Il processo che porta a semplificare la realtà è esso stessa realtà. Non è mai esistita una realtà reale, ma prevalentemente una realtà percepita, limata, auto imposta, in definitiva, orgogliosamente finta. Ogni realtà è finzione, ed ogni finzione è umanamente reale. La formazione umana si traccia di semplificazione in semplificazione, tende al ridicolo, per questo drammaticamente ironica e seria, sicuramente affascinante. Nessuno sa perché sappiamo ciò che sappiamo, come siamo arrivati a pensare ciò che pensiamo. Pensiamo di sapere, tanto o poco, ma non pensiamo a come il pensiero si muove, che sentieri segue, che rotte intende solcare, in che porti attraccare, quali coste evitare, da quali sirene farsi ammaliare. Eppure siamo qui a dibattere, di nullità, confrontate con illogicità, fecondate da maniere di protagonismo e schivismo cosmico, che si alternano e danno vita a ciò che vita stessa definiamo.
Sulla base di queste considerazioni si può partire per definire alcuni concetti basici fondamentali. Gli organi di senso dei bipedi odierni, sono altamente fallaci. Affidarsi ad essi, è tanto naturale, quanto velleitario e pericoloso. Pochi grandi bipedi sopra la media sanno che invertire senso/funzione è l’unica vera maniera di sintonizzarsi in questo curioso spazio-tempo che chiamiamo mondo. Di tutti gli organi di senso, il più usato, consumato, bistrattato, divinato, e in fin dei conti mal interpretato, è senza dubbio la vista. Vedere tende ad essere l’unica cosa che conta per i bipedi, l’unica finta realtà che ci diamo, e questo rende qualsiasi cosa parecchio complessa. Senza la vista si può benissimo vivere, eppure ci pare impossibile. È fattibile vivere senza percepire suoni, odori, sapori, è un dramma minore nel sentir comune, è quasi accettabile, ma vedere, quello no, guai! mai! è costituente del nostro essere, e non si sa bene perché o forse si. Non è un caso che l’unico scrittore che conta davvero qualcosa, e per questo palesemente inesistente, sia stato Omero. Cieco. Libero di osservare, ciò che chi usa gli occhi, non può, e non vuole, e forse non deve mai vedere.
Che forma ha una cascata per chi non è in grado di vederla? Cosa pensa sia una cascata chi può solo udirla? Siamo davvero sicuri che la bellezza di una cascata sa negli occhi di chi la guarda e non nelle orecchie di chi la sente vibrare? Come guarderebbe il mondo, il nostro mondo, quello che noi chiamiamo mondo, qualsiasi cosa esso sia, chi può affidarsi al solo uso dei sensi privi di iride? Fortunatamente in natura, come sempre del resto, c’è già tutto ciò che un essere naturale può ricercare, e anche in questo caso, basta osservare un bistrattato animaletto, comunemente noto come chirottero, per gli amici: pipistrello.
Fu un poco noto e geniale bipede, che oggi denomineremmo impavidamente come italiano, che a fine del settecento, precisamente nel 1793, in una ricerca al seguito del suo viaggio nel regno delle due Sicilie, che oggi denomineremmo impavidamente come Italia, a scrivere un vero e proprio scientific paper ante litteram con il seguente titolo: “Lettere sopra il sospetto di un nuovo senso nei pipistrelli”. Il genio in questione era un certo Lazzaro Spallanzani, a cui la odierna Italia non ha saputo far altro che intitolargli un ospedale mal messo e tante pacche sulle spalle. La tesi di fondo di cui Spallanzani intuisce la genialità, e per questo, come è ovvio, genuinamente irriso per molto tempo, è la questione di “come vede chi non vede”, e in questo i pipistrelli sono degli specialisti indiscussi, navigati navigatori di spazi a loro ignoti, con un radar in loro dotazione di grandissima fattura ed efficacia. Eppure lo stesso Spallanzani nelle sue ricerche si spinse a credere che i pipistrelli avessero un nuovo senso, sembrava impossibile anche a lui che senza quello della vista, un pipistrello potesse campare. Non ci sono prove in merito che i pipistrelli abbiano più sensi dei comuni bipedi che li studiano, ma ci sono prove che i pipistrelli campino a loro modo, proprio come i bipedi. Ancora più curioso il fatto che in tempi recenti, ogni virus che ama svacanzare in giro per il mondo, sia in qualche modo attribuito ad un pipistrello, e che per studiarlo, in Italia, si vada nei laboratori super segreti, segreti come solo i laboratori romani sanno essere, dello Spallanzani di Roma.
Quando si vuole guardare il mondo, bastano gli occhi e avanzano, sono pure troppi e forse sprecati addirittura due, potevamo avere due cuori, abbiamo scelto due occhi, chissà chi è l’artefice di tanta genialità. Quando però si smette di guardare, e si inizia ad osservare, si iniziano a scardinare certezze e realtà, si inizia a sospettare di tutto fin anche del sospetto stesso, ecco, è proprio li, in quel raro momento, in quei pochi uomini che smettono di essere bipedi qualunque, che con un ulteriore sforzo, si inizia a capire perché tutto assume nuove forme e sapori quando si iniziano a guardare le cose in modalità pipistrello, e anche questo mondo, come qualsiasi altro mondo, guardato senza occhi assume tutt’altra prospettiva. Prospettiva… croce e delizia di chi solo con gli occhi sa guardare e ad essi si affida per sopravvivere.