OGGETTO: Salvarci o invecchiare
DATA: 26 Gennaio 2025
SEZIONE: Società
FORMATO: Visioni
“Colui che pensa di restaurare ciò che è irrimediabilmente destinato a crollare è come il vecchio che si illude di rivivere la propria gioventù. È questo l’inganno del reazionario.” Un ciclo storico, come un ciclo biologico, è forse impossibile da invertire. L’ipotesi dell’eternità non può sussistere per nessuna civiltà. La vecchiaia, allora, può diventare una salvezza.
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Costretti nel nostro tempo e nel nostro spazio, spesso dimentichiamo di avere ben poche alternative. Di muoverci inutilmente, cercando di farci spazio nella coltre oscura e fitta che sempre di più avvolge l’organismo moribondo della nostra contemporaneità. In compenso, il futuro costituisce il viatico più efficace per non tremare di paura. Speranza, illusione e utopia cercano di illuminare le tenebre della realtà fin dalle origini stesse della coscienza umana. Prima era Dio e ora il Dio tecno-scientifico. Discorso che ha trovato i propri illustri interpreti e cantori.

In nuce: sia che si osservino le nostre società con il piglio del realismo politico, sia che si analizzino col metro di giudizio della metafisica della storia, il cuore della questione è la vecchiaia. Sia esso solo europeo, solo occidentale, oppure espressione di un’umanità concettualmente distinta dal puro momento biologico, la categoria sussiste. Ci vincola a riflessioni profonde su questo inutile susseguirsi di scaramucce. Movimento di vermi scambiato per vita. La vecchiaia sfrutta la tecnologia e la scienza per prolungarsi e tenersi in vita. Si alimenta degli ultimi, vani, tentativi della più violenta civiltà nella storia dell’uomo, quella germanica fattasi inglese, britannica, americana. Anglo nel senso più ampio del termine. Spengler e Schmitt ne hanno evidenziato la naturale tendenza al mare. All’infinito numerico (coadiuvato dall’elemento germanico puro) e poi scientifico.

Fino alla corsa allo spazio e all’immortalità che in questa nuova, ennesima, fase dell’impero anglo-americano, si traduce nell’accelerazionismo reazionario in cui si sono risvegliati gli Stati Uniti. Si guarda all’uomo (occidentale) oltre l’uomo. Nella difesa strenua di ciò che resta dell’Occidente. Elon Musk è un lettore di Oswald Spengler. Al contempo ha compreso il senso dell’Occidente, credendo di poter invertire la tendenza fondamentale del nostro tempo. Forse, invano. Ma se l’impero d’Occidente ribolle, la pars orientalis europea del blocco atlantico condensa in sé gli aspetti concettualmente più rilevanti dell’invecchiamento ideologico e biologico. Trattandosi, forse, della quintessenza stessa del Destino che avvolge quello che la tradizione induista chiamava, semplicemente, kali yuga. Fase terminale e brevissima di cicli ben più lunghi e prosperi. Età del ferro, prima di un nuovo ciclo. La vecchiaia ci spinge a dover fare i conti con un tale contesto, piuttosto che provare ad invertire il flusso. Vivendo dove possibile. Raccogliendo e gioendo di ciò che ci viene dato. Contemplando, inoltre, i giganti della storia umana inabissarsi.

Marco Tullio Cicerone descrisse nel De senectute i vantaggi spesso dimenticati dell’essere anziani. Improvvisamente le passioni si assopiscono. Diminuiscono le aspettative e forse i sogni, ma si può trarre un immenso piacere proprio da questa calma al termine della tempesta:

“Quale piacere di banchetti, di giuochi o di cortigiane, può reggere il confronto con questi? E si tratta sempre della passione per la cultura, fin qui; passione che nelle persone sagge e colte cresce di pari passo con l’età, tanta è la nobiltà di quel che Solone dice in un breve verso, quando afferma di invecchiare imparando molte cose ogni giorno: diletto spirituale, questo, che non ce n’è di più grandi.”

Una scossa da far rabbrividire colpisce da anni le povere membra del vecchio organismo europeo occidentale. Sognante un mondo a propria immagine e somiglianza. Vecchio, benestante e con in testa il futuro dei propri figli in una terra depurata dai propri crimini di gioventù. Crimini che divengono senso di colpa insopportabile. Il crepuscolo è un momento di senso di colpa per eccellenza. In cui si riflette sul passato, lo si rielabora e modifica a un livello sconosciuto in altri momenti della storia dell’umanità. Musealizzare, glorificare, rimpiangere o negare la propria gioventù storica e biologica, è esercizio comune nelle sue diverse sfaccettature ai cicli storici semiterminali. Lo evidenzia Di Dario. Emerge in tutta la sua chiarezza osservando come civiltà crepuscolari, dagli Assiri ai Persiani, fino ai Romani, pensarono e ripensarono la propria storia.

All’estremo limite, le civiltà biologicamente anziane provano un senso di repulsione e di rifiuto. Espressione della fase occidentale, cui il cuore dell’America ha posto un violento freno. Risulta molto complesso invertire un ciclo storico o biologico. Una visione fin troppo progressista del tempo ha dimenticato che ogni organismo umano, in quanto umano, è destinato a finire. L’ipotesi dell’eternità non può sussistere per nessuna civiltà. La vecchiaia, allora, può diventare una salvezza. Declinare nella ricerca di una pace interiore. La stessa che nella lenta dissoluzione di Roma, generò eremiti e monaci insediati fuori dal mondo, pregando per la sua salvezza. Contemplandone in maniera disincantata le rovine. Tornare nella storia, nella realtà, è esercizio faticoso e di grande violenza. Sforzo supremo che è probabilmente precluso a chi, come l’Europa occidentale, in gioventù ha dato così tanto da segnare la propria stessa autodistruzione.

Benedetto da Norcia, constatando amaramente la devastazione di Roma, ridotta a un cumulo di monumentali macerie, scelse di ritirarsi. Di volgere il cuore altrove, mantenendo il proprio sguardo consapevole sulle miserie dell’umano, compatendolo. La vecchiaia non permette di tornare a essere giovani, se non sentendosi profondamente ridicoli. Suscitando ilarità e disprezzo tra chi giovane lo è per davvero. Ma la vecchiaia è anche consapevole saggezza, dei propri limiti e dei limiti del resto degli uomini. Nel Declinare del mondo all’uomo globale (che è qui uomo europeo-occidentale) è dato il ruolo invidiabile di sacerdote al termine del mondo. Eremita del XXI secolo in grado di offrire consiglio e supporto alle schiere confuse del tramonto imperiale. Impassibile dinanzi alla dissoluzione in atto: “Colui che pensa di restaurare ciò che è irrimediabilmente destinato a crollare è come il vecchio che si illude di rivivere la propria gioventù. È questo l’inganno del reazionario.”

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