OGGETTO: Pechino è pronta
DATA: 05 Settembre 2025
SEZIONE: Geopolitica
FORMATO: Analisi
AREA: Asia
Per la Cina, la parata militare ha un duplice obiettivo: mostrare le proprie capacità militari e la compattezza del suo popolo, così come la possibilità di far affidamento su partner strategici per sviluppare il progetto geopolitico orientale, che mira a creare un nuovo sistema internazionale in cui l’Occidente sarà costretto a subire la storia, invece di farla.
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Mercoledì 3 settembre a Pechino si è tenuta una parata militare per celebrare l’ottantesimo anniversario della conclusione della Seconda Guerra mondiale. XI Jinping ha ospitato circa una ventina di leader internazionali, tra cui, in prima linea, Vladimir Putin e Kim Jong-un. L’impero cinese ha sfoggiato le proprie capacità militari, mettendo in mostra dieci mila militari e diversi armamenti moderni. 

L’occasione era la commemorazione di un evento storico, la resa dell’Impero giapponese, che ha assunto con il tempo una rilevanza fondamentale per il destino cinese. Grazie a questo avvenimento, infatti, il centro delle dinamiche di potere asiatiche è diventato gradualmente Pechino, mentre Tokyo, soggetta all’influenza americana dopo la tragica disfatta, si è trasformata in un attore pressoché innocuo, con obiettivi minimalisti ed una visione puramente economicistica. XI è consapevole che il suo Paese si trova in un momento decisivo della propria storia, dove necessita di proiettarsi nel futuro con vigore, e questo messaggio è possibile trasmetterlo anche con una simbolica sfilata, che ci rimanda a tempi ormai dimenticati, in cui la forza militare era tutto, e rappresentava con grande chiarezza la salute di un popolo. 

La verità è che nel resto del mondo è ancora così, solamente in Occidente non lo è più. Chi crede che la storia sia finita non sente il bisogno di essere forte, non ritiene di dover fronteggiare delle sfide, e soprattutto non dà prerogativa alla sopravvivenza. Un attore artefice del proprio destino, sa che per competere con le altre potenze e per poter dominare il futuro degli altri popoli, la realtà non deve solamente viverla, ma specialmente farla, primeggiando in tutti i campi strategici. La parata di Pechino è sia dentro che fuori dalla storia: certo, la si può contestualizzare, interpretare e provare a spiegare, ma essa rappresenta anche una costante, che non ha né tempo né luogo, e rivela anche aspetti tragici della natura umana. Una collettività, per sopravvivere ha un assoluto bisogno di incutere timore, e di mostrarsi pronta a far uso della violenza, di essere in grado di padroneggiarla, se possibile meglio di tutti altri. Un concetto che secoli fa in Occidente era perfettamente chiaro, ma ad oggi non lo è, ed è naturale che osservare migliaia di uomini con alcune delle migliori armi presenti sul pianeta trasmetti un forte sentimento di paura. Specialmente se l’attore in questione ha una visione della vita e dell’esistenza umana totalmente differente, che risulta quindi incomprensibile da un punto di vista culturale. 

L’obiettivo della Cina è chiaramente quello di proporsi come protagonista dei prossimi grandi conflitti futuri, mostrando di detenere i sistemi d’arma più moderni, di produzione nazionale, e di essere in grado di competere con chiunque, sostenendo il proprio progetto geopolitico sia con la ricerca tecnologica, sia con l’utilizzo della forza, se necessario. XI ha espressamente riferito che il suo popolo non teme la guerra, anzi, è pronto ad imbracciare le armi e prestarsi al sacrificio per il bene della Repubblica. A colpire è sicuramente la grande varietà delle capacità belliche, con la messa in vista di carri armati di terza generazione, missili sottomarini ed intercontinentali, raffinati sistemi di difesa aerea e di tecnologia militare con cani e lupi robot e droni da combattimento. Pechino non solo è stata capace di rendersi altamente competitiva sia a livello terrestre che marittimo, ma facendo propria la lezione di Carl Schmitt in “Terra e Mare”, ha compreso la necessità di seguire le rivoluzioni spaziali planetarie, e di investire nella ricerca per poter dominare le nuove dimensioni in cui è possibile esercitare la propria potenza. Così la Cina si ritrova ora a primeggiare anche nel campo tecnologico e in quello dell’intelligenza artificiale.

Un’ulteriore esigenza è quella di inviare al mondo il messaggio che si è formato un asse che si contrappone all’Occidente, ed è pronto a ridisegnare la sicurezza globale. Si tratta di rapporti che vanno quindi al di là della mera cooperazione strategica, ma si registra l’intento di creare un nuovo ordine, forte dell’intesa tra le principali potenze mondiali e regionali orientali, come la Russia, la Corea del Nord, l’Iran e l’India. Con gli Stati Uniti in una condizione di estrema stanchezza derivata dalle gravose spese imperiali e vittime di un insistente pessimismo cronico, accompagnati da un’Europa impreparata e incapace di provvedere autonomamente alla propria sopravvivenza, si delinea il momento perfetto per iniziare a programmare una nuova mappa geopolitica intrisa di rapporti di forza che escludono l’Occidente, il quale sarà soggetto all’influenza e alla volontà delle nuove potenze che si ritroveranno a primeggiare nel nuovo sistema internazionale. È chiaro che per mettere in atto una tale rivoluzione degli equilibri di potere globali la guerra pare essere una tappa necessaria, a meno che non si verifichi un’implosione degli USA e conseguentemente della struttura che hanno creato, un’eventualità possibile quanto improbabile. 

Le grandi potenze però non possono affidarsi all’incertezza, ma necessitano di controllare sia ciò che hanno attorno, sia il loro destino. Per questo è opportuno prepararsi al meglio per il futuro conflitto che verrà. Allo stesso tempo, non è ammesso fare leva esclusivamente sulle proprie velleità, ma è doveroso allearsi con attori pronti ad aderire al nuovo progetto geopolitico, in cui potranno operare con una certa dose di autonomia qualora dovesse concretizzarsi una vittoria militare. Avere nemici comuni ed interessi strategici affini non implica l’assenza di differenze politico-culturali e storiche, le quali saranno le cause dei futuri contrasti che si trasformeranno in brutali scontri bellici. Questo perché come tragicamente menzionato in precedenza, la padronanza della violenza e la necessità di incutere timore sono una costante della natura umana, e determinano la storia. Quest’ultima è un alternarsi di periodi di pace e di guerra. L’uomo non è mai riuscito ad estirpare la lotta per la sopravvivenza, la quale continua a determinare i destini delle collettività.

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