Il secolo di Fethullah Gülen

La morte dell'altra anima turca è la morte di un'idea di Islam culturale storicamente opposta a quella dell'Islam politico propugnata da Erdogan. Ripercorriamo la storia di Gülen, che poi è la storia di una lotta di potere da cui è uscito sconfitto, mentre emergeva un ordine interno basato sul costante stato d'emergenza schmittiano.

Pyongyang e l’amico ritrovato

La Duma russa ha ratificato all’unanimità il Trattato militare ed economico con la Corea del Nord. Non era scontato che ciò accadesse: gli accordi internazionali hanno bisogno di tempo per concretizzarsi, e la ratifica testimonia la natura perdurante degli interessi comuni alle parti. Il Trattato è un manifesto che spiega cosa sia e cosa sarà la Corea del Nord nel prossimo futuro, ovvero una fortezza dedita a rifornire il mondo di caos.

La fragilità dei Paesi sicuri

L'accordo per il trasferimento dei richiedenti asilo dall'Italia all'Albania riapre un acceso dibattito sulla definizione di "Paese Sicuro", evidenziando le sfide legali e le divergenze tra la normativa nazionale e gli orientamenti dell'Unione Europea riguardanti la protezione internazionale e i diritti dei migranti.

La tattica del cane pazzo non pagherà

Tra il fumo dei carri armati e l’eco di antichi rancori, si muovono le pedine di un conflitto senza fine. Il potere si frantuma, la legittimità sfuma; la violenza, ora regolata ora disordinata, disegna confini sfocati. Nelle stanze del potere israeliane, si calcolano mosse e si ignorano cause, mentre il tempo stesso sembra ripiegarsi su guerre già viste, risoluzioni mai arrivate.

Erdoğan nell’occhio del ciclone mediorientale

Il conflitto tra Israele e Hamas ha trascinato l’intera regione in una spirale di caos e instabilità, ridefinendo alleanze e logiche di potere. Mentre Israele tenta di spezzare la rete di influenze iraniane, Teheran risponde con colpi mirati, sfidando l’inviolabilità dello Stato ebraico. In questo contesto, la Turchia di Erdoğan rafforza il sostegno pubblico a Gaza, usando la questione palestinese per consolidare il proprio peso politico e ricalibrare le relazioni internazionali.

Il piano utopistico

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha da poco illustrato i punti fondamentali del Piano per la vittoria ucraina presso il Consiglio Europeo. Leggendo quelli resi pubblici ci si rende immediatamente conto della loro irrealizzabilità, a partire proprio dai rifornimenti militari. Si può dunque ancora concretamente parlare di un piano per la vittoria?

La Moldavia non sarà una nuova Ucraina

Sebbene in molti indichino la Moldavia come potenziale vittima di una Operazione Speciale 2.0, è altamente improbabile che uno scenario simile si realizzi.

L’esercito fantasma

È dal 2022 che velatamente si sente parlare del fenomeno delle defezioni ucraine, la cui supposta marginalità è sovente smentita dai fatti: gli ucraini in poco più di due anni di guerra hanno visto defezioni e fughe dalla leva per un ammontare di circa cinquecentomila unità. Un'emorragia devastante di circa settecento uomini al giorno.

La svolta di Ugledar

Nonostante i continui aiuti bellici ed economici, l’Ucraina risulta essere sempre più in difficoltà. Lo sfondamento dell’esercito russo presso la roccaforte di Ugledar non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Volodymyr Zelensky e l’Ucraina tutta sperano in una vittoria della Harris, poiché in caso contrario bisognerà iniziare a parlare della divisione del Paese.

Spade di ferro

Con gli Ayatollah alle corde, ad un anno esatto dal 7/10 Israele sembra pronto a ridisegnare la mappa del Medio Oriente. Ma a muovere la mano di ferro di Tel Aviv non c’è che la contingenza di un presente senza tempo, in cui la vittoria è sempre un passo più in là. Fino al baratro.

Le elezioni lituane sono già scritte

Mentre il Primo Ministro Ingrida Šimonyte chiama all’unità contro le formazioni estremiste, i socialdemocratici si preparano a un’annunciata vittoria. Per i conservatori si tratta di limitare i danni e prepararsi a quattro anni di opposizione. Così la giovane democrazia lituana si presenta all’appuntamento elettorale del 13 ottobre.

Il Kosovo e un’identità difficile

Pristina, come Belgrado e Sarajevo, sta attraversando una profonda crisi politica e sociale, che affonda le radici negli anni Novanta. La risoluzione ONU 1244 ha sancito il ritiro delle forze serbe e stabilito una presenza internazionale per garantire la stabilità, ma la questione dell’indipendenza rimane controversa. Nonostante il sostegno di molti Paesi occidentali, il suo riconoscimento continua ad essere osteggiato: un riflesso di tensioni geopolitiche persistenti
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