Insopportabile, estremista, avventato, avventuriero. Comunque la mastichi, Eduard Limonov, classe 1943, ha fatto della sua vita un’opera d’arte, devoto allo scandalo, coerente nella contraddizione. Soprattutto, Limonov è scrittore autentico, che scortica, che scrive dissipandosi. Sarà in Italia a dicembre, per presentare Il boia, libro di spericolata violenza, “scritto a Parigi nel 1982”, dice lui, pubblicato nel 1986 dalla “casa editrice Ramsay, che temendo la censura mutò con imbarazzo il titolo in Oscar et les femmes”. Racconta, dietro il velo romanzesco, aspetti della vita newyorkese underground di Limonov. Lo abbiamo raggiunto. Non è stato facile. Tramite una rocambolesca triangolazione tra Rimini, Baku e Mosca, abbiamo digerito il suo inglese alla russa, spezzato, sprezzante.
Quanto c’è di Oscar Chudziński, il protagonista del suo libro, immigrato nella New York anni Ottanta, che da uomo fallito diventa un asceta del sadomaso, in Eduard Limonov?
Niente. Uno dei destini di Eduard Limonov avrebbe potuto essere quello di diventare Oscar. Ma Eduard Limonov ha preferito un altro destino.
Il vero protagonista del romanzo, comunque, è il sesso. Sesso estremo, che permette l’ascesa sociale, in una New York turgida, torbida, grottesca. Anche oggi, tutto ruota lì, intorno al sesso, al dominio, alla violenza, all’impotenza: perché?
Il mio romanzo è il primo nella letteratura mondiale ad aver presentato il sadomasochismo in modo letterariamente serio. Quanto al resto, è come dice lei: ogni attività umana riguarda il sesso. D’altronde, il sesso è una delle principali attività dell’uomo, non è vero?
Quali sono le fonti narrative o autobiografiche per la scrittura de “Il boia”? Poi dagli Usa è partito per la Francia: perché?
Sono andato a vedere uno spettacolo sado-maso, a New York. Il club si chiamava “Le Jardin”, alla fine dello show mi hanno presentato un tizio, uno dei partecipanti: era un ragazzo di origini polacche. Da lì è iniziato tutto. Eduard Limonov ha deciso di andarsene in Francia perché un suo romanzo, “It’s Me, Eddie”, è stato acquistato da un editore francese, Jean-Jacques Pauvert.
Ho letto che negli Stati Uniti è stato vittima dell’FBI. Mi racconti.
Non sono mai stato vittima di nulla e di nessuno. Sono stato coinvolto in uno scandalo che riguardava un quotidiano dell’emigrazione russa, “Novoe Russkoe Slovo”. L’FBI mi ha convocato, abbiamo discusso. Tutto qui.
Che cosa pensa degli Stati Uniti, oggi?
Che sono un Paese in declino, che sta perdendo forza e influenza.
Che rapporti ha avuto con altri celebri dissenti russi come Iosif Brodskij e Aleksandr Solzenicyn?
Mi sono stati ostili. Non ho mai incontrato Solzenicyn; frequentavo Brodskij, ma non siamo mai diventati amici. Piuttosto, è diventato un nemico quando si è rifiutato di scrivere qualcosa sulla quarta del mio primo libro, It’s me, Eddie, tradotto negli Stati Uniti nel 1983.
Infine, è tornato in Russia. I suoi rapporti con Putin non sono sempre stati ottimi, diciamo così. Ora, cosa pensa di Putin?
In Francia mi annoiavo, così, nel marzo del 1994, mi sono trasferito in Russia. Proprio quell’anno si è suicidato Guy Debord… Putin? È l’uomo di punta del regime russo, ma non è il solo a prendere le decisioni.
Quale libro ha cambiato la sua vita?
Non sono stato influenzato dai libri, mi ha influenzato la vita. La mia vita.
Che tipo di Russia vorrebbe?
Quella che si adegui alla mie idee politiche.