Harvard è un campo di battaglia

Tra le mosse dei primi cento giorni trumpiani spicca l’aver gettato benzina sul fuoco del conflitto culturale che spacca gli Stati Uniti: una nazione divisa tra una fetta di popolazione fortemente politicizzata negli atenei e un ceto medio progressista contrapposti ad un’America profonda desiderosa d'inseguire narrazioni alternative di rivincita in un sistema sociale ormai cigolante. Mettere le mani sui settori chiave della ricerca in questo senso più che un mero segno di incipiente autoritarismo può esprimere (se la scommessa avrà buon esito) il bisogno del presidente di asservire - con tutti i mezzi - il campo accademico di costruzione dei saperi e di formazione delle nuove élite.

L’insostenibile ottusità del riarmo

Aumentare la spesa militare, come sostenuto dalla Premier, per sostenere sull’asse geopolitico il ruolo del nostro Paese nel caos mondiale (segnato dalla rimonta delle politiche di potenza degli Stati Uniti e il consolidarsi dei loro rivali) è davvero una scelta previdente o corre il rischio di trascinarci in una spirale fatale con una guerra ai confini che avremmo tutto l’interesse a disinnescare?

Rossi e neri non sono tutti uguali

La magra affluenza alle europee (49 punti percentuale scarsi) fa il paio con il sempre maggiore distacco degli elettori dai partiti della “democrazia mafiosa” come scriveva Panfilo Gentile alludendo allo scadere dei regimi rappresentativi in oligarchie elitarie scollate dalle ragioni popolari. Il crollo della partecipazione alle istituzioni spinge ad interrogarsi sulla natura della classificazione politica degli schieramenti e sull’attualità di categorie da mettere alla prova rispetto al proprio tempo. Ha ancora senso parlare di destra e sinistra?

La tecnica al bivio fra archeofuturismo e accelerazionismo

Le accuse di tecnofeudalismo per i titani della Silicon Valley mostrano plasticamente come da sempre il possesso delle tecniche garantisca potere e affermazione per le élite che riescono ad appropriarsene. L'egemonia passa dal controllo delle macchine. Il nostro atteggiamento nei loro confronti passa invece dalle interpretazioni che gli accelerazionismi - tanto di destra (Nick Land) che di sinistra (Alex Williams e Nick Srnicek) - ci hanno donato ormai decenni fa. Di fronte ad essi si trova l'archeofuturismo di Guillaume Faye, meno discusso ma altrettanto rilevante.

Missili supersonici in giardino

Con la recente implementazione dell’arsenale di missili supersonici da parte di Taiwan, gli USA cercano di far ingolfare la superpotenza asiatica in un conflitto regionale per minarne l’affermazione sempre più evidente sul piano internazionale. Ripetendo la mossa strategica della guerra russo-ucraina il Pentagono mira al divide et impera nello scacchiere geopolitico per paralizzare i suoi avversari egemonici in confronti militari.

Il protezionismo d’acciaio di Biden

Con un colpo di coda, il presidente americano uscente ha deciso a gamba tesa di fermare il processo di fusione tra il colosso dell’acciaio Nippon Steel e il produttore statunitense US Steel di Pittsburgh, invocando la difesa della sicurezza del Paese da influenze esterne. Tutto il contrario di quanto avvenuto in Italia negli ultimi decenni.

Fame di mito

Nella crisi attraversata dagli ordini democratici sempre più spesso al cittadino comune viene a mancare il radicamento in un sistema di simboli condiviso: alle istituzioni e ai leader riesce impossibile costruire repertori di immagini forti che facciano da collante sociale. Urge che la politica si accompagni alla costruzione di miti condivisi per contrastare la sua perdita di credibilità.