Le condizioni di salute del Primo Ministro slovacco Robert Fico, colpito il 15 maggio scorso da tre proiettili nella città di Handlová – a poco meno di duecento chilometri da Bratislava – stanno migliorando. Il leader del primo partito slovacco – Smer-SD (“Direzione-Socialdemocrazia”) – era stato immediatamente sottoposto a un’operazione di cinque ore il mercoledì stesso e ad una più breve venerdì scorso. Inizialmente considerato in pericolo di vita, la salute di Fico rimane ancora estremamente precaria. I medici che hanno affermano a inizio settimana che ha recuperato la capacità di comunicare, ma Fico rimane ancora in terapia intensiva all’ospedale di Banská Bystrica. Il suo vice – che ha preso le redini dell’esecutivo – e ministro della Difesa, Robert Kaliňák ha confermato che Fico rimane in gravi condizioni. Sono in corso indagini per stabilire se il presunto attentatore Juraj Cintula abbia agito da solo.
71 anni, ex guardia di sicurezza e dalle opinioni politiche abbastanza confuse (in passato ha simpatizzato per la destra quanto per la sinistra), Cintula ha sparato cinque colpi contro il premier. Se condannato, rischia dai venticinque anni di carcere all’ergastolo. Nei documenti del tribunale si legge che non intendeva uccidere la vittima: solo «danneggiare la sua salute» in modo che non potesse continuare a guidare il paese e proseguire con misure politiche non gradite a Cintula. Che si è definito «impotente e frustrato per lo stato della società», anche alla luce del rifiuto del governo – definito un «Giuda nei confronti dell’Unione Europea» – di fornire «assistenza militare all’Ucraina». Dai documenti si evince anche che Cintula «si rende conto di aver agito in modo inaccettabile». Il caso Fico ha ulteriormente spaccato la Slovacchia. Qui la cui società da anni è divisa su diverse questioni sociopolitiche.
Dal Covid-19 alla guerra in Ucraina, dall’immigrazione ai diritti LGBT+. Nonché proprio sulla figura stessa del controverso premier. L’attentato, infatti, esacerba non solo la polarizzazione politica in Slovacchia, ma alimenta tendenzialmente pure l’incertezza sulla direzione futura che il paese prenderà sotto la guida di Fico, tornato al potere nell’ottobre 2023, dopo anni di opposizione. Al di là delle rituali manifestazioni di vicinanza al premier e la condanna dell’aggressione da parte dei leader europei e mondiali, Fico resta una figura centrale nella politica slovacca e rimarrà tale ancora per diversi anni. Definito come cinico, assetato di potere e uomo dai mille volti, Fico sfrutta da un decennio la rabbia sociale e antisistema. Sul Covid-19, ad esempio, ha adottato posizioni anti-vacciniste. In merito all’invasione russa in Ucraina ha più volte parlato vagamente e opportunisticamente di “pace”, senza dettagliare la sorte dei territori occupati.
Apertamente filorusso, contrario alle sanzioni europee contro Mosca, si è più volte espresso contro un’eventuale adesione di Kyiv alla NATO. Nell’autunno 2023 ha minacciato di etichettare le ONG con finanziamenti esteri come “agenti stranieri”, in conformità alla famosa legge russa in materia. I paragoni con Viktor Orbán si sprecano, ma a differenza del leader magiaro – un tempo liberale – Fico ha un passato comunista e oggi strizza l’occhio alla destra sovranista. Nostalgico del socialismo, ma con toni nazionalisti, infastidito dalla postura atlantica di parte dell’elettorato – concentrato principalmente nei centri cittadini e nella parte occidentale del paese – Fico è noto per le sue posizioni critiche nei confronti della NATO (accusata di “espandersi”), della questione dei Rom (che in Slovacchia sono stimati attorno alle 70mila persone) e dell’immigrazione. Le critiche politiche attorno al suo entourage fanno riferimento ai presunti collegamenti di alcuni collaboratori con la ‘Ndrangheta.
Lo stesso Fico dovette dimettersi da premier nel febbraio 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della sua fidanzata Martina Kušnírová. Kuciak stava indagando su presunti finanziamenti legati alla malavita concessi a Smer-SD. La sorprendente rimonta del partito alle scorse elezioni politiche è anche il risultato di una lunga crisi politica che ha visto l’alternarsi di governi tentennanti, tra cui il primo esecutivo tecnico in Slovacchia guidato dall’economista Ľudovít Ódor. Il quarto governo Fico è tenuto insieme dal metodo populista e orientato su posizioni nazionaliste, illiberali, euroscettiche, filorusse e socialconservatrici. Comprende il partito di centrosinistra Hlas-SD, “Voce – Socialdemocrazia” guidato dal Presidente della Repubblica eletto Peter Pellegrini e quello della destra nazionalista Slovenská Národná Strana (“Partito Nazionale Slovacco”). Per queste ed altre prese di posizioni e coalizioni irrituali, da anni Smer-SD mette in imbarazzo il gruppo S&D all’Europarlamento. Che lo ha infatti sospeso.
