“Vladimir Putin va fermato”: il professor Aldo Giannuli è tranchant nel suo giudizio sull’invasione russa dell’Ucraina. “Quando un dittatore arriva a paventare, anche solo lontanamente, l’uso del deterrente atomico sta indicando di essere un leader con cui è impossibile negoziare”. Un pranzo in una trattoria milanese nelle discrete zone della Cagnola si tramuta in una lezione strategica. Dialoghiamo con il professor Giannuli, tra i massimi esperti di intelligence e studi strategici in Italia, docente di Storia del mondo contemporaneo all’Università degli Studi di Milano e direttore del centro studi “Osservatorio Globalizzazione“, sul contesto geopolitico perturbato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Mosca voleva una guerra lampo. Il fallimento del blitz apre scenari preoccupanti, non trova?
Assolutamente sì. Putin avrebbe vinto, in primo luogo, non invadendo. E in caso di invasione gli serviva una vittoria rapida e con il minor spargimento di sangue possibile. Ora i russi possono chiaramente chiudere la partita sul piano militare, ma l’ipotesi di un blitz che portasse al crollo del governo ucraino è fallita, Kiev sta tenendo sul piano militare e il suo esercito non si è disunito.
Dove ha sbagliato la Russia finora?
Partiamo da un presupposto: il primo a sbagliare é stato Joe Biden, con il suo improvvido via libera implicito dato a Putin, quando nelle settimane scorse ha fatto capire che l’Occidente si sarebbe fermato alle sanzioni in caso di invasione russa dell’Ucraina. Putin, che é spregiudicato, ha colto la palla al balzo. Ma ha fatto male i calcoli. In primo luogo, perché si trova di fronte un esercito ben più organizzato di quello che riteneva di dover affrontare. L’utilizzo efficace dei Javelin da parte degli ucraini lo testimonia. In secondo luogo, non sottovalutiamo il fattore della tenuta della catena del comando dell’Ucraina. Zelensky ha fatto molti errori, ma ora si trova ad essere un leader democraticamente eletto assediato nella sua capitale. E la sua tenuta mostra che ha fegato e ha compattato la resistenza ucraina. In terzo luogo, da come ho avuto modo di studiare il contesto militare finora possiamo notare diversi problemi operativi nell’esercito russo.
La disorganizzazione organizzativa, dunque, sta frenando l’invasione?
Assolutamente. Innanzitutto si é rivelata improvvida la decisione di sciogliere il sistema militare russo fondato sulle divisioni per creare 84 brigate indipendenti, rompendo così il collegamento operativo tra di esse. Questo può avere un senso quando si tratta di gestire controinsorgenze o scenari di guerra a bassa intensità dove é richesta maggiore flessibilità, ma si rivela un errore in caso di guerra convenzionale. Vi é poi il problema delle comunicazioni: sembra che i militari russi, per evitare fughe di notizie, non abbiano nemmeno i cellulari. Infine, noto dalla stampa specializzata che si evidenzia la carenza di sottoufficiali combattenti e di complemento nelle forze armate russe: compagnie troppo grandi e malguidate si trovano più facilmente esposte al fuoco dei difensori, come la storia dell’Italia nella Grande Guerra insegna, e questo moltiplica le perdite.
Quindi ora Putin sarà costretto alla guerra a sempre maggiore intensità….
Si, e questo avrà diversi effetti. Certamente aumenterà il tono dello scontro e le sofferenze della popolazione ucraina, facendo venire meno la possibilità di vincere senza causare grandi perdite. E di conseguenza crolla il mito narrativo della denazificazione, che é parso una fesseria fin dai primi istanti della guerra: come potrà Putin giustificare sul fronte interno di star combattendo per liberare un popolo fratello, anzi un popolo tutt’uno con i russi, mentre demolisce le città ucraine coi bombardamenti e i missili? Inoltre, c’é da aspettarsi un’escalation nelle perdite di Mosca. Sembra che a domenica 6 marzo risultassero già inagibili tra l’8 e il 9% dei mezzi militari impegnati nell’invasione. Tutto questo in dieci giorni. Le scene dei contadini ucraini che portano via coi trattori i carri abbandonati dà l’idea della misura delle perdite. E gli addetti ai lavori avranno notato un particolare…
Quale, professore?
