Giuliano Da Empoli, autore de Il mago del Cremlino, scrisse diversi anni fa un libro meno celebre di quello che lo ha fatto arrivare finalista al premio Goncourt, ma altrettanto lungimirante. Si intitola La prova del potere. Una nuova generazione alla guida di un vecchissimo Paese ed è stato pubblicato nel 2015, quando Matteo Renzi era già presidente del Consiglio. Insieme avevano già lavorato, a Firenze, poi in giro per l’Italia. Giuliano Da Empoli fu prima assessore alla Cultura di Matteo Renzi, poi divenne suo ideologo fin dai tempi delle primarie 2012, per infine consacrarsi suo consigliere politico appena entrato a Palazzo Chigi. Da un lettore spasmodico di Vladislav Surkov non poteva del resto essere altrimenti. Con quel pamphlet l’autore già si domandava in che modo questa nuova generazione di trenta-quarantenni affacciatasi al potere avrebbe dovuto “evitare le trappole del nuovismo a tutti i costi, senza ricadere nella palude della conservazione e della rendita”. Un manifesto ante litteram, scolpito nero su bianco, di un lavoro iniziato nel 2010 parallelamente alle varie edizioni della Leopolda, a partire dalla primissima: Prossima fermata Italia.
Un vero e proprio rituale politico in grado di riunire una comunità umana, aggregare nuove persone, identificare il nemico, condividere emozioni e idee, riuscendo a diventare centrale quando i suoi membri sono stati chiamati nei ruoli apicali della catena di comando. C’è un libro potentissimo scritto da David Kertzer ne 1988 in cui attraverso l’analisi di esempi raccolti in tutto il mondo ed in varie epoche storiche – dai riti cannibalistici aztechi alle inaugurazioni dei presidenti americani, dalle marce del Ku Klux Klan in Georgia alle manifestazioni per la Festa dei Lavoratori a Mosca – dimostra che il successo di qualunque forza politica, conservatrice o rivoluzionaria, è strettamente connesso al proprio successo dell’uso del rituale. E come tutti i movimenti, poi occorre fare i conti con l’istituzionalizzazione; il rito con l’afflato; la potenza con il potere.
Prima ancora di Giuliano Da Empoli, in tempi non sospetti, anche Luca Josi, enfant prodige del Partito Socialista Italiano per il quale divenne segretario del movimento giovanile dal 1991 al 1994, aveva già anticipato il fenomeno del “ricambio generazionale” con un patto siglato nel 2007 all’Ara Pacis di Roma – questa volta estemporaneo e non rituale – nel quale alcune personalità sottoscrivevano l’impegno a lasciare o non accettare ruoli di leadership istituzionale una volta raggiunti i 60 anni. Tra i firmatari di quel manifesto non solo c’era Giuliano Da Empoli, ma anche Giorgia Meloni, che allora aveva appena compiuto trent’anni. In questo Dispaccio (a pagine 5 e 6) abbiamo trascritto e pubblicato l’intero discorso introduttivo che inaugurava questa giornata.
Nel 2024 manca una piattaforma di dialogo, ascolto e confronto che metta insieme le più brillanti menti della sua generazione, a confrontarsi tra loro, al cospetto dei grandi maestri. Un luogo in cui si trovano le coordinate per viaggiare tra Oriente e Occidente; tra Nord e Sud del mondo; tra Spirito, Tempo e Spazio; tra Eterno e Contingente. Un presidio collettivo metapolitico e inter-generazionale di crescita umana e professionale che non sia estemporaneo bensì duraturo, in continuo sviluppo, un luogo in cui tutti possano diventare protagonisti nell’elaborazione dei contenuti con proposte, contributi e idee. Con la speranza, di non finire mai, nella classifica di Forbes U-30.