È alle elezioni parlamentari del 2020 che Žemaitaitis vince nel collegio uninominale di Kelmė-Šilalė, ma solamente nel 2023 raggiungerà l’attuale popolarità a livello nazionale. Tra maggio e giugno di quell’anno, infatti, il politico pubblica quattro dichiarazioni contenenti commenti antisemiti su Facebook: scoppia lo scandalo. Piovono critiche da tutti i principali partiti del Paese e, ovviamente, dalla comunità ebraica lituana e Žemaitaitis viene espulso dal partito “Libertà e Giustizia” con il quale era stato eletto. Su iniziativa dei conservatori poi, iniziano le indagini per l’eventuale impeachment. La Corte Costituzionale ritiene che ci siano fondati motivi per procedere: Žemaitaitis si dimette.
Per la sua carriera questa è la svolta. Si dichiara bersaglio della cancel culture e beneficia delle critiche mossegli dal partito conservatore il cui indice di gradimento, dopo quattro anni di governo, era ai minimi termini. Agli occhi di una certa fascia dell’elettorato è una vittima del sistema.
Lo aveva previsto Saulius Skvernelis, leader del partito Democratici per la Lituania: «This hasty action by the ruling party is simply creating a new victim who will exploit this. These actions may give birth to another radical party that will be brought to the Seimas». Per Skvernelis, insomma, Žemaitaitis è un prodotto del partito conservatore, che non voleva solo instaurare un clima da caccia alle streghe per ricompattare l’elettorato ed attrarre voti dai più moderati, aveva un obiettivo più ampio: dividere il campo della sinistra lituana. Che il partito Socialdemocratico di Vilija Blinkevičiūtė avrebbe vinto le elezioni era chiaro da tempo, i conservatori dovevano cercare di contenere i danni.
In caso di successo, per il Partito Socialdemocratico Žemaitaitis sarebbe stato un problema, i conservatori lo sapevano: se avesse raccolto abbastanza consensi avrebbe costretto il partito di Blinkevičiūtė a cercare appoggi a destra per ottenere la maggioranza; se invece fosse stato incluso in una coalizione di governo, questa sarebbe stata sottoposta ai facili attacchi di tutte le formazioni democratiche che avrebbero minato dai primissimi giorni la fiducia nell’esecutivo.
Ha funzionato, ma solo parzialmente. Nemuno Aušra ha raccolto un numero di consensi tale da rendere non facile la formazione di una coalizione di centro-sinistra, ma la debacle del partito conservatore (il grande sconfitto di queste elezioni) è stata tale da vanificare ogni sforzo.
Il risultato è, quindi, che tutte le forze democratiche del Paese ne escono indebolite.
Dinamiche partitiche a parte, Žemaitaitis è stato votato. Molti elettori lo considerano un valido rappresentante e in alcune regioni gode di un sostegno popolare notevole. Il professor Dumbliauskas, dell’università Mikolas Romeris di Vilnius, descrive così i suoi incontri con gli elettori in Samogizia: «Žemaitaitis insults the conservatives, swears from the podium, and everyone is happy».
L’emergere di forze antisistema non è un fenomeno casuale, è sempre legato a un cambiamento nelle dinamiche sociali. In questo caso, una parte consistente della popolazione non crede nella politica. Il circuito democratico tradizionale, quello dei partiti con una forte connotazione ideologica ed una chiara visione per il futuro, non è più la necessaria estrinsecazione delle aspirazioni elettorali dei cittadini, c’è un’alternativa: Žemaitaitis.
Personaggio studiato nei minimi dettagli, Žemaitaitis si presenta come un uomo del popolo in grado di combattere le élite di Vilnius. Retorica aggressiva, comunicazione costante, Žemaitaitis era dappertutto in questa campagna elettorale. Quattro, cinque, fino a sette comizi al giorno, parlando con chiunque fosse interessato ad ascoltarlo. Onnipresente sui social media, assolutamente privo di contenuti originali. Era questo il fil rouge della sua campagna elettorale, contestare tutte le posizioni assunte dagli altri candidati.
Non solo: la campagna elettorale di Nemuno Aušra è iniziata ben prima di quella degli altri partiti. A inizio anno si sono tenute le elezioni presidenziali che hanno confermato Gitanas Nauseda per un secondo mandato. Tra i candidati c’era anche Žemaitaitis che le ha usate come base per lanciare il suo nuovo partito in vista delle parlamentari appena conclusesi. È un comunicatore eccezionale, uomo da campagna elettorale. Alcuni dei suoi discorsi al Seimas, è stato osservato, erano studiati non tanto per rispondere alle obiezioni dei colleghi quanto per essere decontestualizzati e poi pubblicati sui social.
Relativamente alla sua visione della politica estera Žemaitaitis ha cercato di esprimersi il meno possibile, ma le sue priorità emergono dall’approccio che propone alla questione bielorussa.
Attualmente tra i due Stati le relazioni diplomatiche sono ai minimi termini. Per fare pressione sull’Unione Europea (nel più ampio contesto del conflitto russo-ucraino) la Bielorussia incentiva il flusso migratorio verso Lituania e Polonia e la situazione umanitaria, ma anche securitaria, rischia di degenerare. La proposta di Žemaitaitis è relativamente semplice: ristabilire piene relazioni di amicizia con la Bielorussia in modo che il peso del flusso migratorio sia interamente assorbito dai Paesi membri dell’Unione che non intendono fare altrettanto. Senza considerare che ciò comporterebbe un’evidente violazione dell’obbligo di leale collaborazione che il Trattato sull’Unione Europea pone in capo agli Stati Membri, difendere una simile posizione significa considerare un problema contingente, originato peraltro da una sommatoria di fattori complessi, prioritario rispetto alla coerenza nel posizionamento internazionale.
Žemaitaitis pochi giorni fa è stato invitato, assieme al leader del partito liberale Viktorija Čmilyte-Nielsen, a prendere parte alle consultazioni per la formazione del prossimo governo. I partiti coinvolti al momento sono dunque cinque: socialdemocratici, democratici “per la Lituania”, verdi, liberali e Nemuno Aušra.
Ipoteticamente, il sostegno di Žemaitaitis al Partito Socialdemocratico basterebbe per avere la maggioranza in Parlamento, ma sarebbe una maggioranza di “soli” 72 seggi su 141 e democratici e liberali hanno più volte affermato di non avere intenzione di partecipare ad un governo con Nemuno Aušra. Altre possibili formazioni di governo sono:
Ad ogni modo, indipendentemente dalla sua partecipazione o meno al prossimo governo, Žemaitaitis avrà un peso non trascurabile nella vita politica della Lituania per i prossimi quattro anni. La sfida della demagogia alla politica è stata lanciata e l’esito è, purtroppo, assolutamente incerto.