OGGETTO: L'assalto al Quirinale è cominciato
DATA: 14 Maggio 2021
SEZIONE: inEvidenza
Bruno Vespa inaugura la corsa alla presidenza della Repubblica con un libro che racconta la storia dei 12 PdR italiani. Cinque possibili scenari per arrivare pronti a gennaio.
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 Il 29 aprile è uscito il nuovo libro di Bruno Vespa “Quirinale. Dodici presidenti tra pubblico e privato”, in cui il più longevo giornalista della Rai dipinge i ritratti di tutti i presidenti della repubblica italiana dal dopoguerra a oggi. Una parte importante del testo è occupata dalla descrizione delle first lady, le donne che hanno accompagnato i vari statisti. Sebbene non tutti i capi dello stato abbiano varcato la soglia del Quirinale a braccetto con la consorte ‒ ad esempio De Nicola era scapolo, mentre Saragat e Mattarella vedovi ‒ l’intento di Vespa è quello di far conoscere le figure femminili che hanno plasmato i loro caratteri e raccontare piccoli dettagli delle loro vite private. Alla fine della lettura si rimane con una carrellata di aneddoti conosciuti e non, qualche retroscena sulle elezioni più delicate e l’immancabile presenza di alcuni fatti autobiografici che Vespa umilmente non manca di sottolineare. Il libro ‒ che non è un saggio storico, né ha l’ambizione di spiegare la trasformazione dell’istituzione della Presidenza della Repubblica ‒ ha un ritmo piatto, un lessico colloquiale e come unico scopo quello di intrattenere per qualche ora il lettore medio di Bruno Vespa, che comprensibilmente corrisponde allo zoccolo duro del suo pubblico televisivo.

L’uscita del libro inaugura la lunga stagione politica che ci porterà alla nuova elezione del Presidente della Repubblica, al termine del settennato di Mattarella in scadenza a gennaio dell’anno prossimo. Vespa, profondo conoscitore dei vizi e delle virtù del popolo italiano, si è portato avanti con il lavoro e ha confezionato un libro alla portata di tutti, capace di solleticare la curiosità mordi e fuggi del suo pubblico, che in questi mesi sarà bombardato mediaticamente sull’evento politico clou della legislatura. Non ci sarebbe da stupirsi se a ridosso dell’elezione, durante il periodo natalizio, il titolo di Vespa schizzasse ai vertici delle classifiche di quelli più venduti, né tantomeno se l’argomento del libro del prossimo anno ‒ dal 1993 non passano 12 mesi senza almeno una pubblicazione del conduttore di “Porta a porta” ‒ sia un ritratto del futuro presidente. L’industria editoriale che ruota attorno a Bruno Vespa è un meccanismo ben collaudato che difficilmente sbaglia un colpo.

Nel corso delle pagine l’autore utilizza alcuni episodi della vita dei presidenti per raccontare il loro carattere e il loro modo di esercitare la carica. Ad esempio, Luigi Einaudi durante un pranzo con alcuni giornalisti, tra cui anche Ennio Flaiano, mette in mostra tutte le sue doti di parsimonioso economo. Arrivati alla frutta, pur di non sprecare mezza pera, chiese ai presenti chi volesse dividerla con lui. Nel silenzio imbarazzante generale, Flaiano rispose prontamente chiedendosi tra sé e sé se il Presidente, dopo avergli tagliato la sua metà, gliel’avrebbe anche sbucciata. Purtroppo, Einaudi non si spinse così in là, ma la vicenda colpì così tanto il giornalista da vedere in quel gesto il simbolo di una classe dirigente che stava scomparendo. Dopo Einaudi, affermò Flaiano, sarebbe cominciata la stagione delle pere indivise. Un’altra storia degna di nota riguarda Gronchi, che fu il primo capo dello stato a compiere dei viaggi internazionali. Durante il suo mandato volò sia negli Stati Uniti che in Unione Sovietica. A Mosca si rese protagonista di un simpatico siparietto con Kruscev noto alle cronache per le sue gaffe e uscite fuori luogo. Il segretario dell’unione sovietica, apprezzando la fama di Gronchi di essere un uomo aperto a sinistra, gli chiese perché non si fosse iscritto al partito comunista visto che era il migliore al mondo. Una battuta di questo calibro a favor di giornalisti, riferita al Presidente dello stato occidentale con il più forte partito comunista, in piena guerra fredda, provocò non pochi grattacapi al povero Gronchi che, tornato in Italia, dovette gestire una crisi di governo causata proprio dall’infelice uscita di Kruscev. Infine Pertini, il Presidente più iconico della storia repubblicana, viene raccontato da Vespa come quello più ossessionato dalla visibilità pubblica. Non mancava mai l’occasione per esibire la sua affabilità davanti le telecamere e mostrarsi come uno dei padri della patria di fronte al popolo italiano. In una trasferta in Germania per visitare un gruppo di operai italiani si indispettì non poco proprio con Vespa ‒ all’epoca inviato Rai quirinalizio ‒ perché nel momento del saluto con gli immigrati italiani non aveva visto il microfono, che avrebbe dovuto trasmettere ai compatrioti a casa tutta la sua umanità e vicinanza ai lavoratori.

