Intervista

Una, cento, mille Libropolis

Alessandro Mosti (Presidente), Sebastiano Caputo (direttore editoriale) e Lorenzo Vitelli (direttore artistico), chiacchierano sul futuro di Libropolis. Come è cambiato il festival in questi anni e come vuole rinnovarsi? Perché renderlo itinerante nella città Pietrasanta? E soprattutto in che modo verrà esportato in altre regioni?
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 1) Un’edizione, questa, sopra ogni aspettativa. Come spiegarlo? Perché?

Alessandro: Mi vengono in mente almeno due ragioni. Anzitutto, iniziamo a vedere i frutti di un lavoro iniziato nel 2017, quando nacque l’idea di Libropolis: da allora, ci siamo affermati come un festival autorevole, trasversale, uno spazio di riflessione in cui fermarsi a ragionare sulle dinamiche della modernità, senza dogmatismi o preconcetti. Sin dalla prima edizione, l’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di dare un piccolo contributo alla formazione di una maggiore coscienza e consapevolezza circa la complessità della contemporaneità e del futuro che ci attende. Oggi vediamo i risultati di questo lavoro. In secondo luogo, quest’anno il panel dei relatori era davvero di assoluto livello. Difficile lasciarsi scappare l’occasione di sentir parlare personaggi come Cardini, Ventura, Castellani, Fazi, Guzzi, Ercolani, Ricolfi, Guerri, Zhok, Ferretti, Galli, Velasco, Mughini e Solinas e i tanti altri che hanno animato il dibattito nella tre giorni del festival, in nome di una trasversalità culturale che pochi festival hanno e che solo un cieco potrebbe non vedere.

Sebastiano: Personalmente credo si sia trattato di un miracolo. E i miracoli esistono per chi ci crede. Venerdì pomeriggio, finito di allestire il Chiostro di Sant’Agostino, poco prima che aprissimo le porte ai visitatori, ho pensato che quest’anno avremmo avuto una partecipazione bassa rispetto alle altre edizioni. Invece è successo il contrario. Da venerdì a domenica, il Chiostro era sempre pieno, così come le sale che ospitavano (con distanziamento) gli eventi, da quelli maggiori a quelli minori. E non erano pochi: tre in contemporanea ogni ora e mezza per un totale di quasi 220 posti a sedere. Sono d’accordo con Alessandro sulla qualità dell’offerta culturale ma aggiungo un fattore che è decisivo: Libropolis è un festival autorevole, con dei lettori forti, che si sentono a casa, e ogni anno non vogliono mancare a un appuntamento che li vede protagonisti. In qualità di fondatore e direttore responsabile de L’Intellettuale Dissidente, che è “media partner” dell’iniziativa, credo che questa rivista abbia giocato un ruolo primordiale nella formazione delle coscienze critiche e soprattutto nella creazione di un vero e proprio movimento di idee e di persone.

Lorenzo: L’idea di dare un tema all’edizione, e quindi organizzare di conseguenza un programma, cercando di creare un nesso tra gli eventi, presentazioni e conferenze, è stata vincente. Libropolis sta diventando un grande caleidoscopio, che attraverso ospiti e editori, ci permette di guardare la realtà. Libropolis non è fuori dal mondo, non è un momento di sospensione del tempo, dove gli ospiti vengono per farsi i complimenti a vicenda e per scambiarsi premi e onorificenze – non è un festival autoreferenziale, ideologico, ripiegato su se stesso. Le persone lo sentono, sentono che qui c’è spontaneità, che nasce tutto dal basso, per mano di pochi e con poche risorse. Questa spontaneità paga, perché ci permette di essere più aderenti alla realtà, ai problemi che interessano veramente quella “maggioranza silenziosa” che altrove è poco rappresentata. 

2) Com’è cambiata Libropolis in questi anni?

Alessandro: Devo riconoscere che la manifestazione è cresciuta davvero molto, soprattutto se si pensa che –  a differenza di tutti i festival più importanti – non abbiamo alle spalle fondazioni bancarie, compagnie assicurative, ministeri e grandi sponsor. Rispetto alla prima edizione, ad essere migliorata è anzitutto la qualità degli editori presenti al festival. Libropolis è un festival dedicato alla valorizzazione di quegli editori che praticano questo mestiere con un riguardo artigianale, con la cura e l’attenzione di chi nel libro non vede soltanto un bene di consumo, ma soprattutto un bene immateriale. Sono quei piccoli e medi editori che si sforzano di arricchire il panorama editoriale italiano, che si impegnano nella ricerca di nuovi autori o nella riscoperta di classici dimenticati, che propongono e reinventano generi e lingue, ciascuno con una propria offerta culturale dentro la filiera del libro. Ecco, devo dire che già con l’edizione 2019, e ancor più con l’edizione 2020, la qualità dell’offerta editoriale è davvero cresciuta, con la partecipazione di editori di grande pregio, come Atlantide, Lindau, Mimesis, Edizioni dell’Asino, 66thand2nd, che si vanno ad aggiungere agli editori che sin da subito hanno creduto al nostro progetto, come GOG, Bietti, La Vela e Il Cerchio. Anche per quanto riguarda i relatori, la crescita è stata notevole, come dicevo prima. Ma soprattutto –  ed è quello che più conta –  il successo di pubblico è stato crescente, edizione dopo edizione. A dimostrazione del fatto che c’è una profonda necessità e voglia di comprendere, di analizzare, di fermarsi un attimo e riflettere, di coltivare l’arte del dubbio. E questo è per noi il motivo di maggiore soddisfazione.

