OGGETTO: Breve storia trentennale degli Houthi
DATA: 26 Maggio 2025
SEZIONE: Geopolitica
FORMATO: Racconti
La situazione nello Yemen è calda, anzi caldissima. L’Operazione Aspides viene prorogata, e ci sono stati ulteriori attacchi e contrattacchi tra i ribelli Houthi e Israele. La regione rimane affacciata su un crocevia di primaria importanza per l’intero commercio navale internazionale, e quindi tutte le potenze con interessi nella regione sono in allerta. La crisi umanitaria è tragica, e non sembra esserci abbastanza spazio per una risoluzione nel breve termine.
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Nel Mar Rosso si naviga in piena tempesta, sia nella dimensione politica, che in quella militare. Dal punto di vista interno, il Governo dello Yemen riconosciuto a livello internazionale ha subito dei cambiamenti. Il 3 maggio il primo ministro Ahmed Awad bin Mubarak si è dimesso, affermando di non riuscire ad attuare riforme istituzionali, viene sostituito da Salem Bin Barik, ex ministro delle Finanze; mossa che ha dimostrato l’instabilità del Consiglio Presidenziale, formato nel 2022 per unificare le fazioni lealiste, ma che ora è diviso. L’Operazione Aspides procede nel suo monitoraggio del Mar Rosso, ed inoltre il Consiglio dell’Unione Europea ha esteso il suo mandato fino al 28 febbraio 2026. Come riportato da Reuters, il 22 maggio gli Houthi hanno intensificato gli attacchi, con missili balistici contro Israele, intercettati dalla contraerea di Tel Aviv. Lo scacchiere internazionale è ora in pieno clima di escalation, perché bisogna considerare che il controllo dello Yemen non è soltanto importante dal punto di vista del commercio marittimo, ma anche sul versante politico della regione, che, come abbiamo osservato, è in mutamento costante. In risposta agli attacchi a Tel Aviv, Israele ha condotto dei raid aerei su dei porti controllati dagli Houthi, mentre il presidente Trump concludeva il suo viaggio in Medio Oriente.

Ad oggi il conflitto in corso riguarda i ribelli Houthi (ufficialmente Ansar Allah), che sono un movimento sciita zaidita che è sorto negli anni Novanta nel Nord-Ovest del paese, nei pressi di Sa’dah, e il Governo dello Yemen, relegato al Sud, riconosciuto dall’ONU. I ribelli in questione ebbero molta influenza nella Primavera araba del 2011, e sfruttarono la fragilità del Governo del sud per consolidarsi. A seguito dello scoppio del conflitto israelo-palestinese ad ottobre 2023, il 19 novembre dello stesso anno la situazione esplode: attacchi Houthi colpiscono navi commerciali in transito nel Mar Rosso, e la nave Galaxy Leader viene sequestrata, prendendo in ostaggio i 25 membri dell’equipaggio, rilasciati il 24 gennaio di quest’anno. Le azioni dei ribelli misero in crisi il commercio mondiale, poiché le compagnie di navigazione non possono prescindere dall’utilizzo di questo mare per passare nel Canale di Suez. In un articolo del 19 dicembre 2023, un mese dopo l’attacco, Al Jazeera riportò che gli Houthi non si sarebbero fermati se i crimini israeliani contro i palestinesi non fossero cessati. L’allora Segretario alla Difesa USA Lloyd Austin – facente parte dell’amministrazione Biden – aveva annunciato la creazione di una coalizione per proteggere il commercio nel Mar Rosso – Operation Prosperity Guardian – tra cui figuravano Stati Uniti, Italia, Francia, Regno Unito e altri. Nel mentre le rotte di navigazione vennero deviate e le navi costrette a passare per Capo di Buona Speranza, circumnavigando l’Africa. Le prime azioni in un’ottica di intervento nella crisi del Mar Rosso avvengono a gennaio 2024, in particolare il 10, quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 2722 condanna gli attacchi, e l’11 Londra e Washington iniziano a bombardare postazioni dei ribelli nello Yemen con il sostegno logistico di altri paesi. Il mese successivo, il 19 febbraio l’UE annuncia l’Operazione Aspides (EUNAVFOR ASPIDES), al fine di proteggere la navigazione nel Mar Rosso, con il proprio comando strategico in Grecia, e il comando operativo in Italia. A condurre l’operazione il contrammiraglio Vasileios Gryparis della Marina militare ellenica, mentre il contrammiraglio italiano Stefano Costantino a guida della forza navale.

