Il 13 agosto 1975 Giorgio La Pira, storico esponente della Democrazia Cristiana e ex sindaco di Firenze, parlò per l’ultima volta ai giovani del campo scuola estivo del Villaggio “La Vela” di Castiglione della Pescaia (Gr). In quell’occasione, che denota l’attenzione data da La Pira alla formazione e alla comunità, il “sindaco santo” ragionò apertamente sulle conseguenze politiche, sociali e addirittura escatologiche dell’incubo della guerra atomica. Il fisico Robert Oppenheimer, direttore scientifico del Progetto Manhattan, dopo l’esplosione della prima arma atomica nel 1945 citò, intimorito, la Bhagavad Gita: “Sono diventato la Morte, il distruttore dei mondi”. La Pira, animato da una visione profetica della storia, prosegue su questa lettura escatologica sottolineando come la proliferazione atomica abbia a suo avviso portato l’umanità alla “frontiera dell’Apocalisse”. E su queste parole è bene riflettere oggigiorno, in tempi in cui sull utilizzo dell’atomica si è arrivati a riflettere non solo come caso di studio remoto.
“Questa è la situazione, il contesto storico di questo momento, oggi 13 agosto 1975. (…) 6 agosto 1945: trent’anni dopo la prima atomica, che era di 0,0015 megatoni. (…) Il primo problema è l’atomica. Perché essa è veramente il problema della vita o della morte del genere umano e dello spazio. Che si è fatto in questi trent’anni? Abbiamo cercato di eliminarlo, di non pensarci, per non aver dubbi di coscienza. È come un debitore che ha molti debiti: cerca di non pensarci. (…)
Tutti i problemi, politici, culturali, spirituali, sono tutti legati a questa frontiera dell’Apocalisse. O finisce tutto, o comincia tutto. O eliminare l’atomica o saremo tutti quanti eliminati globalmente, in un contesto atomico. Contesto spaziale… Chi di voi non sa quello che è avvenuto? L’incontro tra Apollo e Soyuz. Che senso ha? Le stalle del cielo sono aperte. Voi potete tirare una bomba atomica di lassù… Quanti mutamenti dall’anno passato a quest’anno: già un milione di megatoni – 0,0015 quella di Hiroshima.
Poi il contesto politico. Parliamoci francamente… Qualunque sia l’intenzione, non conta… Il fatto è che Urss e Stati Uniti, Ford e Breznev, hanno stabilito un ponte. L’unità del mondo almeno su questo piano atomico e spaziale è già realizzata. Poi, la Conferenza di Helsinki, una cosa incredibile, come mai sia avvenuta. Perché non è soltanto europea: l’Europa unita e con essa l’America, il Canada… tutto il mondo. E a capitano di questa conferenza europea chi c’è? C’è Paolo VI. Non c’era mai stato che la Santa Sede avesse una funzione motrice e definitoria nelle conferenze internazionali. Che senso ha?
Poi finalmente la componente spirituale. Supponiamo – confratelli – che lo Spirito Santo esista – ed esiste –, la ragion d’essere della Trinità è tutta qui, in qualche maniera. Poniamo che la Chiesa – Pietro – abbia la sensibilità di afferrarne il movimento. E bandisce l’Anno Santo con questa specifica definizione: l’anno in cui il genere umano viaggerà – è rivolto ai giovani – verso il porto escatologico. Quindi inevitabilmente sei chiamato… La terza età. Qual è questa terza età? L’età dello Spirito Santo. Che significa età dello Spirito Santo? L’età in cui fiorisce… L’età in cui o avviene la distruzione della terra, l’età atomica, del cosmo o non avvenendo questo avviene un’altra cosa, che è la fioritura della terra. Quaggiù l’anno del millennio. Che significa la pace universale? Il testo di Isaia: la pace universale, le armi cambiate in aratri, la giustizia in qualche maniera attuata tra tutti i popoli della terra e una cultura (…). Il nostro tempo, se voi lo analizzate culturalmente e spiritualmente, lo troverete fermentato da queste varie componenti, teso verso la pace universale – Isaia –, verso l’unità di tutti i popoli della terra – lo stesso Isaia –, il disarmo inevitabile – lo stesso Isaia –, e la contemplazione dei grandi misteri della Chiesa e della storia. Inevitabilmente, non c’è niente da fare.
Supponiamo quando ci vedremo il prossimo anno – inshallah –, fra due anni, fra tre anni… e voi ci riflettete, vedrete come c’è questo cammino sempre crescente, sempre verso un porto, il porto escatologico, che è il porto finale sulla terra, della fioritura del mondo.
Il punto in cui siamo, da dove veniamo, è un punto interessante è il punto dell’Apocalisse. L’Apocalisse ha due volti: il volto della distruzione totale e il volto della ricostruzione totale.
