Gli ultimi giorni sono stati segnati da un incontro che per molti analisti ha un significato “storico”: quello tra il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi e l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini. L’incontro si è svolto nella cornice di un seminario su Chiesa e Massoneria, voluto dall’associazione cattolica Gris, rappresentata dal segretario nazionale Giuseppe Ferrari, e organizzato a Milano presso la Fondazione dell’Ambrosianum con l’avallo dell’arcivescovo della cittá monsignor Mario Delpini, che è intervenuto all’evento al quale hanno partecipato tra gli altri il cardinale Francesco Coccopalmerio già presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, il presidente della Pontificia Accademia di Teologia monsignor Antonio Staglianò e appunto il Gran Maestro Bisi, che da sempre auspica un disgelo nelle reciproche relazioni.
Un disgelo che per molti appare o sacrilego o impossibile, anche alla luce degli scontri che ci sono stati tra massoneria e mondo cattolico soprattutto durante l’Ottocento nella stagione risorgimentale e dell’Italia umbertina. Proprio durante la fase post unitaria il conflitto tra massoneria e mondo ecclesiastico si fece più accentuato su un tema cardine: l’educazione dei cittadini e la pedagogia nazionale. Una sorta di kulturkamph italiana tra potere spirituale e secolare per raggiungere il primato morale sulla nazione finemente ricostruita dal professor Marco Rocchi nel suo saggio “Le imperative esigenze del bilancio morale. La politica dell’istruzione nei ministri massoni tra proclamazione del Regno d’Italia e fascismo” (Mimesis). Un saggio che ripercorre il ruolo dei ministri massoni nella formazione della coscienza nazionale e la loro contesa col mondo cattolico. Un settore della nostra storia nazionale ancora poco indagato e che meriterebbe un ulteriore approfondimento.
-Professor Rocchi, perché “Le imperative esigenze del bilancio morale” e come nasce questa sua indagine biografica tra pedagogia e massoneria?
Da tempo meditavo un’opera che affrontasse il tema dell’impegno educativo massonico e raccoglievo materiale su questo tema: filosofi, pedagogisti, politici, educatori massoni che avevano fatto dell’educazione il leit-motiv della loro attività e del loro impegno. Ma il materiale stava diventando imponente, eccessivo per un solo libro. Di qui la selezione della sola parte riguardante i ministri massoni della pubblica istruzione in un periodo di poco piu’ di mezzo secolo, tra la proclamazione del Regno e l’avvento dal fascismo: un periodo cruciale per la formazione della nuova Italia. Quanto al titolo, il richiamo è al celebre discorso di insediamento di Ernesto Nathan a sindaco di Roma, molto significativo in termini di impegno educativo: «Il bilancio, il suo pareggio sono la legittima preoccupazione di ogni prudente amministratore; ma sino a quando vi sia un solo scolaro entro la nostra cerchia amministrativa, il quale non possa ricevere l’istruzione e l’educazione civile, in ambiente sano ed adatto, le considerazioni del bilancio finanziario devono cedere il passo alle imperative esigenze del bilancio morale ed intellettuale. Le scuole devono moltiplicarsi, allargarsi, migliorarsi; rapidamente, energicamente, insieme col personale scolastico».
–Quale è la figura che ritiene più significativa o esemplare di questo testo?
Le figure sono molte, e dal punto di vista culturale mi piacerebbe citare Francesco De Santis, un uomo che ha rivoluzionato la Storia della letteratura italiana. Tuttavia, per la straordinaria portata della riforma scolastica che porta il suo nome, scelgo Michele Coppino, che fu 9 volte Ministro della Pubblica Istruzione tra il 1867 e il 1888. Una riforma di portata epocale, con una attenzione parimenti dedicata agli alunni e agli insegnanti, fortemente avversata dalla Chiesa, che lo attaccò a più riprese su Civiltà cattolica. Se in Italia abbiamo (avuto) una scuola pubblica, laica, gratuita, lo dobbiamo a lui.
–Quale ruolo ebbe la massoneria nella complesso pedagogico italiano e nella formazione delle classi dirigenti dal Risorgimento alla fine dello Stato liberale?
