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Uno scrittore sulla Lubjanka

La storia del romanziere più letto dall'intelligence russa - Victor Pelevin - è tutta da raccontare. Così come sono da leggere i suoi libri.
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L’ossessione di Victor Pelevin per la Lubjanka – l’ex quartier generale del KGB sovietico, che è onnipresente nel suo lavoro da romanziere e che ora ospita il quartier generale dell’agenzia di intelligence interna, il potente FSB – è in realtà reciproca. Le spie russe lo adorano e trovano nei suoi protagonisti, spesso maleducati e volgari, ma sempre dominanti e vittoriosi, una fonte di orgoglio professionale e prestigio sociale.

Dicono che si trovi in Thailandia. Non esistono sue interviste o foto recenti. Sappiamo però che una volta all’anno, con la casa editrice  Eksmo, una delle più rinomate della Russia, pubblica un libro. L’ultimo si intitola KGBT+ ed è la storia di un giovane uomo che incontra un monaco buddhista, reincarnazione di un vecchissimo saggio, e attraverso di lui riesce a vedere la sua vita passata, in un mondo cyberpunk dov’egli era un famoso “beater”, ovvero uno di quelli che oggi verrebbero definiti rapper.

Insomma, l’immagine che Victor Pelevin vuole dare di sé è quella di un riservato e schivo scrittore. Molto più a suo agio fra le quattro mura del suo bar preferito nella periferia cittadina, che non ai firma copie o sotto le luci della televisione. Pelevin è un personaggio cult in Russia, di lui si conosce l’atteggiamento distaccato, da uomo che vive consapevolmente la sua condizione post-moderna. Non è impossibile da incontrare, a patto di ricevere la dritta giusta. Ma da quando ha compiuto sessant’anni, pochi mesi fa, si dice stia guadagnando in scontrosità e perdendo in affabilità.

Solo quando l’URSS era prossima all’implosione, Pelevin era più spensierato. Sono i primissimi anni Novanta quando fa l’unica scelta utile: mollare gli studi d’ingegneria per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. È in quel momento che diventa ciò che voleva essere. La libertà non se la deve conquistare, non deve contrattare troppo con gli editori per ammorbidire alcuni contenuti troppo spinti, o per affievolire la sua timidezza. D’altronde si parla degli anni Novanta, in Russia, un momento storico indimenticabile in entrambi i sensi: l’originalità era il fondamento richiesto di qualsiasi ragionamento o attività artistica che volesse essere presa sul serio. 

Omon Ra, La vita degli insetti, Babylon e il Mignolo di Buddha escono tutti in questo periodo, che lo consacra come uno degli autori più rilevanti a cavallo fra i due secoli. Sono gli anni in cui Pelevin cerca, con successo, di mischiare nei suoi lavori elementi propri della tradizione letteraria russa, e in particolare il tema degli “ultimi” che trova in Gogol il suo apogeo, con il post-modernismo che a nulla crede e che a nulla dà importanza. L’unica àncora di salvezza è data dalla filosofia orientale: un buddhismo visto come chiave della felicità, o di quello che più le si avvicina. Condizione che nella Mosca del capitalismo senza freni – sotto Eltsin – viene venduta, invece che vissuta. Altra influenza senza cui Pelevin non avrebbe conquistato la sua prosa è quella di Bulgakov, che con “Il Maestro e Margherita” aveva aperto le porte russe al realismo magico. 

Della sua opera in Italia si trova molto, ma solo delle sue pubblicazioni passate. Ultimamente, però, Pelevin ha preso una piega interessante, che quasi lascia intravedere un principio di rifiuto stanco, stavolta rivolto non verso la “condizione”, ma nei confronti della “narrativa”. Da “IPhuck 10”, uscito nel 2017, ma specialmente con “Transhumanism Inc.” e “KGBT+”, usciti rispettivamente nel 2021 e 2022, si comincia a notare un cambio di direzione che dovrebbe interessare. Se anni fa in Pelevin si trovava una fedele, ma ironica, rappresentazione dell’uomo russo degli anni Novanta, permeato di arrivismo e confusione, oggi ne è possibile scorgere unicamente le ironiche frustrazioni. Tutte ambientate in un unico e coerente universo, fatto di psicotecnologie, arcaico-futurismo e femminismo brutale e brutalizzante.

Con IPhuck 10 Pelevin ci porta in una metanarrazione di un romanzo omonimo. IPhuck 10 è infatti anche il titolo del romanzo di maggior successo di Porfiry Petrovich, nome dell’algoritmo adoperato in un futuro imprecisato dalla polizia russa per trovare i criminali. Petrovich compie in autonomia le indagini, poi illustra i risultati in un libro che le forze dell’ordine dissezionano più in fretta che possono. Iphuck 10 è anche il nome di un sex toy, uno dei più popolari in una realtà dove le persone non possono fare più sesso a causa di un virus. Pelevin cerca di capire cosa accadrebbe se un oscuro critico d’arte dovesse mettere le mani su Petrovich. E in che modo la situazione geopolitica influirà sulla (meta)storia, in un mondo costituito dalla regione “Pace”, la nuova Confederazione (successori degli USA), dal Califfato europeo, dalla superpotenza d’estremo Oriente, e infine dalla Russia.

Transhumanism Inc. descrive invece un mondo totalmente “green” e post-carbonico dove le persone ricche potranno separare il proprio cervello dal corpo invecchiato e vivere quasi per sempre in una speciale dimensione “barattolo”. I leader, gli oligarchi mondiali, e gli architetti dell’ordine mondiale hanno tutti scelto di conservarsi in questo modo. Una possibilità ad uso e consumo unicamente di chi potrà permettersela. Chi e come combatterà per il potere in questo mondo marchiato dalla vittoria del matriarcato? A cosa aspirerà il popolo? Quali saranno i problemi intergenerazionali quando non ci saranno abbastanza lettere per le generazioni? E soprattutto, come sarà l’amore?

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