la crisi in cui eravamo imprigionati.

Questa è stata la vera intuizione di Berlusconi.

Quella di far intravedere agli italiani un nuovo orizzonte di rinascita, di ricostruzione e di cambiamento.

Una visione che venne efficacemente sintetizzata con il termine di ‘rivoluzione liberale’. Portata avanti grazie alle idee e al contributo di grandi intellettuali liberali, moderati e riformatori, come Del Debbio, Martino, Marzano, Colletti, Melograni, Rebuffa, Brunetta, Pera, Tremonti e tanti altri. Il rapporto quotidiano ed il confronto continuo con queste figure fu per me essenziale perché mi permise di ampliare i miei orizzonti e di partecipare a momenti chiave di quella storia, come la stesura del primo programma elettorale di Forza Italia e alla nascita del primo governo Berlusconi.

Fu un’esperienza unica ed entusiasmante.

L’intuizione politica di Berlusconi di unire, attraverso Forza Italia, il fronte moderato, con la Lega al Nord e con Alleanza Nazionale al Sud, rese possibile raggiungere in pochi mesi questo traguardo.

Un’operazione che all’epoca sembrava folle ed impossibile a molti osservatori, ma che invece fu geniale e dirompente, tanto che quella formula, seppure in modo diverso, perdura tuttora. Fu un vero capolavoro politico!

Con la sua intuizione fondò non solo il centrodestra, cosa risaputa, ma di fatto anche il centrosinistra che si mise insieme proprio per contrastare Berlusconi, senza però aver elaborato prima un programma politico condiviso, cosa che fece invece il centrodestra attraverso il centro studi in cui ho avuto l’onore di collaborare sin dall’origine.

-Ovvero?

 In quegli anni il centrosinistra, che nacque intorno alla figura di Prodi, fu fondato principalmente come una coalizione in antitesi a Berlusconi, ma senza dei valori e dei principi condivisi ed infatti ebbe vita breve.

Di fatto nel 1994 nacque in Italia la stagione del bipolarismo, ponendo finalmente le basi anche nel nostro Paese a quella democrazia dell’alternanza che in Italia non c’era mai stata.

-Nel 2001, oltre a quella che è stata la sua attività politica – culturale, inizia anche un’esperienza nuova come Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive, Antonio Marzano. Successivamente ricoprì ruoli in SACE e CONSAP, oltre che all’IPI. Come visse quell’esperienza e con quali visioni, valori e prospettive?

Furono anni estremamente intensi e formativi. Dopo aver perso le elezioni del 1996 per il centrodestra e per il gruppo di professori liberali con cui avevo iniziato a collaborare iniziò una lunga fase di opposizione parlamentare. Una fase che fu fondamentale per tutti. Quei cinque anni di opposizione, dal 1996 al 2001, formarono al meglio la classe dirigente del centrodestra permettendo a queste figure di aggiungere alla loro competenza tecnica, una formazione politica vera e propria, sia nei rapporti con i cittadini, sia con le realtà locali.

In quegli anni, girando il territorio, abbiamo avuto modo di conoscere l’Italia reale. Così, quando nel 2001 andammo al governo, i professori chiamati a ricoprire il ruolo di ministri sapevano cosa fare perché univano alla competenza tecnica, la conoscenza del Paese reale, del territorio e fu per questo che riuscirono a fare ben 36 riforme di altissimo livello, sempre tenendo in mente quello che era l’interesse delle  famiglie, delle imprese, ossia l’interesse per l’economia reale del Paese.

In quell’occasione, dal 2001 al 2005, dopo tanti anni di attività come assistente parlamentare del professor Marzano, lo seguii come Capo della Segreteria Tecnica al ministero delle Attività Produttive.

Si trattava di un ministero molto importante perché si occupava non solo di imprese, commercio, artigianato, ma anche di energia, turismo, commercio con l’estero, assicurazioni, telecomunicazioni.

Fu un’esperienza estremamente impegnativa ed entusiasmante perché avevamo a che fare con i nodi e con i veri ingranaggi dell’economia reale.

In quella occasione il ministro Marzano si distinse non solo per la sua grande conoscenza teorica dell’economia, ma soprattutto per la sua capacità di tradurre quelle competenze in cambiamenti pratici e concreti.

