Molto è stato detto intorno al caso di Ilaria Salis. Da questo molto ognuno ha tratto le sue conclusioni, ha fatto i suoi calcoli e si è fatto un’idea – chiara o confusa, semplice o raffinata – di quale sia la reale portata di un evento che, in sé e per sé, non ha nulla di particolare o di inedito. La doverosa premessa di queste poche righe deve essere inequivocabile: non si parlerà della legittimità o meno dell’operato della magistratura Ungherese, né tantomeno dell’innocenza o della colpevolezza dell’educatrice.
Non parleremo neanche della vittima (o delle vittime) dei pestaggi, né delle parziali incongruenze tra le deposizioni dei due imputati. Ciò che si cercherà di analizzare è un evento, per così dire, collaterale a tutta la vicenda, un’evoluzione – questa sì – particolare, non inedita, ma rara, che porta questa vicenda proprio dove – nelle intenzioni di qualcuno – doveva arrivare: nella tribuna politica. Partiamo da lontano.
Il 2 luglio 2022, dopo un avvicinamento partito a gennaio, Sinistra Italiana ed Europa Verde costituiscono la lista Alleanza Verdi e Sinistra, una congiunzione che propone un’ideale punto di raccordo fra la sinistra progressista e le istanze ambientaliste, coagulate intorno a due personaggi dalla lunga e – per così dire – onorata militanza: Angelo Bonelli, geometra ed erede unico di Europa Verde, e Nicola Fratoianni, protègè di vecchia data di Nichi Vendola. Uno dei lati più affascinanti e produttivi della politica democratica italiana è il continuo avvicendarsi di sigle e liste, partiti e partitini che fanno capo ad un valzer pressoché infinito di personaggi che compaiono e scompaiono scavalcando barriere che sembravano invalicabili e stringendo alleanze che sembravano impossibili fino ad un’elezione fa.
In tal senso, bisogna riconoscere a Bonelli e Fratoianni quantomeno una certa dose di coerenza: hanno sempre fatto agito in veste di liste sussidiarie, non hanno mai tradito in maniera palese le premesse ideologiche dei rispettivi partiti e si sono permessi anche il lusso di rifiutare collaborazioni con elementi che non gli andavano a genio, come ad esempio Calenda. Una tale coerenza ideologica è senz’altro lodevole, ma la politica non si fa – purtroppo – solo con le idee.
È fondamentale infatti che ci sia un equilibrio tra le premesse ideologiche di un partito e l’immagine che questo da di sé, per riuscire ad intercettare più voti possibili, bisogna essere riconoscibili e fare sentire la propria voce in maniera incontrovertibile nelle diatribe che infiammano il paese.
In questo senso AVS ha attivato quello che può essere considerato un vero e proprio modus operandi: candidare personaggi. In barba proprio a ciò che lo stesso Fratoianni aveva detto contro Calenda (“la politica non si fa con le figurine”) sembra proprio che AVS abbia un ampio album dal quale pescare.
E se con Ilaria Cucchi al Senato il gioco è riuscito alla perfezione – vuoi per la caratura del personaggio, vuoi perché già Ingroia l’aveva presentata nel 2013, vuoi per l’enorme presa che la storia di Stefano Cucchi ha sull’elettorato – la candidatura di Aboubakar Soumahoro ha causato un enorme rovescio nella credibilità del movimento, per le ben note vicende giudiziarie dell’ex sindacalista.
Ora, il tentativo di candidare Ilaria Salis alle europee, salutata con freddezza praticamente ovunque, sembra essere un errore madornale, frutto di calcoli clamorosamente sbagliati. Se l’intenzione è quella di intercettare voti dai movimenti giovanili di sinistra, potrebbe anche funzionare, ma le conseguenze per Ilaria stessa, come puntualizza Travaglio in uno stringato ma efficace commento, potrebbero essere pesanti. Ciò che emerge, in fin dei conti, è che il gioco potrebbe non valere la candela.
Ponendo che la lista eco progressista stia agendo mossa dai più alti istinti umanitari, garantendo un salvacondotto idealmente inattaccabile per una povera concittadina torturata da un sistema giudiziario barbaro, AVS si macchierebbe di un’imperdonabile ingenuità. Ponendo che la BonFrato stia, invece, strizzando l’occhio alla voglia di violenza insita in elettori che vedono le martellate come l’unico rimedio contro lo spettro fascista, AVS starebbe sfruttando la sincera militanza di un’attivista per la propria immagine. È probabile che la realtà sia nel mezzo, ma è altrettanto innegabile che esiste una forbice ormai inesauribilmente ampia fra coloro che vivono la politica e coloro che la fanno.
I politici di professione sono al riparo dalle botte, dagli agguati, dalle incriminazioni perché queste sono ad esclusivo appannaggio dei militanti, di qualunque forma, che mettono i propri corpi in prima linea in battaglie senza quartiere, ignorati dalla politica istituzionale finché non si trasformano in voti, in flussi, in condivisioni via social. Il rischio che si corre, nel continuo utilizzo spregiudicato dei militanti come pupazzi, è che questi, ad un certo punto, si stanchino del giochetto e usino la stessa violenza ora riservata ai loro simili contro quelli che dovrebbero essere i loro rappresentanti. E di questo, AVS – tra gli altri – dovrebbe assolutamente tenerne conto.