La Massoneria si è fatta carico di quello che a me piace chiamare il secondo Risorgimento, quello che si è combattuto non più sui campi di battaglia, ma nelle aule parlamentari. E la Massoneria aveva chiaro che non ci sarebbe stata una nuova Italia se non passando per l’istruzione pubblica. Anche così si spiega un tale dispiegamento di forze: 55 mandati ministeriali su 72 furono affidati a massoni, 26 ministri su un totale di 39. Un impegno di questa portata non è frutto del caso.
-Quale fu l’impatto principale e i risultati che ebbero gli ideali e le figure massoniche nella società italiana postunitaria? E nella formazione di un immaginario nazionale (pensiamo a Pinocchio)?
L’impatto è presto detto: riduzione dell’analfabetismo da una parte; e dall’altra la formazione su valori ideali laici e risorgimentali delle nuove generazioni: giustamente lei ricorda Pinocchio, che ha formato molte generazioni di bambini; ma a me piace ricordare anche Cuore (del massone De Amicis) che ha formato i cittadini della nuova Italia. Peccato che la rivoluzione studentesca del ‘68 (che tanti meriti ha avuto) abbia buttato anche, talvolta, il bambino con l’acqua sporca: e Cuore e Pinocchio sono scomparsi dal nostro orizzonte educativo.
–Come valuta il rapporto tra Chiesa e Massoneria (e i laici) tra ottocento e primo Novecento nella contesa per il primato culturale, morale (se non spirituale) del Paese? Può farci qualche esempio?
Il rapporto è stato enormemente conflittuale: la nuova classe dirigente, in larga parte di formazione massonica, ha ritenuto di sottrarre alla Chiesa il primato culturale e educativo, ma non solo: le battaglie per la cremazione, quelle (riuscite solo negli anni ‘70 del XX secolo) sul divorzio, erano terreni di scontro, che avevano portato l’Italia ad essere finalmente uno Stato laico. Ci volle Mussolini, “l’uomo della provvidenza”, per rimettere in sella la Chiesa, da cui non è più ridiscesa.
-In questo quadro quale fu il ruolo e il peso politico e ideologico rivestito da Ernesto Nathan?
Nathan era repubblicano (che per l’epoca significava rivoluzionario), mazziniano, massone, ebreo e mezzosangue (madre italiana, padre inglese): incarnava ciò che agli occhi della Chiesa rappresentava il peggio. E il suo essere insieme fondatore di scuole popolari, allievo di Mazzini, grande sindaco di Roma, e per più mandati Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, era a dir poco mal tollerato dalla Chiesa, che non esitò mai ad attaccarlo affermando che faceva parte della “Sinagoga di Satana”, una definizione che riusciva a far trapelare tanto l’antimassonismo che un feroce antisemitismo.
E più veniva attaccato, più Nathan rappresentava un punto di riferimento per l’Italia migliore.
-Recentemente si è svolto un incontro cruciale tra il Gran Maestro Stefano Bisi e un importante cardinale. Come evolverà in futuro, secondo un suo punto di vista, il rapporto tra massoneria e Chiesa?
Il dialogo non è mai sbagliato e certo non sono io a poter commentare l’azione del Gran Maestro Stefano Bisi. Però, se dovessi basarmi sull’esperienza storica, direi che il dialogo tra Massoneria e Chiesa rimarrà nel libro dei sogni (o degli incubi): e, se dovessi scommettere, non per decisione del Grande Oriente.
–Il suo testo si interrompe alla vigilia del Fascismo. Come si sviluppò invece questo rapporto durante la Prima Repubblica (forse dominata più da ideali guelfi, sia bianchi che rossi…)?
Purtroppo nessun massone ha più rivestito un incarico così prestigioso. Ed è un peccato: la scuola si è nuovamente confessionalizzata, si è ridata voce (e tanto denaro) alle scuole private (il che significa prevalentemente cattoliche) e non mi pare che tutto sommato, fatte le debite proporzioni, la scuola pubblica di oggi sia migliore – almeno in termini di ideali – di quella di allora. E mentre la Francia festeggia il decennale della Carta della laicità nella scuola, voluta da un ministro massone, proprio la laicità è la grande scomparsa dall’orizzonte politico (e non solo scolastico). La Massoneria rimane forse l’unico faro di laicità, in questa luce crepuscolare.