Di storie come queste è farcito il libro, ma i veri protagonisti dei dodici ritratti non sono i presidenti, bensì i capi politici dei partiti che li hanno eletti. Vespa racconta le lotte estenuanti e i numerosi colpi bassi che i diversi manovratori si sono tirati vicendevolmente ad ogni elezione. Dalle prime in cui De Gasperi, Togliatti e Nenni cercano di trovare delle personalità più o meno condivise; passando per gli anni di Moro, Fanfani, Saragat e Berlinguer in cui i partiti trovavano al loro interno i veri nemici; per continuare con Craxi, Occhetto e Andreotti artefici e vittime di quel sistema che è stata la tarda Prima Repubblica; arrivando ai più “giovani” D’Alema, Prodi e Berlusconi, i genitori politici della crisi di questi anni e dei protagonisti che a gennaio dovranno dirci chi sarà il prossimo Presidente. Il libro è anche la storia degli sconfitti per la battaglia al Quirinale: Fanfani veniva chiamato il “Rieccolo” perché sperava che ogni elezione fosse la buona per lui, o Andreotti che rimase avviluppato in quella ragnatela di relazioni, promesse e vendette che gli ha sbarrato la strada per il colle più alto. In alcune elezioni non sono mancate le proposte originali e lontane dagli ambienti politici, come quando nel 1946 venne sondato Benedetto Croce e solo per un suo diniego non abbiamo realizzato il sogno di Platone di mettere un filosofo a capo dello Stato, oppure, molto più prosaicamente, quando nel 2015 Berlusconi propose a Renzi lo stesso Vespa come candidato originale per il Quirinale.

Alla luce di tutte le storie raccontate da Vespa, come possiamo immaginare la futura elezione nel gennaio dell’anno prossimo? Gli equilibri politici attuali sono molto delicati e fare previsioni precise per avvenimenti che avverranno tra 8 mesi necessita di spiccate doti divinatorie. Possiamo però illustrare quelli che sono gli scenari più razionali che a oggi siamo capaci di intuire.

Primo scenario. La flebile alleanza che sorreggeva il Conte 2, epurata dai Renziani, riesce a superare le forche caudine delle elezioni amministrative senza strappi irriducibili. Si converge su un nome d’area che mette d’accordo sia il Pd, che i 5 Stelle, che la sinistra. Un non politico sarebbe la figura ideale, ma anche un profilo come Bersani, negli ultimi mesi molto attivo nelle vesti di padre federatore, potrebbe avere qualche chance. Un’altra possibilità è quella che il voto alle amministrative diventi una merce di scambio per ottenere un candidato più schierato per il Quirinale. Ad esempio, lasciare Roma e un’altra città tra Napoli e Torino al Movimento 5 Stelle, varrebbe un Presidente della Repubblica di area Pd. Conte uscirebbe rafforzato con la vittoria nella capitale e potrebbe legittimare la sua leadership anche con il voto popolare, mentre il Pd otterrebbe ancora per un settennato le mani sul Quirinale. Franceschini, che molti assicurano lavorare dietro le quinte per una soluzione del genere, potrebbe essere il protagonista di questa operazione.

Secondo scenario. La destra riesce a conquistare una o due grandi città alle amministrative e si propone come futura alleanza di governo. Il “sogno” di Berlusconi al Quirinale rimane difficile da realizzare, almeno una parte del Pd dovrebbe votarlo, ma di questi tempi non si sa mai. Una figura più moderata, ad esempio Casini già papabile nella scorsa elezione presidenziale, potrebbe aggregare i voti centristi e di pezzi del Pd. Una volta eletto il candidato della destra, lo scioglimento delle camere e nuove elezioni sarebbero automatiche.

Terzo scenario. I partiti dell’attuale maggioranza convergono unitariamente su Mario Draghi, che da palazzo Chigi si trasferisce direttamente al Quirinale. Per la prima volta un Presidente del consiglio in carica viene eletto Presidente della Repubblica. Anche in questo caso lo scioglimento delle camere e nuove elezioni sarebbero automatiche, cosa che potrebbe mettere paura a qualche partito non ancora pronto ad affrontare il voto popolare.

Quarto scenario. I partiti dell’attuale maggioranza per paura delle nuove elezioni decidono di non scegliere il nuovo Presidente della Repubblica. Pregano Mattarella di seguire le orme del suo predecessore e iniziare un secondo mandato a tempo, fino alla fine naturale della legislatura nel 2023, ottenendo in questo modo ancora un anno per preparare le elezioni. Draghi rimane al suo posto e si cristallizza la situazione delegando agli equilibri della futura legislatura l’onere di scegliere anche il prossimo Presidente.

Quinto scenario. Si vota una personalità tecnica, preferibilmente di sesso femminile. L’attuale ministro della giustizia Cartabia potrebbe avere il pedigree perfetto per diventare la prima Presidente della Repubblica donna, se fino a gennaio la sua annunciata riforma della giustizia non produce troppi malumori tra i partiti. L’accordo politico potrebbe prevedere il mantenimento del governo Draghi fino a fine legislatura e rimandare il saldo dei conti al nuovo parlamento. Quale di questi scenari sarà quello che si avvicinerà di più al futuro politico della nostra nazione è ancora troppo presto per dirlo. In qualsiasi modo andrà a finire, però, siamo sicuri che il nostro Bruno Vespa non si farà scappare l’occasione di raccontare la sua versione dei fatti in un nuovo libro.


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