Sebastiano: Sì, è così. Quest’anno poi il comune di Pietrasanta ci ha consentito di usare anche la Chiesa Annunziata, un luogo mistico, prestigioso, straordinario, allestito magnificamente dagli architetti del “Design Week Fest”. Mi domando se non ci fosse lo stato di emergenza dove avremmo messo tutte quelle persone. Stiamo crescendo, è un dato di fatto. Nella proposta come nell’organizzazione. Il Comune di Pietrasanta è dalla nostra parte. Se continua a crederci quanto noi credo andremo molto lontano insieme. 

Lorenzo: L’esperienza maturata in 4 anni di fiera, nonostante ci sentiamo ancora dei novizi nel mondo fieristico, ci ha permesso di aggiustare il tiro. A livello di organizzazione, di logistica, di grafica, di programma, di interfaccia con le istituzioni, con gli sponsor, con associazioni affini. Di cambiamenti, e di progressi, se ne sono fatti diversi, ma l’idea di fondo però è sempre la stessa, quella azzardata ma audace, di rompere il monopolio dei grandi festival nelle grandi città, così come i privilegi delle grandi case editrici.

 3) Il Chiostro di Sant’Agostino inizia ad essere “stretto”. Quali prospettive in città? Come aggiornare il festival in base alle possibilità che offre la città? Avete pensato a sfruttare altri spazi del comune?

Alessandro: Si, stiamo ragionando con il comune su questo aspetto. L’obiettivo è quello di un festival diffuso in tutta Pietrasanta. Ma ci sono “pro” e “contro” da valutare con attenzione. Libropolis è un festival che ha avuto una crescita costante, ma sostenibile. Non abbiamo mai fatto il passo più lungo della gamba. Continueremo seguendo questa logica.

Sebastiano: Quel fine settimana, quasi tutte le strutture alberghiere di Pietrasanta erano occupate da ospiti e visitatori. Così come i ristoranti e i bar. Anno dopo anno, la città inizia a vivere anche del Festival. Per questo la città deve aprirsi ancora di più. Non mancano gli spazi, dalla piazza principale al teatro comunale ad altri luoghi di Pietrasanta. Ed essendo tutta pedonale la città si presta perfettamente a un festival itinerante, in cui eventi e stand, si disseminano un po’ ovunque.

4) Eventi ed editori. Un connubio perfetto ma come aggiornare questo Format per ampliare l’offerta culturale?

Alessandro: Questa sarà la vera sfida delle prossime edizioni: consolidare questo successo, ma al contempo rinnovare un format che ha riscosso grande interesse, rendendo Libropolis una realtà nel panorama (invero asfittico) dei festival culturali in Italia, senza però snaturarlo nelle sue caratteristiche principali. Anche qui sono necessarie delle riflessioni. Idee ne abbiamo tante, anche ad esempio ampliare i temi oggetto del festival, aprendoci non solo alla saggistica, ma anche alla poesia, al cinema, alla musica. Vediamo…

Sebastiano: Da anni sogno di inventare un “Premio”, con una giuria scelta da noi, che sia letterario, giornalistico, cinematografico, musicale, documetaristico. Sarebbe bello trovare un grande sponsor che dia il nome del Premio, magari un marchio nazional-popolare. E poi sì, concerti, proiezioni, pièce teatrali. Tre giorni rischiano di esser pochi in questo caso, se necessario lo porterei a cinque giorni.

Lorenzo: Quello che ci sembra necessario, adesso, è moltiplicare i registri culturali. Non più solo conferenze frontali, ma anche laboratori di approfondimento su determinati temi, con la possibilità di aprire dei dibattiti con gli ospiti, letture in spazi aperti, rassegne cinematografiche, musica dal vivo.  

 5) Libropolis sembra un modello esportabile tanto che molti operatori sul territorio nazionale stanno avanzando proposte per portare il festival nelle loro città. Ci date qualche soffiata? 

Alessandro: Si, le richieste di esportare Libropolis sono sempre di più. Non voglio apparire noioso, ma anche qui…occorre valutare. Soprattutto la serietà dei potenziali organizzatori. Basta poco per giocarsi quella credibilità che negli anni ci siamo costruiti. E organizzare un festival non è banale. Ad ogni modo, la volontà c’è. Nella mia testa, il futuro è un festival diffuso a Pietrasanta e altre 3 edizioni: al Nord (magari in montagna), una al Centro e una al Sud.

Sebastiano: Pietrasanta è e deve rimanere l’epicentro di questo terremoto culturale. Libropolis ormai è un marchio, un brand, un crocevia che ha visto passare in questi quattro anni scrittori e intellettuali di altissimo profilo. Come ogni marchio deve essere esportato anche fuori dalla Toscana. Fuori dalle grandi città, nelle province possibilmente. Dove c’è bellezza, esuberanza e volontà di potenza. Arrivano tante richieste in questa direzione, faremo dei sopralluoghi già nelle prossime settimane. Ma saremo molto vigili e rigorosi.

Lorenzo: Piccoli editori che emergono per la qualità dell’offerta, in piccole città che risplendono per la bellezza del loro patrimonio, tanti ospiti noti che attraggono il grande pubblico e che spostano i riflettori dai soliti centri della cultura a zone laterali: Libropolis ha tutte le carte in regola per diventare un festival itinerante, che abbia luogo almeno quattro volte l’anno in quattro piccoli centri sparsi per l’Italia. Siamo convinti che i problemi legati all’attualità, alla politica, alla cultura, si possano guardare e affrontare meglio dalla provincia che dal centro. Cambiare la prospettiva sulle cose. Quindi sì, siamo pronti a esportate questo format anche in altre piccole città. Ci stiamo lavorando e abbiamo già messo in moto la macchina organizzativa, ma per il momento stiamo parlando solo di ipotesi, a breve potremo fornire qualche indizio in più. 

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