Paolo Zellini è un matematico italiano che ha svolto indagini sull’analisi numerica, matrici e algoritmi di rilievo internazionale. Eppure Zellini non fornisce solo argomenti di stampo scientifico diretti al lettore che abbia una formazione specifica sulla materia, egli restituisce una prospettiva sulla scienza e delle ripercussioni sulla Storia delle Idee degne di considerazione. Nella società odierna, legata alla prospettiva del controllo algoritmico, finanziario, economico, statistico e scientifico-sociale, il linguaggio naturale umano assume lo scopo della trasmissibilità e della comunicazione mediata; tale scopo è deciduo di fronte a compagini geografiche, storiche, linguistiche, emozionali. Al contrario, il numero è il linguaggio che soggiace alla scienza, dove echi di Galileana memoria sovvengono nel correlare cifre alla costituzione degli enti, un Ordo Universalis inscrivibile nella struttura logico matematica.
Ma tralasciando questioni sulla fondatezza o meno dell’ assunto corrispondenza numero-universo o del platonismo matematico, Zellini trova una chiave di lettura inaspettata nel suo testo del 2018 “La Dittatura del Calcolo” cercando di sviscerare una domanda: “La matematica può assumere una forma dittatoriale? La matematica può imporsi sul mondo?”. La risposta, per la pace socio-interiore dei matematici e degli affezionati dello squadrismo scientista, è no. Perché non stiamo parlando di matematica, ma di calcolo. Nel corso della storia della materia è avvenuto uno spostamento dalla ricerca iniziale del principio e della mathesis universalis alla ricerca di un’efficienza. Questo spostamento teleologico è corrisposto anche nella ricerca interna alla disciplina da una matematica al calcolo.
“L’arte della computazione è diventata scienza del calcolo. Non c’è allontanamento dall’analisi più concettuale, se mai una più intensa relazione tra teoria e prassi, tra pensiero e tecnica, ora riscontrabile in tutte le sedi ufficiali della ricerca avanzata. E ciò in netta contrapposizione allo stile teorico e introspettivo del pensiero scientifico del primo Novecento. Il totalitarismo cibernetico non nasce solo come fenomeno sociale, economico e tecnologico, o dalla deformazione del rapporto tra macchina e uomo già denunciata da Norbert Wiener. Esso deve pure la sua affermazione e la sua diffusione planetaria a sviluppi più ideali e teoretici, specialmente alla rimozione e alla trasformazione dei grandi progetti della matematica e della filosofia di fine Ottocento, a un graduale slittamento della coscienza scientifica e alla fatale attrazione di una materialità algoritmica.”
Zellini spiega brillantemente nel libro sopracitato come si delinei nel corso della storia della matematica questa necessaria distinzione tra matematica e calcolo, e quali fallacie possono emergere da questo distinguo. La mappatura e la prevedibilità diventano degli assi portanti del calcolo statistico e diventano il linguaggio segreto, poiché pochi lo comprendono ad un certo livello, che permette di creare un dominio. Soltanto con il calcolo è possibile gettare le basi per un controllo, e soltanto tramite quest’ultimo è possibile instaurare una “dittatura”.
“L’impiego del calcolo digitale in ogni settore della nostra vita ha esasperato queste ambiguità: con l’infinita varietà degli algoritmi che servono oggi per selezionare l’ingresso nelle scuole o nelle università, per incriminare presunti colpevoli, per assumere o licenziare nelle aziende, o semplicemente per sorvegliare i nostri movimenti, si sacrifica spesso l’equità per l’efficienza, l’attendibilità del giudizio per la funzionalità dell’apparato. L’ambiguità rischia sempre di trascinare in un’oscillazione senza rimedio. Come naturale reazione all’oppressione algoritmica e a una riduzione all’ordine decretata dai numeri, sarebbero destinati a riprendere vigore una rivendicazione di autonomia o una disposizione al pressapochismo. Un’irrazionalità impaziente e risoluta sarebbe sempre pronta a prendersi la sua rivincita contro la tirannia del calcolo, e lo farebbe c’è da temere – sacrificando gli stessi principi su cui poté fondarsi, in origine, una stretta combinazione tra concetti scientifici e formule sapienziali, tra religione e matematica, tra etica e pensiero esatto”
Proprio in tali contesti assume importanza l’algoritmo come prospettiva finale del calcolo e il contesto odierno, dove Internet, Informazione, Crittografia diventano terreno di battaglia, è il terreno fertile su cui far esistere dei domini. Le banche dati raccolgono, catalogano, enumerano e forniscono, a chi le controlla, il colossale insieme da cui attingere e su cui prospettare prossimi algoritmi. Ed è su queste enormi banche informatiche e di informazioni che si innesta e realizza l’algoritmo previdente e generativo, quale teleologia scientifica avvenuta. Ma soltanto invertendo fini e mezzi è stato possibile dare una nuova prospettiva algoritmica e computazionale alla modernità, ovvero quando nel corso del Novecento è emerso il processo infinito di calcolo anziché l’ambizione divina di calcolare l’Infinito. Ma non è possibile prescindere però dalla cautela di Zellini nel tarare la parola giudiziaria a fronte di possibili revanchismi irrazionalisti:
“Libertà e determinismo non sono neppure, ormai, un’antitesi plausibile, essendo tutto calcolabile a meno di una valutazione probabilistica o di un errore di cui si ignora quasi sempre l’esatta entità. Nel grandioso universo che così si configura, un universo della Necessità e dell’Incertezza, la matematica detta ovunque le sue leggi, e dirige perfino il nostro pensiero, che si conforma ai dettami del calcolo e alla forza ermetica degli algoritmi anche quando dà mostra di governarli con le sue scelte e il suo arbitrio. È così che la scienza positiva pretenderebbe di dar conto, alla fine, anche della nostra libertà e della nostra coscienza. Riesce a farlo solo nella misura in cui siamo noi stessi a riconoscere ogni volta, nell’accumulo di teorie, di dati, teoremi e procedure, il senso della verità che stiamo cercando. Ma non è detto che per farlo potremo o vorremo mai pre- scindere da tutta l’informazione che soltanto gli algoritmi, ora, sono in grado di elaborare.”
Il calcolo si manifesta allora nelle sue apocalittiche prospettive e possono sovvenire contesti ove è possibile rimembrare che la “scienza” soggiace al desiderio umano ancor prima che alla relazione numero-universo. E il desiderio di controllo e calcolo ai fini della prevedibilità e dell’efficienza meccanica possono trasformare un desiderio in un incubo. Infatti è con scientifica efficienza che si costruiscono missili precisissimi con cui colpire ospedali, droni con cui bombardare, firewall giganteschi con cui controllare e magari in un futuro non troppo distante da horror sci fi, eserciti di robot, chip di controllo mentale o nanomacchine come armi biotecnologiche. Il desiderio è ambivalente ed è proprio per questo che la “scienza” edifica miracoli come dannazioni (sulla scia di Oscar a Oppenheimer e sul senso distruttivo a cui si può piegare il sapere), adagiandosi come qualunque cosa umana sulla dicotomia bene-male e sulle finalità morali su cui si dispiega. Proprio per questo il linguaggio matematico è sì efficace, soprattutto come calcolo, ma non lo si deve esimere da un’analisi superiore etica evitando così la sinonimia di efficacia e verità. Proprio per questo ci si dovrebbe ricordare platonicamente che il linguaggio matematico è il linguaggio della Dianoia (ragione logico deduttiva) che soltanto in complementarietà alla Noesi (intuizione intellettiva) costituisce l’Episteme (scienza).