Questo territorio nel corso del XX secolo, è stato al centro di passaggi di potere, costruzione di apparati politici e scontri tra fazioni interne, e la sua posizione geografica lo rende un punto strategicamente cruciale. Lo Yemen è situato nell’estremo Sud della Penisola araba, ed il paese è unito soltanto dal 1990. La parte meridionale del paese è stata prima una colonia di Londra e poi fece parte della Federazione dell’Arabia Meridionale, un’organizzazione di stati sotto il protettorato britannico. La parte settentrionale era invece un regno indipendente, rovesciato nel 1962, da un gruppo di nazionalisti ispirati a Nasser, e nacque la Repubblica Araba dello Yemen. Nel Sud invece nel 1967 venne creata la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, unico paese marxista del mondo arabo. Con l’inizio del disgelo e la fine della guerra fredda, i due stati iniziarono un processo di avvicinamento, che culminò con l’unificazione nel 1990; ma solo quattro anni più tardi, le truppe del sud volevano separarsi di nuovo, in risposta le forze del nord riuscirono a prevalere, e da quel momento si creò uno spaccato vero e proprio, con il nord che consolidava il proprio potere, mentre nel meridione cresceva il malcontento e iniziarono a crearsi movimenti separatisti, come il gruppo al-Hirak al-Janoubi (“Movimento del Sud”). Nel 2017 inoltre viene istituito il Consiglio di Transizione del Sud (STC), che riunisce gruppi separatisti del Sud e che nasce da una parte del movimento al-Hirak. Due anni dopo, nel 2019, dopo diversi scontri tra le forze del STC ed i lealisti del Governo dello Yemen, venne firmato un accordo a Riyad, che prevedeva l’entrata delle forze separatiste nel Consiglio Presidenziale di Transizione (PLC), ma de facto questo accordo non è mai stato attuato al suo massimo.

Roma, Maggio 2025. XXVII Martedì di Dissipatio

Nel 2015, con un colpo di stato, i ribelli Houthi conquistano la capitale Sana’a, il presidente Hadi fugge prima a Aden e poi in Arabia Saudita. In sostegno al Governo dello Yemen riconosciuto dall’ONU intervenne lo stesso anno una coalizione di paesi arabi guidati dai sauditi per contrastare i ribelli Houthi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Giordania e molti altri. L’intervento saudita si rivelò più arduo del previsto e si trasformò in un conflitto prolungato che dura ancora oggi. Nel 2022 Hadi si dimette trasferendo i poteri al PLC e Riyad dichiara di voler cessare le ostilità e la sua politica di intervento attivo e si mostra disposta a promuovere iniziative diplomatiche, con la volontà di investire nella ricostruzione, con il Saudi Development and Reconstruction Program for Yemen (SDRPY), programma lanciato nel 2018, fondato tramite decreto reale dal sovrano saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud. Come riporta Amnesty international Italia, ci sono stati diversi attacchi sauditi che hanno colpito abitazioni civili, scuole e ospedali, utilizzando anche bombe a grappolo, che sono vietate, commettendo quindi crimini di guerra. Un rapporto del Parlamento Europeo del 2021 evidenzia i crimini commessi dagli Houthi nello Yemen, tra cui reati di tortura, di violazione dei diritti umani e di utilizzo di mine in modo casuale, che sono esplose vicino a strutture civili e religiose. È chiaro che il conflitto in questione è molto caldo ed entrambe le parti hanno utilizzato tecniche che violano le leggi internazionali. La crisi umanitaria dello Yemen è una delle più gravi al mondo, il World Food Programme (WFP) riporta che 19,5 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria e circa 17 milioni soffrono di insicurezza alimentare. L’UNICEF segnala che un bambino su due sotto i cinque anni è affetto da malnutrizione acuta, e circa 4,8 milioni di persone sono sfollate a causa del conflitto. Anche il sistema sanitario è al collasso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2024 ha dichiarato infatti che il 46 per cento delle strutture non erano operabili, e sono stati registrati anche focolai di colera, oltre alle enormi difficoltà a far arrivare gli aiuti.

