È prerogativa quasi costante degli uomini di ogni epoca credersi più smaliziati di quella precedente, come se il fisiologico surplus di esperienza storica e tecnologia rendesse tutti automaticamente più svegli. La cosa vale in modo particolare per noi del terzo millennio, che nonostante una certa allergia accademica alla Storia, amiamo riflettere… soprattutto nei display portatili del progresso. Questa presuntio cerebralis si traduce non di rado in convinta capacità deduttiva e analitica, fino a trasformarci in tuttologi ed esperti occasionali di ogni settore del ponderabile e dell’imponderabile. L’homo sapiens in sostanza ha il vizietto di mutarsi facilmente in homo sapientonis. Tendenza consolidata dei nostri tempi è credere ad esempio che dietro ogni evento ci sia una seconda ragione. Non la ragione piccola che organizza il vivere quotidiano, ma quella maiuscola, capace di muovere le stelle, i pianeti e chissà quali sistemi e destini. Una specie di secondo finale garantito ad ogni episodio della vita, come se ciò che vediamo, tocchiamo e respiriamo in realtà sia sempre tutt’altro.
La tecnologia genera overdose d’informazioni e si converte in onniscienza fino ad abituarci alla dietrologia e a trasformarci in detective a tutto campo. Se l’evidenza non basta, convincersi di essere nel mirino di fantomatici soggetti impegnati a muovere i fili della nostra esistenza è questione di un attimo. Proprio così nasce il complottismo, la scienza che immagina non ci sia altro da fare durante il giorno oltre a creare cospirazioni e grandi strategie occulte. Dalle Torri Gemelle all’arbitro Rizzoli, dallo sbarco sulla Luna a quelli a Lampedusa, dall’elezione di Mattarella alla sequenza dei Gratta e vinci, dal Watergate alle pandemie, passando per Charlie Hebdo, Pearl Harbour, l’estremismo islamico e ovviamente Sanremo. I complotti imperversano in lungo e in largo e sono il dante causa di qualunque azione umana. Il “si sapeva…” diventa la continuazione indefinita e perfetta di ogni risposta nata chissà dove ma per molti di noi esaustiva a priori. Presunti cambiamenti climatici, mancanza di parcheggio, odori in ascensore? Vaticano, Mossad e Cia di solito la fanno da padroni…
Il complottismo per sua natura può essere semplice o doppio. Non ci sono solo le temibili manovre recondite a determinare un evento. Ci sarebbero anche quelle che confezionano le manovre stesse. Esiste cioè la macchinazione, ma anche la macchinazione della macchinazione. Facciamo un esempio col Covid. Nel primo caso sarebbe colpa degli Usa che avrebbero inventato responsabilità cinesi; nel secondo caso sarebbe colpa proprio della Cina che avrebbe incolpato gli Stati Uniti di addossare responsabilità a Pechino. Di questo passo non se ne esce, è evidente. Il complottismo in verticale infatti non ha limiti.
Servizi segreti, multinazionali, banche d’affari, banche senza affari, Banca Mondiale, banche non mondiali, alta finanza, bassa finanza, massonerie, Hollywood, lobbies industriali, lobbies, industriali e basta… fanno quello che vogliono, si sa. Come potrebbe essere altrimenti? Il potere si chiama così non a caso. I potenti sono coloro che possono; è un participio presente prima di tutto. Tutto qui? probabilmente no. Non sempre i potenti sono la causa di tutto ciò che succede. Su questo è bene riflettere con più attenzione.
Se Baggio sbagliò il rigore nella finale mondiale del ’94 non è detto sia stato deciso in qualche conclave. Potrebbe solo aver colpito male la palla. Dovremmo concentrarci meglio cioè sul fatto che l’essere umano è troppo fallibile per poter prevedere e organizzare tutto. Se è vero dunque che in molti casi i giochi sono già decisi, è anche vero quello che sosteneva Seneca: non solo i potenti ma anche gli stupidi possono fare ciò che vogliono. Questo di fatto riapre il corso della storia, costruita su episodi che danno prove sufficienti di quanto la razza umana proceda più a tentoni di quanto si creda. Federico il Barbarossa morì affogato mentre attraversava un fiume durante la terza crociata. Carlo VIII alla fine del ‘400 morì sbattendo la testa ad un trave. L’imperatore Vespasiano bevve acqua fredda e passò a miglior vita per una congestione. Leopardi morì per un’indigestione. Il Gorgonzola fu inventato da un formaggio conservato male. La Coca Cola nacque per curare il mal di testa. Se nell’inverno del ’42 a Stalingrado ci fosse stato più sole, oggi forse parleremmo tutti tedesco. Una raffica di vento più forte sulle tre Caravelle e oggi non mangeremmo patatine e amatriciana.