In rappresentanza del ministero delle Attività produttive, iniziai la mia esperienza manageriale nei Consigli di amministrazione di Consap, Sace, IPI. Esperienza che mi ha consentito oggi, grazie ai corsi ed ai ricorsi della storia, di tornare in Consap come Presidente, dopo 20 anni.

-Dopo questa esperienza il professor Marzano lasciò il Ministero delle Attività Produttive per diventare presidente del CNEL, e lei iniziò una fase molto importante perché divenne una figura di estrema fiducia e considerazione per il presidente Berlusconi, con cui collaborò fino all’inizio della sua esperienza politica. Come divenne l’assistente del Cavaliere?

Dopo dieci anni di collaborazione con il ministro Marzano, quando lui divenne presidente del CNEL mi chiese di seguirlo anche in quella esperienza, io lo ringraziai, ma rifiutai, avendo deciso insieme a mia moglie, incinta della seconda figlia, di concentrarmi sulla mia attività di consulente finanziario e manager aziendale. Pochi giorni dopo che il prof. Marzano si insediò al CNEL, ricevetti una telefonata   dalla storica segretaria di Berlusconi, Marinella, che avevo conosciuto durante gli anni in cui avevo collaborato al centro studi di Forza Italia. Mi chiamò dicendomi che il Presidente Berlusconi mi voleva vedere e se potevo andare da lui a palazzo Grazioli il giorno successivo.

Io avevo già avuto modo di conoscere Berlusconi, però lo avevo incontrato sempre insieme ad altre persone, in un contesto di riunioni di lavoro, era la prima volta che lo avrei visto da solo, a quattr’occhi.

-Come fu quell’incontro?

Ricordo quel giorno come fosse oggi, lui era seduto alla sua scrivania e mi disse: “Guarda Sestino mi parlano tutti benissimo di te, da Gianni Letta a Paolo Bonaiuti, alla stessa Marinella. So che stai collaborando con Forza Italia dall’inizio della nostra avventura, ti volevo proporre di farmi da assistente dato che hai svolto lo stesso ruolo in modo egregio con Antonio Marzano”. Gli risposi: “Caro Presidente, la ringrazio, per me è un onore poter collaborare direttamente con lei, però le devo dire la verità: negli anni in cui siamo stati al governo i numerosi impegni che avevamo mi hanno impedito di dedicarmi al meglio alla mia famiglia, per questo insieme a mia moglie, dopo avere terminato la collaborazione con il professor Marzano, avevo pianificato una vita più tranquilla, da libero professionista. Ora, difronte alla sua proposta, sono lusingato ed entusiasta, ma mi deve dare il tempo di parlarne con mia moglie”. Lui, con la sua gentilezza innata, mi accompagnò fino alla porta dell’ascensore e mi disse: “Pensavo che tu facessi i salti di gioia e invece non li hai fatti, ma questo mi conferma che sei un ragazzo con la testa sulle spalle.  Ti do 24 ore per pensarci, domani torna a trovarmi e mi dici”.

Tornato a casa ne parlai con mia moglie che mi disse:” fai quel che senti e come sempre, mi sostenne nel proseguire il percorso politico e istituzionale che avevo intrapreso fin dai tempi dell’Università e quindi il giorno dopo tornai a Palazzo Grazioli ed accettai con entusiasmo di diventare il suo assistente per la parte Italia. Poi, dopo poco tempo, sono diventato Capo della Segreteria Tecnica di Palazzo Chigi, seguendo sempre le questioni economiche e nel 2006 divenni parlamentare, continuando a stare al suo fianco, come assistente e come consigliere economico.

Sono stato quasi 20 anni ininterrottamente al suo fianco, tra Palazzo Grazioli, Palazzo Chigi e Arcore. Anni intensi, impegnativi, stressanti, ma al tempo stesso volati via con una leggerezza indescrivibile.

-Come lo descriverebbe con una parola?

