L'editoriale

La forza del silenzio

The Young Pope di Paolo Sorrentino è il più grande manifesto contemporaneo di comunicazione politica ma nessun leader di opposizione ha saputo applicarlo in tempi di "confinamento".
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Pensavamo che il Covid-19 potesse cambiare tutto, invece, lo stato di emergenza nel breve e medio periodo non fa altro che rafforzare l’establishment. Il potere costituito. Governare in diverse fasi, dettate da repentine ordinanze, significa governare più a lungo possibile, con l’obiettivo di terminare la legislatura. E poi, vietare qualsiasi forma di assembramento, vuol dire anestetizzare la Lega, che prima del lockdown godeva di grande consenso popolare e stava di gran lunga in testa alle intenzioni di voto degli italiani. Non a caso anche la comunicazione politica di Matteo Salvini, basata sulla crossmedialità delle varie piattaforme virtuali, dai social network alla televisione, senza la cornice enfatica della folla radunata in piazza, non funziona più. È un cane che si morde la coda, e alla lunga, stanca, come un influencer qualsiasi. Il Carroccio oggi cala più o meno nella stessa misura in cui cresce Fratelli d’Italia.

Le misure di distanziamento sembrano aver spento le passioni, e ferito qualsiasi politico in grado di far diventare il proprio corpo un’arma di seduzione politica. Chi si farebbe in questo clima di psicosi un selfie con Matteo Salvini? Quante persone sarebbero pronte a scendere per strada con la paura di essere multate (o di ammalarsi)?  Come sarebbe ipotizzabile per un leader carismatico organizzare un giro per l’Italia in stile “Tsunami tour” di Beppe Grillo per creare un movimento di contestazione? Ad oggi, è finita un’epoca, neppure troppo lontana, anzi. Tanto che i leader di opposizione, dopo aver annunciato una chiamata alle armi nel giorno dell’anniversario della nascita della Repubblica, starebbero ritrattando la data per paura di creare un focolaio contagioso ed essere tacciati di irresponsabilità.

Il Covid-19 ha riportato la politica nel campo della tecnocrazia, dove governano i calcoli dei parlamentari, le strategie degli spin doctor, le direttive degli esperti riuniti nelle varie task force del momento. Le mura della cittadella al momento sono impossibili da assediare. La maggioranza, nonostante tutto, resta coesa, mentre il premier Giuseppe Conte ha blindato il suo mandato a Palazzo Chigi, insieme ai dossier sull’emergenza sanitaria, che pare condivida con cerchie ristrettissime.  Questa scelta strategica, oltre che caratteriale,  è un’arma a doppio taglio, è la sua forza e la sua debolezza, ciò che nonostante tutto gli consente di essere diventato indispensabile, anche per i nemici interni . Se da un lato dunque attrae su di sé tutte le critiche (e inversamente i successi), dall’altro oscura i partiti che gli hanno conferito “i pieni poteri”. E se ci fate caso Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio non attaccano mai pubblicamente Matteo Renzi per i suoi “ricatti” politici.

Parallelamente il Covid-19 ha arginato il populismo, murando i suoi protagonisti italiani in casa, con mascherina, amuchina e guanti. A tal punto che la loro stessa opposizione, seppur con un tricolore sulla bocca, nel rispetto di regole e regolette, si è trasformato in un spot per le misure restrittive introdotte dal governo che dicono di combattere. Se è vero che risulta difficile fronteggiare chi comanda per decreto,  con “i pieni poteri”, è ancor più vero che fare opposizione a metà (né collaborazione né contestazione, o tutte e due) rischia di diventare contro-producente. E in effetti, così è stato.

Delle due l’una. O si combatte nel campo del nemico, con le sue regole, ma con più competenza (vedi l’esempio del governatore Luca Zaia in Veneto), oppure si segue la strategia del “confinamento totale” come insegna il più grande manifesto contemporaneo di comunicazione politica: The Young Pope di Paolo Sorrentino. Il giovane Papa, interpretato da Jude Law, una sorta di Principe machiavellico insediatosi in Vaticano, si rivela puntata dopo puntata “il più reazionario di tutti”, nei modi, nei pensieri, nell’espressività. Quando viene invitato dalla pubblicitaria della Santa Sede a posare per un servizio fotografico, si rifiuta categoricamente. Quel volto, seguendo le regole basilari di marketing, sarebbe dovuto diventare icona pop da diffondere in tutto il mondo attraverso gadget e poster. Di fronte a questa richiesta il giovane Papa risponde capovolgendo questa politica dell’immagine opponendole una vera e propria estetica dell’oscuro, basata sulla necessità di estraniarsi, nascondersi, occultarsi, “come una rockstar”. E quando si affaccia dal balcone di San Pietro per la prima volta, un uomo della folla gli grida di mostrarsi; ma lui lascia intravedere solo la sua sagoma, poi si rifugia nelle stanze vaticane, fedele alla mistica del silenzio, come farà per la maggior parte del suo Pontificato. In fondo, per uscire dalle tenebre occorre mostrare pochi spiragli di luce.

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