OGGETTO: Una dieta mortale
DATA: 11 Dicembre 2023
SEZIONE: Storie
FORMATO: Racconti
Un club è per sua stessa intima natura esclusivo, tanto più se promette una felice vita eterna ai propri illuminati. Scordatevi però costosi tesseramenti e nerboruti gatekeepers perché al Club Zero si accede solamente attraverso diversi livelli di consapevolezza frutto d’una rigida auto-disciplina. Così l'ultimo film di Jessica Hausner mette in scena quel mix di scientismo e spiritualità New Age che accomuna parecchi movimenti pseudoprogressisti dei nostri giorni.
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Club Zero è una di quella pellicole inclassificabili che stanno a cavallo tra diversi generi, ma è proprio nella sua studiata giustapposizione di thriller, dramma, commedia amara e sprazzi d’horror, da cui scaturisce il taglio sociologico tipico della cinematografia della regista austriaca. Come nel recente Little Joe, Club Zero ci introduce subito dentro una post-moderna e discreta cittadina nordeuropea: un anonimo quanto esclusivo college dove ricchi genitori affidano l’educazione dei propri figli (davvero) unici a uno sceltissimo e progressista corpo docenti. All’interno d’un asettico ambiente dal geometrico design gli studenti, rigorosamente vestiti in inclusive quanto inguardabili giallognole divise unisex, praticano le più disparate attività secondo un modello didattico di chiaro stampo americano.

Quando la nuova insegnante Novak (l’ineffabile Mia Wasikowska di Maps to the Stars) presenta il corso sull’Alimentazione Consapevole per cui è stata assunta su precisa indicazione del consiglio di classe, un ristretto gruppo d’alunni decide spontaneamente di parteciparvi. Sebbene le motivazioni siano disparate, emerge immediatamente l’ansia di fondo che attanaglia le nuove generazioni: c’è chi infatti ammette di voler migliorare l’autocontrollo o la forma fisica; chi desidera semplicemente avere più energia o diminuire lo stress; chi, invece, vuole rispettare l’ambiente e chi, più prosaicamente, ottenere i crediti necessari alla borsa di studio. Tutte motivazioni razionali e giustificate che l’angelica professoressa asseconda guadagnandosi in fretta la fiducia e la stima dei propri alunni.

L’Alimentazione Consapevole d’altronde ha tutte le carte in regola per fare breccia nelle menti adolescenziali di questo gruppo di studenti figli di famiglie radical-chic e, non a caso, l’unica vera “resistenza” proviene proprio dal rappresentante della classe media; presto annichilito da un’energica pressione a tenaglia costituita dall’esempio fornito dal resto del gruppo e, in particolare, dalla ragazza (anoressica) da cui è attratto e dall’intervento della preside che minaccia un suo ritorno alla scuola pubblica per “mancanza d’impegno”. L’Alimentazione Consapevole, evoluto mix di yoga e dieta, d’altronde si presenta fin da subito come materia attrattiva per dei giovani imbevuti di un’infarinatura d’ecologismo da social; un semplice metodo di mangiare ponderato per cui diventa necessario riflettere prima d’ingoiare ogni singolo boccone, prendendo una lunga pausa-respiro che, non solo promette di ridurre la quantità di cibo assunto alla dose più opportuna, ma anche di combattere il consumismo e l’industria alimentare dannosa per l’ambiente.