Da dove veniamo? Con questa barca che ha come capitano te (Pino), come bandiera la Vela… In questi anni si è fatto un discorso organico, non a caso. Quali sono le tappe che abbiamo attraversato? La prima tappa è quando abbiamo difeso la persona: una lettera fatta a te “Caro Pino” (pubblicata sulla rivista dell’Opera, “Prospettive”, ndr). Qui tutti parlano… ma la persona chi è? Cos’è questo individuo? E abbiamo affermato che questa persona ha senso, questo individuo ha senso, se è su una barca ancorata a uno scoglio. E questo scoglio è soprannaturale, senza di che si spezza, si sbanda, una nave sbandata. E noi abbiamo contestato questa nave sbandata.
La seconda tappa di questo cammino che abbiamo fatto: i punti fermi. Cioè questa nave che cammina ha una bussola, dei punti fermi, punti fissi, stelle fisse che non mutano con il mutare degli eventi? Sì. E quali sono? Quattro. Noi abbiamo affermato, contestando i punti mobili, che vi erano dei punti immobili, delle stelle fisse attorno a un punto Omega. Noi crediamo la scelta del Messia di Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente; la scelta della Samaritana: Dammi da bere, l’acqua, la Grazia che integra ed eleva la persona umana; la scelta di Cesarea: Tu sei Pietro, e su questa pietra…; e la scelta di Isaia, che è quella di Nazareth: Sono venuto a liberare gli oppressi. Queste quattro scelte sono i quattro punti immobili verso i quali viaggia sempre inevitabilmente come la bussola la nave che noi abbiamo, questa nave con questa Vela.
Poi non solo. Poi siamo andati a Roma e abbiamo fatto tre viaggi: nell’uno abbiamo fatto l’asse tra Pietro e Augusto, l’Ara Pacis… La seconda Pietro e Costantino. La terza Pietro e Giustiniano (Cesare fui e son Giustiniano). E poi continua… E arriva fino ad oggi: Pietro e Helsinki. Il telegramma che abbiamo fatto per la cosa di Helsinki dice così: “Questa nave della pace, che è stata disegnata nelle capitali europee, che è stata costruita nel cantiere di Helsinki, e che levata l’ancora è scesa nell’oceano della storia”. E poi, finalmente, indicando che cosa? Che la storia ha una sua finalità, suprema, imbattibile, invincibile – la teleologia della storia – che ha un suo fondo, è bipolare: per un verso la Chiesa e per l’altro l’impero. La tesi di Dante. Che c’è una storiografia del profondo. E finalmente questa fioritura del mondo e il porto escatologico. Questa è stata la seconda tappa. Prima tappa la persona, seconda tappa la storia. E questa è l’ultima tappa. Dove si va? Si va verso la fine, il porto escatologico, che è caratteristico dell’Anno Santo, che orienta tutto l’Anno Santo, in cui noi ci includiamo.
Ora ragazzi, questo è il problema vero. Siamo in navigazione, tenuti tutti a dare un colpo di remo a questa nave. Per condurla dove? Verso il porto escatologico. Come si dà questo colpo di remo? La forza fondamentale è la preghiera, l’unione con Dio, interiore, l’uomo interiore, che muove qualunque cosa. Qualunque cosa voi chiederete vi sarà dato… Quindi aiutare tutti gli sforzi perché la nave arrivi in porto. Non è facile perché le tentazioni nemiche sono tali, perché le difficoltà terrestri sono tali, economiche, finanziarie, politiche. Perché bisogna ridurre questo mondo a una unità. Come un’unica famiglia che ha Dio per Padre. La Chiesa è orientatrice. E tutti noi per fratelli, senza distinzione di classe… L’unica forza motrice… Tenendo conto che c’è ancora da imbarcare Israele, tutto; tutti i non credenti, tutti, di qualunque denominazione siano; tutto il terzo mondo, la Cina. Tutti i popoli imbarcati verso la pienezza degli ebrei e degli arabi, la famiglia di Abramo, e verso la pienezza dei gentili, tutti i popoli della terra.
Dice: ma è possibile? Non c’è altro. San Paolo nella Lettera ai Romani lo dice in maniera esplicita, chiara: Pienezza degli ebrei e pienezza dei gentili. Questa barca deve fare questo viaggio, inevitabilmente. E ciascuno di noi è corresponsabile di questo viaggio. La può aiutare con la sua vita interiore e con la sua azione a tutti i livelli, politica, economica, culturale e spirituale. Non possiamo dire: “Sa, io non c’ero”. Lei c’era. Perché o affonda anche per te o fiorisce anche per te. (…) Il discorso che fece Kennedy, nel 1961: diecimila anni di pace o la terra ridotta a un braciere, è vero oggi più di ieri, inevitabilmente. Isaia, ogni giorno più diventa lo storico contemporaneo, la lettura attraverso questa lente degli avvenimenti che si svolgono davanti a noi. E noi tutti coimbarcati, con maggiore o minore responsabilità. (…) Per dare alla terra questa fioritura che poi alla fine è il regno millenario di Cristo, quaggiù.