I russi stanno utilizzando in campo i T-72, carri che hanno almeno trent’anni di vita e dunque non sono obici di prima mano. Inoltre, molti appaiono nei video e nelle foto ancora con le strisce rosse e bianche che indica la loro condizione di mezzi di riserva in deposito. Segno che Mosca sta già attingendo a riserve non così militarmente decisive.
Interessante. Quindi Putin potrebbe vedere la sua offensiva arenarsi e risultare più aperto a trattative?
Putin é il vero ostacolo a ogni tipo di trattativa.
Come mai?
La responsabilità dell’invasione é esclusivamente sua. Da otto anni ripeto che nella crisi russo-ucraina Mosca e l’Occidente hanno colpe ben identificabili. Ma la scelta di invadere, di gettare l’Europa nell’incertezza, di aggredire una nazione senza provocazione, scientemente programmata, é un atto criminale che rende Putin inservibile per qualsiasi trattativa. Sapete che sono spesso stato critico della Nato e degli Usa, ma ora i Paesi europei non possono non mettersi dalla parte di un popolo sotto attacco con un obiettivo chiaro: fermare Putin e la sua aggressione.
Professore, questo vorrebbe dire aumentare le spedizioni di armi all’Ucraina?
Sì, ma non solo. Io non sono affatto guerrafondaio, ma un certo pacifismo che vede come orrore questa scelta per me non coglie il punto. L’Ucraina va difesa perché non possiamo voltarci dall’altra parte e perché se la resistenza di Kiev durerà alcune settimane sarà possibile trasformare la guerra di Putin in una sconfitta o in uno scacco sotto il punto di vista strategico e aprire delle crepe nel suo regime. Le sanzioni aiutano anche perché colpiscono direttamente la cricca di potere del Cremlino, ma alla minaccia di Putin va opposta a mio avviso una strategia più assertiva.
Il professor Gastone Breccia parla di una “guerra senza limiti” che coinvolge anche l’Occidente non a caso…
Siamo in una guerra senza limiti in cui possiamo trovare strategie adatte a fermare la Russia. E la via passa per la guerra asimmetrica e lo sharp power, concetto fondamentale su cui consiglio un importante libro di Paolo Messa. Da un lato, possiamo sfruttare le capacità di signal intelligence per sostenere gli sforzi ucraini di intercettazione dei mezzi russi, mettere a disposizione indirettamente le infrastrutture militari e i velivoli operanti entro i confini Nato. Dall’altro possiamo utilizzare un complesso sistema di soft power e hard power per colpire Mosca con il suo stesso metodo: offensive ibride capaci di disconnettere la Russia dal sistema finanziario, informatico ed economico globale da un lato, deterrenza militare dall’altro.
Non si rischia un escalation?
Di fronte ad autocrati come Putin, che arrivano ad essere pistoleri che mettono la mano sulla fondina atomica, anche solo accarezzando l’arma, la cosa peggiore da fare é mostrare di avere paura come, a inizio crisi, é sembrato che Biden abbia fatto. Mostrare di essere pronti a una risposta simmetrica, ad esempio schierando truppe Nato in grande forza in Polonia e Romania, e contrapporre delle linee rosse può spingere la Russia a una crescente consapevolezza dei rischi e il suo Stato profondo a rendersi conto della follia cui Putin la sta conducendo.
Oligarchi e apparati, e non il popolo, saranno decisivi per il futuro del sistema Putin?
Sia ben chiaro: sono totalmente solidale con il popolo russo vittima di repressione e autocrazia e con i giovani soldati imberbi ingannati dalla propaganda bellica e illusi di esser destinati a una marcia trionfale accolti dalla popolazione come liberatori. Ma il vero cuore del sistema russo stra nel complesso campo di potere fatto da oligarchi, alti papaveri, militari e membri dei servizi segreti. Bisogna favorire le parti interne al potere russo più ostile alla mattata bellica di Putin. Solo con un altro leader, ad esempio Lavrov, si potrà negoziare.
Quindi sull’Europa dobbiamo aspettarci ancora settimane di tempesta?
Purtroppo sì. La Russia e Putin hanno creato un grande caos che ora destabilizza tutto l’ordine mondiale. Ed é nostro dovere far sì che il Cremlino, che pure militarmente può arrivare a una vittoria tattica, non esca vincitore strategico. Con una Russia senza Putin, in futuro, si potrà dialogare: ora mi appare impossibile. E l’unico modo per disfarsi di Putin é mostrare quanto duro sia il prezzo che sta facendo pagare alla Russia con la sua improvvida decisione.