Un altro fattore da tenere in considerazione è che molti paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti, sono convinti dei legami che gli Houthi intratterrebbero in modo informale con l’Iran, anche in virtù dell’affinità religiosa, in quanto il paese è a maggioranza musulmana sciita. Come riporta Reuters, il primo maggio di quest’anno il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha accusato l’Iran di sostenere i ribelli Houthi, minacciando conseguenze per questo supporto. Teheran ha sempre negato. Sottovalutare le tensioni, dunque, in atto nello Yemen sarebbe un gravissimo errore, anche considerando che il Canale di Suez rappresenta all’incirca il 12 per cento del traffico mercantile mondiale, ed il 30 per cento del traffico di container, di fatto il punto di navigazione più importante al mondo, di cui il Mar Rosso è il bacino naturale d’ingresso ed uscita. Una cosa appare chiara: Washington e l’Occidente continuano a essere ciechi, lasciando che si compiano crimini contro la popolazione civile – non solo in Yemen – e soprattutto dimostrando la totale impreparazione dell’amministrazione Trump, che da quando si è insediata ha soltanto abbaiato da dietro un cancello.

I più letti

Per approfondire

Massima pressione nel Mar Rosso

Gli Stati Uniti hanno attaccato lo Yemen, causando perdite umane alla popolazione ed indebolendo strategicamente gli Houthi, così come l’Iran, che ora si trova sotto pressione sia nel Mar Rosso che nello spazio mediorientale, a causa della ripresa dei bombardamenti su Gaza.

«Lo Yemen continuerà a essere lo Yemen, come è sempre stato nella Storia, depositario di divisioni politiche e sociali, ma anche di una fortissima identità». L’Ambasciatore Mario Boffo sul futuro di Sana’a

«Per l’Iran lo Yemen è importante. La presenza di un forte alleato permette a Teheran una sorta di “testa di ponte” alla frontiera dell’Arabia Saudita, un importante controllo del Mar Rosso, la sussistenza di un’ulteriore base nell’azione di contrasto a Israele. Tuttavia, la presenza iraniana dovrà tener conto delle esigenze autonome degli houti nel voler essere parte importante dello Yemen, comunque il paese esca dalle lunghe crisi dell’area.»

Colpo grosso nel Mar Rosso

La risposta americana agli attacchi dei ribelli Houthi è stata sinora molto debole. La tanto decantata coalizione internazionale non ha ottenuto i risultati sperati per un motivo principale: molti fra gli alleati arabi temono di essere visti come filo-israeliani.

Abu Ali contro tutti

Il numero due degli houthi, Abdullah Yahya al-Hakim, detto Abu Ali, è il responsabile della linea dura radicale contro i “nemici”. Ufficialmente a capo dell’intelligence militare, è stato dato per morto più volte dai servizi segreti sauditi. Oggi mantiene un profilo basso, pur coordinando ancora la tattica nel Mar Rosso e nelle aree limitrofe.

Il ritorno della guerra ai pirati

Il conflitto fra gli Stati Uniti e gli Houthi dello Yemen, sostenuti strategicamente da Teheran, continua senza sosta, e non sembrano esserci possibilità di una sua rapida conclusione nel breve periodo; la volontà americana è quella di incrementare la pressione imposta all’Iran, come dimostrato anche dallo spostamento dei bombardieri stealth B-2 nella base militare di Diego Garcia nell’Oceano Indiano.

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