Lo definirei un “fuoriclasse”. Anche se forse bisognerebbe coniare un termine nuovo, in quanto il fuoriclasse è la persona che eccelle in un settore. Maradona, ad esempio, era un fuoriclasse nel calcio, Sinner lo è nel tennis. Berlusconi in realtà ha dimostrato di essere un fuoriclasse in tutti i settori in cui si è applicato, perché iniziò dall’edilizia, passò all’editoria, poi si distinse nell’ambito sportivo per poi continuare a fare la differenza nel mondo televisivo, nella finanza e in politica. Era sicuramente un visionario, un pioniere, un uomo determinato, un grande lavoratore, con una sconfinata ironia ed autoironia, che gli consentiva di superare sempre con il sorriso anche i momenti più difficili.

Credo che la sua forza interiore sia dovuta in gran parte anche alla sua capacità innata di sorridere alla vita e di regalare sempre un sorriso agli altri, “portando il sole in tasca” ovunque entrasse. Questa sua qualità, anche nei momenti più difficili, ha saputo dargli la forza di continuare. Se devo invece darle una definizione sotto il profilo storico e complessivo è innegabile che Berlusconi abbia saputo incarnare quel sogno di un’Italia più libera, più moderna, più meritocratica, che oggi è ancora attuale. Poteva essere amato o odiato, ma nessuno può negare che fosse un fuoriclasse. È sempre riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi.

Tra l’altro basterebbe pensare ai rapporti che Berlusconi riusciva ad instaurare con i grandi del mondo: tutti ricordano, ad esempio, Pratica di Mare, la foto con la storica stretta di mano tra Bush e Putin, con lui al centro.

Credo che in un momento storico difficile, come quello attuale, sicuramente ci sarebbe bisogno di recuperare quel suo grande spirito di mediazione e di sintesi.

 -Qual è un aneddoto a cui è più legato della sua attività di collaborazione col presidente Berlusconi?

Guardi, ho dei ricordi privati che sono ovviamente indelebili, sono legato a tutti quei momenti in cui emergeva la sua grandissima umanità e la sua capacità di trasmettere entusiasmo e fiducia.

Era un vero leader, che ti ascoltava, ti motivava, ti coinvolgeva. Ricordo che quasi quotidianamente facevamo delle colazioni di lavoro con lui, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Niccolò Ghedini e altri collaboratori, durante le quali Berlusconi ascoltava tutti, rifletteva sulle idee e sui suggerimenti che i suoi consiglieri gli davano e poi ovviamente li rielaborava traendo le sue conclusioni.

Lavorare al suo fianco è stata un’esperienza unica, straordinaria, che ho avuto  il privilegio di vivere per moltissimi anni. Mi ricordo, ad esempio, di quando nel 2008 vincemmo di nuovo le elezioni e nacque il governo Berlusconi IV.

In quella occasione mi disse: “Sestino, meriteresti di entrare al governo, però a me farebbe piacere se tu restassi al mio fianco perché ho bisogno di una persona come te che mi segua quotidianamente nella mia attività. Anche perché il ruolo che hai svolto in questi anni è stato veramente molto prezioso”. Accettai, quindi, con entusiasmo di continuare quell’esperienza al suo fianco pur se ciò voleva dire non entrare a far parte del suo governo in modo ufficiale. Continuai così a fare il suo consigliere economico a Palazzo Chigi oltre che il parlamentare.

-Come mai?

Perché l’esperienza di governo diretta è sicuramente importante dal punto di vista personale e del curriculum vitae, ma l’esperienza fatta al suo fianco è stata unica ed irripetibile, sia per il confronto quotidiano con lui, sia per tutti i contatti che sono maturati in quegli anni.

-È stato parlamentare fino al 2022, 16 anni di attività da deputato con ruoli di spessore in varie commissioni. Spesso si è definito un tecnico con una forte componente politica e un politico con una forte componente tecnica. Alla luce di questa natura ibrida le vorrei chiedere, come vede l’evoluzione del nostro ceto e sistema politico?

La classe politica negli ultimi trent’anni ha subito trasformazioni profonde, spesso anche traumatiche. Pensiamo al passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Nell’arco di questi anni sicuramente c’è stato un grande rinnovamento e devo dire che forse la politica è il settore in cui ce ne è stato di più. Tant’è che oggi in politica non solo ci sono molti giovani e  moltissime donne, cosa che prima era una rarità, ma soprattutto abbiamo una giovane donna, anche madre, alla guida del Paese, a conferma del profondo cambiamento che c’è stato nella politica italiana.

