L’America ha paura. Una serie di problematiche sta provocando una metastasi sociale che rischia di farla arrivare già vinta alla resa dei conti con la Cina. Il Pentagono fatica a trovare nuovi soldati a causa della scarsa qualità delle reclute, che riflettono la pervasività di disturbi alimentari – un americano su due è sovrappeso –, psichici – patiti da un adulto su cinque – e altri fattori – come la diminuzione costante del quoziente intellettivo – che affliggono la società a stelle e strisce. TikTok sta intorpidendo la mente dei suoi giovani. E una sostanza letale, il Fentanyl, cento volte più potente della morfina, sta trasformando le sue strade in una realtà a metà tra The Walking Dead e The Purge. Quella degli Stati Uniti è una crisi che ha origini remote, profonde, e che interseca il capolinea del Sogno americano, assassinato da quel mix di postmodernità e globalizzazione che avrebbe invece dovuto rendere il Duemila il nuovo secolo americano. Ma così non è stato.
La Cina, aiutata dall’indifferenza della classe politica statunitense, si è intromessa nella grande crisi dell’uomo americano, speculandoci sopra e accelerandone l’autodistruzione, stuzzicandone la sua tendenza all’abuso. Risultato: lo scoppio della cosiddetta epidemia degli oppioidi, che ha ucciso quasi un milione di americani tra il 1999 e il 2022, la più grave crisi sociosanitaria della storia degli Stati Uniti.
Scrivere dell’epidemia degli oppioidi equivale a raccontare una storia. Una storia che vede tre protagonisti, Stati Uniti, Cina e Narcos messicani, in un palcoscenico sul quale non puntano le luci della ribalta: il criptoverso.
Il criptoverso è uno dei tanti terreni di scontro in cui si stanno combattendo le due superpotenze del pianeta, Stati Uniti e Cina, che qui stanno scrivendo un paragrafo importante della terza guerra dell’oppio. La Cina è il principale produttore dei precursori dei farmaci e delle droghe a base oppiacea, che spedisce illegalmente in America Latina dove vengono lavorati dai cartelli della droga messicani, in particolare Sinaloa e Jalisco, trasformati in Fentanyl, eroina & co. e infine diffusi capillarmente nelle strade statunitensi.
All’origine della bizzarra coalizione fra il complesso criminale-industriale di Pechino e i cartelli di Mexico City si trovano ragioni di natura economica e di natura bellica. Di natura economica per i Narcos, che acquistando i precursori direttamente alla fonte hanno eliminato gli intermediari, e dunque hanno abbattuto in modo significativo i costi, e allo stesso tempo hanno acquistato maggior potere a livello internazionale diventando un legame ponte per tutte le altre organizzazioni criminali potenzialmente interessate a questo traffico. Di natura bellica per la Cina, che ha esternalizzato la destabilizzazione dell’America ai Narcos e alla loro droga, col risultato di zombificarne ampi strati della popolazione.
Se è vero che la crisi degli oppioidi si origina sul finire degli anni Novanta, è altrettanto vero che i decessi iniziano a raggiungere livelli epidemici a cavallo tra il 2015 e il 2016, in concomitanza col boom delle criptovalute, ed è stato facendo oro del Follow the money di Giovanni Falcone che gli Stati Uniti sono riusciti a scoprire le origini degli oppioidi che hanno reso Zombieland realtà. Perché tutte le cripto portano a Pechino.
Il Joint Criminal Opioid Darknet Enforcement (J-CODE), un’unità interagenzia specializzata in indagini sul traffico di Fentanyl e altri oppioidi sui darknet istituita dal Dipartimento di Giustizia, nel solo 2018 ha arrestato più di sessanta persone e chiuso cinquanta market account su vari darknet. Nel 2019, invece, l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) ha identificato i primi cittadini cinesi coinvolti nel traffico di oppioidi, scoprendo che riciclavano denaro usando Bitcoin.