Nelle vicissitudini umane il caso incide più di quanto si pensi. E anche aggirando Democrito e Montesquieu, assegnando alla Divina Provvidenza la regia invisibile di tutto, rimane il fatto che nessuno può distogliere gli occhi umani dall’effetto random e spesso tragicomico degli imprevisti. Basta giocare a Monopoli per capirlo. In altri termini, non sembra esserci sempre una logica perversa dietro gli avvenimenti della vita. Tanto meno una macchinazione ordita da orchestre diaboliche; per dirla in breve, siamo molto più coglioni di quanto sembri. La Guerra del Vietnam non fu una grande campagna di marketing come qualche dietrologo oggi sostiene. Fu una serie di grandi errori di valutazione che costò la vita a milioni di persone. I Talebani non sono frutto di un calcolo mirato. Sono frutto di una concatenazione di eventi e di ingredienti fatti in Afghanistan a partire dagli anni Ottanta. Che congiunturalmente diventino nemico giurato o strumento utile per una exit strategy altrimenti impossibile, lascia il tempo che trova. Nessuno ai tempi degli stinger venduti ai mujaheddin antisovietici avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe successo nei quarant’anni a venire. Tutta questa intelligenza la Cia non ce l’ha mai avuta, diciamolo…
Se dunque potere e caso sono in qualche modo correlati e se soprattutto il caso è spesso connesso con la fallibilità umana, esiste allora una relazione fra potere e stupidità? Le organizzazioni dell’uomo, perfino le più tenebrose e potenti sono pur sempre fatte da uomini. Tra questi, in che modo sono distribuiti i geni e gli sprovveduti? Quanti sono fra loro quelli immuni da errori di calcolo o strategia? Il numero medio di cretini è probabilmente costante nei secoli. Quello che cambia è l’accesso alle informazioni e la possibilità di esprimersi su vasta scala. Entrambi questi fattori non diminuiscono il numero di sciocchi ma rendono gli stessi solo più arroganti e visibili. Ipotizzando che n Romani su 10 del I secolo fossero idioti, probabile che la percentuale resti la stessa anche tra i cittadini del Ducatodi Amalfi o tra quelli della Serenessima. Perché l’incidenza dovrebbe cambiare per noi contemporanei? L’unica vera differenza è che gli idioti di oggi hanno voce e riescono a raggiungere platee prima impensabili. Come sosteneva Umberto Eco, sostanzialmente fanno più danni.
Benjamin Franklin diceva che non c’è bisogno d’impegnarsi per restare stupidi, supponendo che la stupidità sia già nel bagaglio di partenza di ciascuno di noi. Il problema semmai è affrancarsi dagli sciocchi; come scriveva Voltaire, la vita è troppo breve per perdere tempo con gli stupidi. Il filosofo francese sottovalutava però la difficoltàche questo comporta, avendo gli stupidi quasi sempre una folta rappresentanza senza limiti di età, latitudine o mansione. Affrancarsi dalla fallibilità umana è dunque difficile, nonostante la volontà. Siamo tutti così tremendamente vulnerabili, dunque? Non c’è argine contro il nostro stesso cretinismo? Nemmeno la scienza può esserci d’aiuto? In fondo l’onnipresente stupidità, benché tautologicamente imprevedibile, può essere descritta attraverso formule e schemi. Lo sostiene in modo spassosamente scientifico Carlo Maria Cipolla nel meraviglioso saggio Allegro ma non troppo.
Quale che sia l’approccio, per tutelarsi e non commettere atti di supponenza o errori imperdonabili sarebbe sufficiente forse tenere sempre a mente una semplice regola: l’uomo è spesso più piccolo di molti eventi che gli passano sopra. A pensarci, se il genio detective de noantri si attiva in fretta per scovare intrighi e congiure a monte di qualunque cosa è altrettanto vero che in questo mondo le fonti non sono mai assolute, mentre la stupidità lo è abbastanza. Non c’è bisogno di agitarsi tanto, quindi.
Esistono in fondo due tipi di stupidità. Quella spontanea, che alimenta l’incostanza del vivere quotidiano, è quella variabile bella che rende tutto possibile e che ci rende meno colpevoli; è una sequenza di gesti leggeri, fatta di défaillance e fragilità psicofisiche, incredibilmente umana e necessaria per differenziarci dalle macchine e dagli animali. Poi c’è una stupidità più alta. Quella che deriva dal pressappochismo, dall’ignoranza e dal dolo. Quale che sia, su entrambe hanno proliferato i regimi di tutti i tempi e di tutti i colori senza l’ossessivo bisogno di orchestrare complotti.
Per governare noi poveri esseri umani non c’è bisogno di intelligenze superiori. Sono sufficienti le leve che gestiscono la stupidità di noi tutti e una certa dose di culo, che nella storia ha sempre avuto un certo ruolo. Basta guardare i ritratti di molti potenti degli ultimi 3000 anni per rendersi conto che governare poi, non deve essere così difficile. Anche se spesso tendiamo a crederlo, non c’è mai stato bisogno di rendere stupidi gli esseri umani. È sempre stato sufficiente farli restare tali. Su questo tema molto può l’informazione o propaganda che dir si voglia. E controllare i mezzi di comunicazione a questo proposito potrebbe essere d’aiuto. In virtù della propria stupidità buona parte di noi preferisce seguire la massa per sentirsi al sicuro, del resto. Lo sapeva Goebbels, lo sapevano alla Pravda, lo sanno a viale Mazzini, a Cologno Monzese e lo sanno parecchi altri… Lo sanno probabilmente anche molti stupidi.
È la stupidità dunque a fare la storia?
Sicuramente la facilita. Parafrasando, significa che il potere esercitato da uomini talvolta stupidi può contare su un substrato di imbecillità che ne rende più agevoli le manovre. Tutto ciò al netto dei complotti e delle macchinazioni che ognuno di noi ha sempre e comunque il dovere di architettare o al contrario di ritenere esistenti. Esistono le società semplici, quelle in accomandita, quelle per azioni. Perché non dovrebbero esistere allora le società segrete? Forse perché lo dice l’articolo 18 della Costituzione, dirà qualcuno, ma come si sa: fatta la legge trovato l’inganno… La saggezza popolare e le esigenze umane a volte prevaricano il diritto. Non c’è bisogno di società segrete per indirizzare i destini dell’umanità. Basta essere abbastanza coglioni per fare in modo che tutto ci passi sopra senza poterlo gestire. Basta essere niente più che semplici umani.