Allo stesso tempo, credo che oggi la classe politica debba ritrovare una visione di lungo periodo. Ci sono, infatti, tantissime energie nuove, ci sono anche nuove competenze, bisogna però indirizzarle bene e bisogna far sì che tutti, almeno i più capaci, vengano coinvolti per poter contribuire a scrivere una nuova stagione di riforme. Quindi mi auguro che Giorgia Meloni, così come fece Berlusconi dopo il 1994, cerchi di allargare la sua squadra, coinvolgendo le migliori energie che operano nei diversi movimenti e nei diversi settori della nostra società, aprendo il suo governo a persone competenti, serie e credibili, anche con sensibilità diverse, in modo da contribuire tutti a far vivere meglio gli italiani e a trasformare l’Italia in un Paese sempre più moderno e in una democrazia più matura. Devo dire che i presupposti ci sono tutti. Io credo che quel seme che piantò Berlusconi nel 1994 stia producendo ancora oggi i suoi frutti.

-Nella Relazione Annuale come presidente CONSAP ha ribadito che, tramite il Fondo Studio e il Fondo Mutui Prima Casa, la Società si sta presentando come un ponte tra le nuove generazioni e le Istituzioni. Può spiegarci come intende questo nuovo mandato sociale e generazionale?

Mi lasci dire innanzitutto che la presentazione alla Camera dei Deputati della prima Relazione Annuale di CONSAP, dopo 30 anni dalla sua nascita, è stata sicuramente un grande successo, confermato dall’intervento di apertura del Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che è rimasto a seguire tutti i lavori e dalla lettera che la stessa Giorgia Meloni ci ha inviato, nella quale ha ricordato il grande  lavoro di Consap per rilancio del Fondo Studio e del Fondo Casa, sottolineando l’importanza di questi progetti che già in passato aveva seguito con grande attenzione quando era Ministro della Gioventù. Allo stesso tempo, sono state molto significative le parole spese nel suo intervento conclusivo da parte del vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha sottolineato l’importanza dell’impegno di Consap per i giovani e per le famiglie. Una ulteriore conferma di quanto oggi l’attenzione delle Istituzioni nei confronti di Consap sia profonda, convinta e autorevole.

Il mio obiettivo, come presidente, è quello di far conoscere le tantissime attività svolte da Consap nell’interesse degli italiani ed il ruolo sociale che svolge da 30 anni.

Un ruolo che ho cercato di rilanciare sia attraverso l’organizzazione di un convegno, in occasione dei 30 anni di Consap, sia attraverso la Relazione Annuale, durante la quale abbiamo messo in evidenza il ruolo che Consap riveste nella costruzione del futuro dei giovani, proprio perché, come ha detto il Presidente del Consiglio nel suo messaggio, vogliamo garantire alle nuove generazioni il “diritto al futuro”.

Con il nostro impegno non solo siamo riusciti a rilanciare il Fondo Studio, ma anche a semplificarlo e a potenziarlo.

L’obiettivo di Consap è diventare sempre più un ponte tra le istituzioni, le nuove generazioni e il futuro. E in questo senso l’accesso al credito per gli studenti meritevoli, insieme al Fondo mutui per la Prima Casa, sono due misure che esprimono proprio quella che io definisco una visione concreta di “giustizia generazionale”.

Il diritto alla casa e il diritto allo studio sono due pilastri fondamentali e imprescindibili per un Paese che vuole sostenere i giovani nella realizzazione del loro futuro.

 -Come valuta queste due iniziative?

Il Fondo Studio e il Fondo Casa non sono solo strumenti finanziari, sono veramente leve di equità, di giustizia sociale, di fiducia, di crescita individuale e aggiungo anche collettiva. Perché, come dico sempre a chi lavora in Consap, dietro ogni domanda che ci perviene c’è un giovane che grazie a noi può completare il proprio percorso formativo, c’è una famiglia che può acquistare la prima casa, c’è una vittima della mafia o dell’usura, che può avere un sostegno. Oltre 1 milione e 250mila euro sono stati deliberati a favore delle vittime di tipo mafioso e di reati internazionali violenti e verranno erogati da Consap nei prossimi mesi.

Non stiamo parlando di semplici numeri, stiamo parlando di vite reali, di opportunità e, per i giovani, di sogni che si realizzano.