Il 2023 è stato un anno importante per quanto riguarda la questione criptovalute ed epidemia degli oppioidi. In aprile OFAC e Dipartimento di Giustizia hanno imposto sanzioni a due laboratori chimici cinesi, il Wuhan Shuokang Biological Technology e il Suzhou Xiaoli Pharmatech, con l’accusa di aver venduto precursori del Fentanyl ai cartelli messicani. In maggio Elliptic, uno dei più importanti attori di blockchain analysis, ha pubblicato una ricerca che ha fatto luce sulle industrie cinesi coinvolte – una novantina –, sui legami tra trafficanti americani e Pechino – un noto spacciatore di Fentanyl, Alex Peijnenburg, aveva effettuato pagamenti per un totale di 84.598 dollari (in Bitcoin) a un grossista cinese – e concluso come dal 2018 a quest’anno i fornitori cinesi abbiano ricevuto pagamenti in criptovalute (Bitcoin o Tether USDT) per un ammontare superiore ai 37,8 milioni di dollari.
Gli Stati Uniti vivono un’epidemia che ha portato all’esacerbazione di problemi sociosanitari e all’aumento del malcontento delle comunità colpite, che cercano con tutte le loro forze di impedire a un visionario diventato bandito, l’American Dream, di entrargli in casa e di estorcergli ogni cosa. Il caos per le strade sta avendo inevitabilmente ripercussioni politiche e ha portato all’apertura di un processo alle criptovalute in cui siedono al banco degli imputati l’indifferenza e l’impreparazione di una classe dirigente che, incapace di risolvere il problema oppioidi alla radice, pensa che la soluzione possa essere una crociata anti-cripto.
La guerra agli oppioidi ha condotto alla formazione di due fazioni contrapposte nella politica americana: da un lato i cripto-scettici con a capo la senatrice Elizabeth Warren, nota per le sue battaglie anti-cripto, che vorrebbero trattare le cripto col pugno di ferro per via dei loro legami col traffico di Fentanyl; dall’altro i cripto-entusiasti guidati da Robert F. Kennedy Jr, che è contrario alle idee autoritarie della Warren, è favorevole ai Bitcoin e verrà ricordato come il primo candidato alla presidenza nella storia degli Stati Uniti ad aver accettato donazioni in Bitcoin per la sua campagna elettorale.
La crisi degli oppioidi ha aperto un dibattito sulle criptovalute. E per capire come potrebbe concludersi questo dibattito è necessario parlare di John Wells Kingdon e della sua teoria dei flussi multipli che, partendo dalla combinazione tra casualità e intenzionalità, insegna che laddove coincidono flusso dei problemi, flusso delle politiche e flusso della politica si apre una finestra di policy. Chi sarà l’imprenditore di policy che prevarrà nell’emergente dibattito americano sulle criptovalute? A quale scuola apparterrà? Queste sono le domande che, una volta che arriveranno le risposte, permetteranno di delineare il futuro (legislativo) delle criptovalute in America (e non solo). Non è ancora dato sapere chi sarà quest’imprenditore, ma ciò che è certo è che nel caso in cui facesse parte della sfera cripto-entusiasta, si potrebbe assistere a un’effettiva regolamentazione del settore, a investimenti volti a sviluppare nuove tecniche di monitoraggio e al conseguente ridimensionamento dei cripto-crimini.
Il contesto attuale, negli Stati Uniti come nella stragrande maggioranza del mondo, è dominato da un’enorme diffidenza nei confronti delle criptovalute, che continuano a essere viste come uno strumento delle organizzazioni criminali. È un sentimento per certi versi prevedibile, perché si sa che v’è sempre un’iniziale resistenza alle innovazioni, ma se la crisi degli oppioidi insegna qualcosa è che i futuristi proiettati al domani schiacciano chi è intrappolato dal bias cognitivo dell’eterno ieri.