OGGETTO: La filosofia del potere
DATA: 17 Marzo 2021
Abbiamo letto i libri di Antonio Funiciello, nuovo Capo di Gabinetto di Mario Draghi.
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Nessuno avrebbe mai immaginato che il premier Mario Draghi avrebbe potuto scegliere come Capo di Gabinetto Antonio Funiciello, cultore della Politica come Arte, estimatore di Nicolò Machiavelli, insomma non proprio uno appassionato della Civiltà della Tecnica. La lettura del Draghi direttore di Banca era troppo fallace, e in quest’ottica la nomina di Funiciello è quanto meno calzante. Questo infatti vanta di un curriculum Politico, speso sia all’interno dell’istituzione partitica, già responsabile nel 2013 dell’area cultura e comunicazione del Partito Democratico, sia alla direzione della rivista di uno dei potentati più influenti dello Stato Profondo Italiano: Leonardo. Già Capo di Gabinetto di Paolo Gentiloni, Antonio Funiciello è uno di quelli che “le mani in pasta” le ha  avute davvero, per questo la sua produzione letteraria è particolarmente interessante: si tratta del pensiero filosofico di un uomo che conosce alcune dinamiche del potere, e di forma mentis simil-anglosassone possiede il profilo culturale dell’uomo che sa come sussurrare al premier. Per capire come la nomina di Funiciello sia particolarmente conforme ad un’interpretazione messianica del mandato draghiano basta leggere il sottotitolo del suo ultimo libro, Il Metodo Machiavelli. Il leader ed i suoi consiglieri: come servire il potere e salvarsi l’anima. Una sentenza iconica, che rende subito nota la natura escatologica dell’esercizio del potere da parte di un vero potente, annullando quella narrazione scandalistica ed economicistica della potenza, spesso anche stupidamente funzionale al mantenimento di questa da parte dei gruppi che la esercitano. Il potere è intimo, lo si legge negli occhi, non nel conto in banca, in questo passaggio Funiciello sciorina  le impressioni maturate sui vari capi di Stato che ha potuto incontrare nella veste di osservatore-consigliere:

https://twitter.com/intdissidente/status/1350129510486781952?s=11

Al seguito del Presidente Gentiloni ho incontrato, talora in più di un’occasione, i principali attori dello scenario globale. […] Ricordo l’intelligenza politica di Angela Merkel: di certo non esiste altro leader europeo in questo momento ad avere il suo grado di consapevolezza dei tempi che viviamo. Anche l’eccezionalità di Donald Trump mi ha molto impressionato e continuo a pensare che siano numerosi i fili che legano la sua America a quella del suo predecessore. Ho stimato Theresa May.”

Antonio Funiciello

Il potere è quindi rispetto e autorevolezza, è sentirsi fra i pochi capaci di incidere sul Mondo, al di sopra di un volgo inetto ai fini della Storia. D’altronde il potere che intende Funiciello ha come riferimento assoluto Nicolò Machiavelli, statista, politico, consigliere e filosofo toscano del nostro Rinascimento. Spesso ridotto a mero sistematizzatore dell’intrigo e del cinismo politico, avendo anche l’ardore di nominare ciò “Scienza Politica”, il pensiero di Machiavelli è sicuramente più vasto e complesso. Oggi che anche i media si dilettano nel dispensare patenti di machiavellismo al primo politico che si mostra leggermente spregiudicato, l’opera di Funiciello, se ben interpretata, ci restituisce anche la vera chiave di lettura del pensiero machiavelliano. Il Principe, descritto dal pensatore rinascimentale nell’opera omonima, non è solamente l’incarnazione della massima che il fine giustifichi i mezzi, bensì è un individuo elevato, capace ed incaricato di imprimere il moto alla Storia, cinismo e capacità di essere manovratore sono solo elementi strumentali, atti a mantenere un ruolo sociale-metafisico di motore degli eventi e guida delle masse, non come capo-popolo certo, come vorrebbero alcune riletture forzatamente moderne, bensì come dominus. Quello che vuole farci capire Funiciello è che il potere sostanzialmente non è cambiato e mantiene la sua connotazione esoterica.

“Narendra Modi, per esempio; nessuno come lui mi ha dato l’idea di sapere perfettamente quale posto occupa nel mondo la nazione che guida. Xi Jinping è invece sicuramente il leader globale più visionario; il suo progetto di rilancio della Via della Seta, associato al tradizionale atteggiamento cinese sul Pacifico, rendono la Cina l’unica nazione ad avere una vera strategia di governo del pianeta […] Complessivamente i leader orientali mi sono sembrati un gradino sopra i colleghi occidentali”.