-In questo senso la missione di CONSAP è anche un moltiplicatore di alcuni principi liberali e moderati…

Certamente. Pensiamo ad un valore fondamentale come il merito. Nel caso del Fondo per lo Studio, l’unico requisito richiesto è il merito. Uno studente avrà la garanzia dello Stato se prende un buon voto alla maturità, almeno 75 su 100, potrà andare in banca e avere un finanziamento che va da 50 mila a 70 mila euro se decide di studiare all’estero. In questo senso credo che il futuro lo si costruisce insieme e dico ai giovani che non si tratta di un semplice finanziamento, ma di un triplice investimento: il giovane investe su sé stesso, lo Stato, attraverso Consap, firma la garanzia sui prestiti e le banche investono sul potenziale del giovane.

Tutto questo è stato possibile grazie alla grandissima sinergia tra tutti gli attori istituzionali. In particolare, grazie al Ministro dello Sport, Andrea Abodi, al Ministro dell’Università, Annamaria Bernini, al Ministro dell’Istituzione, Giuseppe Valditara e al Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E ovviamente alla fiducia riposta su di noi dal Presidente del Consiglio. Si è trattato di un vero gioco di squadra e oggi possiamo dire che tutti gli studenti meritevoli avranno un sostegno concreto da parte dello Stato e questa per me è una vera rivoluzione culturale.

-Perché?

Perché la strada maestra per entrare nel mercato del lavoro, per prendere il famoso ascensore sociale, è solo una: quella dello studio, dell’impegno e del merito.

 -Nella sua relazione ha proposto quindi un’idea di CONSAP che vuole cercare di rilanciare un mandato fondato, scusi la semplificazione, su tre pilastri, ovvero merito, famiglia, formazione.

Un mandato non solo sociale, ma anche culturale se vogliamo…

In realtà si tratta di un mandato non solo culturale, ma anche strategico e stiamo lavorando proprio per rendere Consap sempre più vicina ai cittadini, più efficiente e più innovativa, per far sì che sia uno strumento al servizio del Paese, per garantire equità e sviluppo e accompagnare le persone nell’arco della vita, dalla nascita, alla formazione, all’istruzione, alla famiglia e anche durante le difficoltà della vita.

-A due anni dalla sua nomina, come valuta i risultati del suo mandato?

Positivamente. Possiamo dire che di fatto abbiamo mantenuto tutti gli impegni presi, lavoreremo per raggiungere anche altri obiettivi ambiziosi. Ovviamente guardiamo avanti puntando su quattro pilastri: il merito, la competenza, l’impegno e l’innovazione. In questi due anni non ci siamo limitati a gestire le attività che ci venivano affidate, ma siamo diventati una società propositiva, acquisendo nuove importanti competenze. Si tratta di una grande evoluzione rispetto al passato, abbiamo dimostrato di poter intercettare bisogni ed esigenze dei cittadini e di proporre alle istituzioni le soluzioni da adottare. E questa è stata proprio la differenza che abbiamo portato avanti attraverso il nostro mandato nella gestione di Consap.

L’abbiamo fatto in tanti settori, ad esempio, rendendo il Fondo Casa accessibile non solo ai giovani sotto i 36 anni, ma anche alle famiglie numerose. Abbiamo inoltre proposto e fatto approvare l’istituzione, presso Consap, del ruolo dei periti per le catastrofi naturali. Ci siamo, poi, messi in discussione facendo sì che Consap, come Stazione Appaltante, desse un contributo concreto per la ricostruzione nei comuni colpiti dalle alluvioni e da eventi sismici, utilizzando i fondi del PNRR.

Questo è quello che abbiamo fatto in questi due anni e come ho detto ai dipendenti la prima volta che li ho incontrati: “se ognuno di noi ogni giorno fa bene il proprio lavoro, sicuramente contribuiremo a realizzare un Paese migliore”.

-Parliamo ora del Sestino Giacomoni privato. Lei come si definirebbe e quali sono le caratteristiche che più apprezza e meno apprezza del suo carattere?