L’autofagia – ovvero la capacità delle cellule di “auto-cannibalizzarsi” eliminando le tossine dal corpo in seguito a digiuni e rigorose diete – sembra davvero funzionare. Gli entusiasti “discepoli” ottengono inizialmente dei successi grazie alla rigorosa disciplina mangereccia e, sebbene i distratti genitori rimangano perplessi dal cambiamento a tavola dei propri figli, sono comunque soddisfatti del rapporto che l’insegnante ha instaurato con loro; ma questo però è solo il primo stadio. Il passo successivo richiede di seguire una dieta vegetale mono-prodotto, eliminando ogni alimento superfluo come necessario balzo verso una consapevolezza superiore. S’inizia così a manifestare l’aspetto settario d’una lezione che assume presto le forme d’un attualissimo miscuglio di meditazione e scienza, o meglio, di spiritualità e scientismo. Seguendo inesorabilmente il corso i ragazzi diventano oggetto d’un vero e proprio gaslighting da parte della “cattiva maestra” che, facendo leva su inappuntabili verità – la dannosità d’un eccesso di zuccheri e cibi industrialmente processati, l’inutilità di periodiche quanto drastiche diete – inizia a manipolarne le menti fino ad affermare che sia possibile vivere senza mangiare. Di fronte allo sconcerto degli studenti che, facendo appello al buon senso e a ogni convinzione condivisa fino ad allora, timidamente ribattono che «se non mangiamo diventiamo deboli e poi moriamo», la Novak prontamente ribatte che «ci vuole fede!», manifestando così la volontà settaria dell’insegnante che vuole attirarli all’interno del misterioso Club Zero, dove zero sta per il numero di calorie assunte, prospettandogli un futuro radioso per coloro che avranno la forza di seguirla fino in fondo.

La Novak stessa infatti da accreditata educatrice, erede della tradizione illuministica, rivela così la propria natura di guru che adora una non bene specificata ed esoterica Madre Natura di fronte al proprio nascosto tabernacolo. Tutte le schede informative e le nozioni chimico-fisiche sugli alimenti che insegna alla classe sono ben documentate e empiricamente provate ma, come del resto è riscontrabile in molti dei movimenti populisti e pseudoprogressisti dei nostri tempi, quando s’impasta un pericoloso miscuglio di sapere ed ideologia atto a dimostrare un teorema che la scienza ufficiale non è in grado di confermare, quest’ultima viene scomunicata in favore d’un approccio puramente fideistico.

Inizia così il martellamento manipolatorio per conquistare le menti dei suoi studenti, un processo che segue invariabilmente le medesime tecniche utilizzate nel passato da ogni proditorio santone. Per prima cosa occorre separare gli adepti dal resto dei loro compagni, rendendoli consapevoli d’una verità che agli altri – la maggioranza – è negata: il cibo fa male sia al corpo che allo spirito e all’ambiente. Poi occorre porli in contrapposizione con la famiglia  – origine dell’esperienza condivisa – che diventa luogo di narrazioni tossiche e fonte stessa dei mali con cui la società ha plasmato il mondo. Infine arriva il rifiuto di ciò che si è imparato finora poiché la “rivelazione”, per sua stessa natura, viene offerta solo a pochi eletti. Così, mentre due alunni abbandonano il corso rafforzando la coesione del gruppo, si moltiplicano gli elementi settari a cui l’insegnante ricorre: il simbolo da sfoggiare che distingue gli adepti dagli altri; il fasting tea  con il suo faccione in bella mostra sulla scatola e, il più potente di tutti, il senso di colpa se si trasgredisce la “dottrina alimentare”.

A ben vedere vi fu un asceta chiamato Prahlad Jani che, contrariamente a ogni evidenza biologica, visse da eremita senza cibo né acqua per ottant’anni in seguito a un’esperienza mistica durante la quale la sua lingua venne toccata dalla dea indù Amba. Il vecchio santone fu studiato due volte in ospedale da un’equipe medica che lo tenne in osservazione senza ottenere risposte definitive, eccetto che per l’ottimo quanto inspiegabile stato di salute dell’anziano indiano. Ma Jani per quanto venerato non fece mai proseliti né sostenne fosse possibile replicare la sua condizione, a differenza della “demoniaca” professoressa Novak.

Club Zero infatti non fa altro che mettere in scena quella corrente New Age, che unisce dieta a spiritualità – d’altronde l’Alimentazione Consapevole esiste davvero, anche se in versione meno estrema – trovando terreno fertile in un Occidente sempre più irrazionale e desideroso di risposte, in cui si presta maggior cura al corpo piuttosto che all’anima.

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