Antonio Funiciello

In quest’ottica, non è assolutamente un caso che Funiciello decanti l’autorevolezza, pur dovendosene discostare dal punto di vista delle decisioni politiche, dei leader orientali come Narendra Modi e Xi Jinping, definito un vero visionario. Sono società, quelle afferenti ai due statisti menzionati, che ancora mantengono un’organicità di fondo fra Società e Spirito. La Cina secondo Funiciello, attraverso il suo leader, è l’unico Paese ad avere una strategia di governo del Pianeta, una vera e propria Missione di civiltà insomma. Addentrandoci nell’opera di Funiciello, pagina dopo pagina, riusciamo ad intravedere la sottesa natura primordiale del potere quando l’autore indica la prima esperienza di gabinetto ministeriale ante-litteram della storia:

“Il più antico staff della storia fu messo insieme, duemila anni fa, da un maestro di legge mosaica originario della Galilea, che con la sua buona novella avrebbe cambiato per sempre la storia dell’umanità. Prima di cominciare la sua missione, infatti, Gesù di Nazareth sceglie dodici uomini che gli stiano accanto e lo supportino durante il suo ministero”.

Antonio Funiciello

Gesù di Nazareth come Ministro rivoluzionario, i dodici come un vero e proprio staff, scrupolosamente selezionati sia per la loro adesione alla missione del leader, quanto per la loro conoscenza dei meccanismi di potere della società palestinese. Quello di Funiciello non è un maldestro tentativo, sul filo del sacrilegio, di ricondurre il potere dei Capi di Gabinetto  e dei Consiglieri ad un’origine biblica, quanto un’ulteriore conferma che il potere, quello vero, è una tradizione atavica, di natura filosofica ed ideale. L’elogio dell’arte di consigliare ovviamente è riconducibile al ruolo stesso di Funiciello, la sua riflessione non si ferma infatti alla decantazione di un potere monolitico. Il vero potente è in grado di condividere il potere, di essere coadiuvato e soprattutto di delegare la propria potenza. D’altronde come il Cristo condivise pane e vino dopo avervi attinto, così il vero leader è tale se coinvolge ed investe del suo potere anche i più prossimi nella sua cerchia. Il machiavellismo, inteso nel senso più volgare di cinismo politico, rimane lo strumento  fondamentale per mantenere l’investitura al potere. Pur se tale pratica porta il nome di un uomo di carne, Nicolò Machiavelli, primo ad averne dato una trattazione moderna, guai a ridurre tale strumento ad una dimensione prettamente umana. In una sua opera più datata (2011), Il Politico come Cinico, Funiciello ribadisce, richiamandosi alla tradizione classica, come la Politica sia un dono del dio Zeus: un’arte, amalgama di di pudore (aidos) e giustizia (dike). Il cinismo diventa misura prometeiana: insofferenza dell’uomo investito di un potere che è sacro, ma abbassato al volere umano.

Così, secondo Funiciello, i filosofi cinici greci sono i primi a mettere in discussione il potere così come confezionato dal mandante divino. Secondo il Capo di Gabinetto, oggi l’Occidente differisce dal resto del globo per aver abbracciato questa mentalità: il Cinismo, dalle nostre parti, si è reso Spirito del Mondo: “Dicerto il cinismo è il vero filo rosso che percorre la storia dell’occidente, da Atene a Washington. Quello occidentale è un destino cinico.” Funiciello oltre che filosofo del potere ne è anche però esperto materiale, tornando ai Palazzi romani, scopriamo come egli si senta parte di quell’eterìa che ancora comprende l’importanza sacrale del potere ed intenta nella sempiterna lotta fra chi il potere lo vede come interesse di bottega. Lo staff di Palazzo Chigi, in Il Metodo Machiavelli, è descritto come fra i meno numerosi al mondo, il potere del Premier italiano fra i meno venerati e rispettati, spesso al centro di disegni volti a limitarlo. Funiciello, di questa pratica ne è stato diretto interessato, quando da buon Capo di Gabinetto, proteggeva il suo potente, Paolo Gentiloni, all’epoca Presidente del Consiglio, dai luogotenenti dello stesso leader che aveva benedetto il suo insediamento a Chigi, Matteo Renzi.

Ai tempi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo che dovrebbe essere fra i più autorevoli consiglieri del Premier, era Maria Elena Boschi, braccio destro di Renzi ed intenzionata a far pesare ancora una cerchia che aveva dovuto, perlomeno di facciata, ritirarsi dall’esercizio del potere proprio per volere del suo leader. Anche nel Governo Conte I, Funiciello segnala il prosieguo di una pratica, disdicevole quanto masochista per lo stesso potere dello Stato, quella di insediare come sottosegretario, Giancarlo Giorgetti in questo caso, una personalità con il compito di limitare e sottrarre potere al Presidente più che parteciparvi e consigliarlo. La morale finale della filosofia funicelliana è semplice: il potere non è materiale, il potere è condizione dell’anima, è un’arte antica e veramente compresa da pochi, incaricati anche di proteggere i potenti da chi non ha lo stesso rispetto di questa antica arte. Come narrato anche da Giuseppe Salvaggiulo nel suo libro “Io sono il Potere”: Il Capo di Gabinetto rimane l’unico guardiano del potere nobile.


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