Le posso dire che sicuramente mi definisco una persona di buonsenso e penso che la coerenza e la determinazione mi accompagnino sin da ragazzo. Con il tempo credo di avere acquisito anche una buona capacità di ascolto e una visione strategica, il tutto senza mai rinunciare a quello che mi ha insegnato il presidente Berlusconi: una giusta dose di ironia e di autoironia. Paradossalmente proprio la mia perseveranza, la mia determinazione a volte possono essere anche uno svantaggio perché ovviamente quando mi metto in testa un obiettivo faccio di tutto per raggiungerlo, trascurando a volte anche la mia vita privata. E questo è stato un errore che ho commesso, soprattutto negli anni di governo. L’impegno totalizzante mi ha portato a trascurare spesso gli affetti più cari.

-Quali sono state le esperienze che più la hanno formata?

Le esperienze che sicuramente mi hanno più formato sono state quelle che ho fatto quando mi sono trovato a dover uscire dalla mia zona di confort.

Durante tutti i passaggi più significativi della vita: dal liceo all’università, dallo studio all’attività politica, dal lavoro nelle istituzioni alla libera professione, fino al lungo percorso insieme al prof. Marzano ed al Presidente Berlusconi. Anche se ritengo che  i passaggi più importanti per la formazione di un uomo siano quelli che avvengono nella vita privata, nella vita familiare. Costruire insieme alla propria compagna di vita una famiglia è l’esperienza più entusiasmante e difficile, che dà un senso alla nostra esistenza.

Il rapporto con mia moglie, con le mie figlie, il passaggio da figlio a padre, sono queste le cose che più mi hanno formato ed arricchito come uomo.

La famiglia è sempre stata per me la vera ancora, il punto fermo. E quindi sono veramente grato ai miei genitori, a mia moglie e alle mie figlie per la persona che sono diventata nel tempo. Anzi, vorrei approfittare di questa domanda per ringraziare mia moglie proprio perché è stata sempre al mio franco, anche quando gli impegni lavorativi erano veramente totalizzanti, lei è riuscita sempre a farsi carico di tutto il resto, tenendo la famiglia unita.

-Ci parli del rapporto con lei…

Stiamo insieme dai tempi del liceo classico.

Con lei sono cresciuto, sono maturato, ho imparato a conoscermi e grazie a lei ho potuto superare anche i momenti più difficili. Quindi, da questo punto di vista, sono stato molto fortunato. In fondo, come diceva un pensatore che apprezzo molto, come Jose Ortega y Gasset, “Io sono io e le mie circostanze”. Io sono stato fortunato perché durante l’adolescenza ho conosciuto mia moglie, lei è stata ed è tutt’ora la mia “circunstancia”, sempre presente. Una volta terminati gli studi universitari poi mi sono trovato in un momento particolare della vita politica istituzionale in cui le “mie circostanze” sono state persone straordinarie come Silvio Berlusconi, Antonio Marzano, Gianni Letta, Ennio Doris.

 -Quali sono i libri, le figure storiche e gli autori che hanno segnato la sua formazione?

Gli autori che più mi hanno formato sicuramente sono i classici: Machiavelli, Tocqueville, Einaudi. Negli anni dell’Università poi ho conosciuto e apprezzato soprattutto i pensatori liberali, che porto sempre nella mente e nel cuore.

Ma l’insegnamento più importante lo ho appreso leggendo Goethe, che diceva: “nel regno delle idee tutto dipende dall’entusiasmo… nel mondo reale tutto si basa sulla perseveranza”.

La perseveranza, la determinazione, l’impegno sono fondamentali se nella vita si vogliono raggiungere i propri obiettivi.

-Per concludere, qual è la storia del suo nome, Sestino?

Nel nostro Paese si eredita tutto e io ho ereditato il nome da mio nonno, che era il sesto figlio ed essendo il più piccolo lo chiamarono Sestino. Così, quando da bambino gli amici mi dicevano “Ma non preferiresti un altro nome? Come ti vuoi far chiamare?” io ovviamente rispondevo: “chiamatemi con il mio nome, Sestino”, proprio perché il legame con la famiglia, con la propria storia è una delle cose più importanti.

Le orme lasciate da chi ci ha preceduto sono un patrimonio prezioso da conservare e da portare avanti con orgoglio per contribuire a costruire un futuro migliore, sperando di poter lasciare anche noi dei segni indelebili per i nostri figli e per le future generazioni.

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