Questo cementifica ancora di più l’immagine della pecora nera nell’UE, anche a seguito di recenti pressioni da Bruxelles in merito a sinistri tentativi del governo slovacco di emendare il Codice penale in materia di corruzione. Che prevedono una riforma per i reati di corruzione e l’abolizione dell’ufficio del Procuratore Speciale, che ha gestito decine di casi di frode, criminalità organizzata e abuso di potere contro polizia, giudici, oligarchi e parlamentari legati a Smer-SD. Ambigua anche la posizione di Fico sull’Ucraina. Sebbene la Slovacchia abbia offerto immediato aiuto – il primo paese europeo a fornire a Kyiv i MiG-29 l’anno scorso – Fico è sempre stato contro l’invio di armi. «Le armi non fanno altro che prolungare conflitti militari», ha dichiarato lo scorso aprile. Tornato al potere, ha poi cambiato idea. «Se qualche azienda vuole produrre armi ed esportarle da qualche parte, ovviamente nessuno glielo impedirà», ha dichiarato nel novembre 2023.
Tutte queste prese di posizione sono sensibilmente diverse da quelle del progressivismo slovacco, entrato nel cono d’ombra negli anni in cui si sono susseguiti diversi governi conservatori. Tuttavia, la Presidente della Repubblica uscente Zuzana Čaputová, del principale partito di opposizione Progresívne Slovensko (“Slovacchia Progressista”) – e che tra l’altro ha deciso di non candidarsi per un secondo mandato alle presidenziali del marzo scorso anche per insulti e minacce ricevuti da Fico e sodali – ha invitato i leader di tutti i gruppi politici alla calma a seguito dell’attentato contro il Primo ministro. «Siamo qui insieme perché vogliamo inviare un segnale di riconciliazione in questo momento di tensione», ha dichiarato Čaputová assieme con Pellegrini la settimana scorsa. Entrambi auspicano una salda unità nell’interesse del Paese. «Sarebbe molto brutto infiammare questa situazione già pericolosa», ha concordato il Ministro degli Interni Matúš Šutaj-Eštok.
Governo e opposizione si sono accusati vicendevolmente dicendo che l’attentato a Fico è il prodotto dell’odio e della polarizzazione fomentata dalla controparte. È possibile, in quest’ottica, che il caso Fico cambierà la Slovacchia in peggio. Il che porterà ad una maggiore radicalizzazione politica. Si teme addirittura anche che la violenza politica possa essere facilmente sdoganabile. La Slovacchia deve dunque guardarsi dalle minacce di destabilizzazione interna. Così come dall’incremento della violenza politica e retorica, che sono al contempo la causa e l’effetto della polarizzazione. Andrej Danko, vicepremier e leader del SNS, ha parlato di guerra politica, incolpando i media dell’attentato. «Siete contenti ora?», ha detto. Ha fatto eco Ľuboš Blaha (Smer-SD) che, senza prove, ha affermato che Cintula era vicino al PS – fiancheggiando dunque le tesi complottiste, a cui per altro la società slovacca è particolarmente esposta.
Proprio in queste settimane, è sul tavolo del Primo Ministro una controversa legge sui media, osteggiata anche da Reporters sans frontières (RSF), che prevede che la tv di Stato RTVS venga abolita. In aprile ci sono state manifestazioni popolari contro questa legge, ma il governo è andato dritto, mentre in Parlamento la legge ha incontrato poca resistenza. Da tempo, sia la destra che la sinistra populista in Slovacchia attaccano i media in ogni occasione. La legge, secondo la ministra della Cultura Martina Šimkovičová, «mira a ripristinare i veri attributi del servizio pubblico, l’equilibrio, l’indipendenza, l’obiettività, la veridicità e la trasparenza». Da anni, in ossequio al template orbánista, Fico inveisce contro i media accusandoli di tutte le disgrazie nel paese. I partiti dell’opposizione hanno espresso il timore che la legge possa soffocare le critiche al governo, limitare la libertà di espressione.
Preoccupazioni condivise anche da RSF, il cui indice sulla libertà di stampa in Slovacchia mostra un significativo peggioramento quest’anno. L’esecutivo “rosso-bruno” di Fico ha certamente esacerbato la situazione. Il caso Kuciak rimane un’ombra pesante su Smer-SD, mentre nel complesso i giornalisti slovacchi lavorano in un ambiente abbastanza ostile e i media, pubblici o privati, restano vulnerabili. In compenso, la disinformazione abbonda e nutre l’instabilità nel paese. «Il terribile tentato omicidio non è affatto un assegno in bianco per la coalizione per sopprimere l’indipendenza dei media, la società civile, l’opposizione o i diritti di riunione e di libertà di espressione», ha dichiarato Michal Šimečka, leader del PS. L’attentato contro Fico è il primo di rilievo nei confronti di un leader politico europeo da oltre vent’anni. L’ultimo fu l’assassinio del Premier serbo Zoran Đinđić nel 2003.
Alcuni precedenti recenti – tra cui quello dell’ex premier giapponese Shinzo Abe nel 2022 – ma anche l’incremento della violenza politica – il caso del candidato SPD Matthias Ecke, aggredito ad inizio maggio a Dresda e finito in ospedale a seguito di un pestaggio – potrebbero far pensare ad un pericoloso effetto domino. Tuttavia, tali emulazioni non sembrano probabili al momento, anche se non vanno escluse del tutto. In generale, i leader politici sono vulnerabili a possibili attacchi. È prevedibile che Fico e i suoi alleati sfrutteranno il caso per accrescere il consenso. Il governo continuerà le sue politiche euroscettiche a livello internazionale e punitive contro la società civile nell’ambito della politica interna. Se l’incertezza sul futuro di Fico impone a tutti gli attori politici cautela, quello che forse tutta la classe politica slovacca dovrebbe fare è astenersi dal fare dichiarazioni incendiarie per galvanizzare un elettorato già frammentato e radicalizzato, prono alla demonizzazione dell’avversario.