“Se sei nero sei nato in prigione”. L’ha detto Malcolm X, era il 1964, l’anno prima di essere assassinato. Il Sogno Americano era un incubo per il musulmano nero, già portavoce della Nation of Islam. Diceva che “i diavoli dagli occhi azzurri” (i bianchi) non avrebbero avuto pace: dovevano saldare il peccato della schiavitù, il fatto di aver continuato a brutalizzare i discendenti degli schiavi.
La vita straordinaria di Malcolm X è l’emblema delle dolorose verità e dei sacrifici compiuti durante la lotta per i diritti civili negli Stati Uniti d’America. Al principio, aveva preso come rivale Martin Luther King, lo pensava una specie di Zio Tom; poi si è reso conto che avevano gli stessi obbiettivi, che andavano incontro, entrambi, “alla catastrofe finale”.
La bibliografia di Malcolm X è talmente vasta che sembra impossibile ci sia altro da aggiungere. Dunque, che cosa ci dice di nuovo The Dead Are Arising, la nuova biografia composta dal premio Pulitzer Les Payne (morto nel 2018) e dalla figlia Tamara? I lavori precedenti hanno proposto congetture basate sui documenti declassificati dell’FBI: i Paynes hanno preferito affidarsi a fonti primarie. Attingendo a migliaia di ore di interviste, ai resoconti dei testimoni oculari, a documenti intimi, hanno costruito un quadro più completo intorno all’evoluzione di Malcolm X “da criminale di strada a devoto moralista a rivoluzionario”; un uomo che con le parole non terrorizzava soltanto l’America bianca ma anche, infine, la leadership musulmana nera.
Malcolm X era un oratore radicale ed elettrizzante: era dotato di un dinamismo letale, ma anche di una freddezza imperturbabile. Portava dentro di sé la spietata memoria della deferenza a testa bassa che ci si attende dai neri americani. La sua ferocia era un palpitante contrappeso alle marce non violente dei neri per la libertà, sedate dalla polizia. Se davi uno schiaffo a Malcolm X, lui non porgeva l’altra guancia: ti pigliava a ceffoni. Fu Alex Haley, per la prima volta, in The Autobiography of Malcolm X (1965), a foggiare il ritratto del combattente filosofo, di strada. Altri tentativi di catturare il polemista, l’agiografia dell’oratore con la lingua aguzza sono rappresentati dagli scatti di Eve Arnold del 1961, per la rivista “Life”: il ragazzo, fascinoso, aveva cappello, occhiali da sole, orologio d’oro e anello massonico.
Nel 2011 Manning Marable, attraverso Malcolm X: A Life of Reinvention, ci ha proposto il racconto di un autodidatta pieno di difetti (ladro adolescente che ruba alla madre povera, misogino). Marable ha ritratto Malcolm X come un padre e un marito essente; ha suggerito che Malcolm, da ragazzo, sia stato indulgente nell’assecondare le fantasie omoerotiche di vecchi uomini bianchi. In questo nuovo libro, Malcolm X emerge con un vendicatore dei torti subiti da bianchi e neri, con un pozzo di dolore ribollente, pieno di risentimento verso i suprematisti bianchi. Il fratello Wilfred, ministro del Nation of Islam, è stato centrale nel suo sviluppo, introducendo Malcolm al “costume islamico” dei neri americani dopo che è uscito di prigione, per una serie di furti con scasso. Crescendo, la determinazione di Malcolm assomiglia a quello del padre, Earl Little, predicatore battista, difensore dei diritti dei neri. Nel 1931, il reverendo Little morì in circostanze sospette, investito da un tram. Malcolm ha sempre creduto che fosse stato il Ku Klux Klan ad architettare l’“incidente”. La madre, traumatizzata, fu ricoverata, poco dopo, in un ospedale psichiatrico.
Indubbiamente, il trauma alterò il comportamento del ragazzo, più portato “ad arrotolare le foglie di marjuana, che le maniche della camicia”. Una volta, il piccolo Malcolm sfidò il poliziotto che gli puntava l’arma addosso: “Avanti, premi il grilletto, bianco”. Adolescente, sbarcò ad Harlem, determinato a diventare “uno dei più depravati, parassiti, imbroglioni”, un’ambizione che realizzò nel racket delle piccole scommesse.
Uscito dal carcere, fu preso dall’entusiasmo del convertito: aumentò il numero degli affiliati al NOI in un decennio di qualche migliaio. La parte più avvincente di The Dead Are Arising, comunque, riguarda la rottura con il movimento, in seguito agli ordini di Elijah Muhammad di negoziare con il Klan. L’incontro esplorativo ad Atlanta – il supporto di uno stato nero guidato dal NOI negli Usa, in cambio dell’aiuto al Klan a combattere “il flagello dell’integrazione” – è narrato con piglio cinematografico, con Malcolm che preferisce l’aristocratico sarcasmo una volta che gli è chiaro l’obbiettivo del Klan: informazioni sui movimenti di Martin Luther King, per “eliminarlo”. Naturalmente, Malcolm X riteneva qualsiasi alleanza con il Klan inconcepibile. Tuttavia, fu l’immoralità di Muhammad – amante/padrone di diverse segretarie del NOI – a portare a una rottura irreversibile. Le testimonianze finora inedite di The Dead Are Arising mostrano come, denunciando pubblicamente Muhammad, Malcolm X abbia fomentato gli ex alleati a ucciderlo.
Sebbene questo libro di 640 pagine non abbia la stessa sovreccitata idiosincrasia di The Autobiography of Malcolm X, conquista la potenza senza compromessi di un autentico protagonista della Storia. Dalla sua morte, le idee di Malcolm X hanno attraversato volti e fatti. Il suo messaggio rivoluzionario è diventato un manifesto, inneggiato da coloro che chiedono giustizia “con qualsiasi mezzo necessario”.
Colin Grant
*L’articolo è stato pubblicato in origine su “The Observer”