OGGETTO: Il pivot indiano
DATA: 30 Aprile 2021
SEZIONE: inEvidenza
L'area Indo-pacifica, è diventata anche il centro degli interessi globali, attirando l'attenzione di chi detiene la leadership globale: gli Stati Uniti.
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Il 15 agosto 1947, nel giorno dell’Indipendenza del Paese, Jawarharl Nehru pronunciava un discorso dal titolo trionfale: “Appuntamento con il Destino”. A più di settant’anni da quelle parole, l’India rimane ancora in attesa dell’avverarsi di quell’incontro, sospesa fra le proprie potenzialità e le proprie criticità strutturali. L’alto grado di sviluppo del Paese, la crescita economica che, secondo i dati, si appresta a superare nettamente quella cinese, non sono sufficienti, infatti, a trainare il Paese fuori dal limbo, dall’impasse tra Potenza e Non-Potenza. Gli ultimi anni hanno visto nuovamente una grande possibilità di protagonismo, dal momento che il proprio spazio di influenza geografica, l’area Indo-pacifica, è diventata anche il centro degli interessi globali, attirando l’attenzione di chi detiene la leadership globale: gli Stati Uniti. La presenza Usa è infatti cresciuta esponenzialmente poiché la competizione con la Cina ha raggiunto un tale grado di ostilità da costringere Washington ad operare una strategia di contenimento anti-cinese fino alle porte di Pechino, nei mari di prossimità.

La gestione delle relazioni internazionali dell’India sono da sempre caratterizzate dalla ricerca di una forte volontà di equidistanza fra le principali potenze mondiali, tanto durante la Guerra Fredda, quanto nei nostri tempi. In particolare le relazioni con la Repubblica Popolare sono oggetto di estrema attenzione per il governo di Nuova Delhi: le acredini per il confine himalayano, mai del tutto risolte, impongono un costante tentativo di distensione verso quest’ultima. La principale disputa territoriale che l’India deve fare fronte, quella con il Pakistan, nazione post-coloniale, nata dalla disintegrazione dell’India Britannica, a seguito delle rivendicazioni di una nazione indiana per i musulmani ed avversario geopolitico per eccellenza, non mette il Paese nella condizione di poter sostenere una seconda situazione di alta tensione sullo stesso confine settentrionale. Perciò, nonostante la questione himalayana, l’India ha sempre tentato di mantenere un atteggiamento equidistante fra la Cina ed i suoi avversari. L’equidistanza d’altronde non è solamente una scelta di comodo, ma è parte della filosofia alla base della concezione indiana del mondo.

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Nella fase di lotta per l’indipendenza, il futuro primo ministro Nehru, scontò diversi momenti di detenzione. Durante uno di questi periodi, fra il 1930 ed il 1933, scrisse una serie di lettere a sua figlia, Indira Ghandi, anch’essa futura primo ministro. La raccolta, pubblicata nel 1934, sotto il titolo di “Glimpses of World History” è sostanzialmente un tentativo di storiografia del mondo, di storia globale e rappresenta la visione della Storia secondo la quale Nehru modellò l’azione internazionale dell’India una volta che ascese al potere. Fra i primi tentativi di narrazione post-eurocentrica dei processi storici, il pensiero interno all’opera abbraccia l’idea di una storia del mondo composita, partecipata egualmente da tutte le civiltà che l’hanno attraversata. Una visione ponderata, dovuta anche alla doppia formazione di Nehru, influenzata pesantemente  dal mondo occidentale, appartenente al livello più alto del sistema delle caste indiane e quindi ammesso, durante il periodo coloniale, a frequentare il Trinity College di Cambridge. Egli non contestava l’enorme importanza attribuita all’Europa , definendo semplicemente folle la possibilità di negarla, ma reclamava un riconoscimento eguale per la civiltà asiatica. Il posizionamento geopolitico dell’India ha risentito molto, negli anni  successivi all’indipendenza, della visione filosofica di Nehru, che in quanto primo ministro del paese fu il principale promotore della formazione dei Paesi Non Allineati, con l’intenzione di mantenere una posizione neutrale fra il blocco occidentale trainato dagli USA e quello Sovietico, riproponendo l’ottica di una visione storica a struttura mista, che non si cristallizzasse su una sola prospettiva socio-culturale. Già negli anni Sessanta però, nonostante gli sforzi di Nehru per mitigare la tensione sul fronte settentrionale con la Cina (a testimonianza che in geopolitica le costanti strategiche spesso restano immutate), la politica di equidistanza venne meno a causa della volontà espansionista di Pechino. Nonostante  l’invito ad aderire al movimento dei non allineati ed il riconoscimento dell’annessione cinese del Tibet nel 1954, le pressioni di Pechino sfociarono, fra il 1960 ed il 1961, in vere e proprie azioni ostili. Nehru si ritrovò costretto ad abbandonare la prospettiva del non-allineamento, servendosi degli aiuti militari degli Stati Uniti per reggere un conflitto che portò comunque alla conquista di alcuni territori da parte della Repubblica Popolare. Nonostante passino gli anni e cambino gli interpreti le dinamiche del rapporto sino-indiano rimangono costanti. Anche l’attuale primo ministro Narendra Modi si è dovuto scontrare con l’insofferenza cinese verso i tentativi di distensione, trovandosi costretto ad una decisa accelerata nei rapporti con Washington, di cui l’India è già partner assieme a Giappone ed Australia all’interno dell’alleanza denominata QUAD ( Quadrilatery Security Dialogue). Già nel febbraio del 2020 Modi accolse il Presidente Donald Trump in pompa magna, nello stadio di cricket di Modhera, sotto lo slogan di “Namaste Trump”. A seguito dell’incontro, dopo un periodo di relazioni incrinate proprio a causa della posizione ambigua dell’India in campo internazionale, il rapporto fra i due paesi è andato verso una vera e propria alleanza strategica, con la firma di importanti accordi di partenariato. L’ostilità della Cina non ha fatto attendere a palesarsi, quando approfittando delle difficoltà indiane nel gestire la prima ondata di Covid-19 Pechino infatti ha ripreso le sue azioni ostili sul confine himalayano, occupando la zona del Ladakh.

Oggi la posizione dell’India  è quindi nuovamente di netta opposizione verso Pechino. Le incombenze geopolitiche infatti non possono che giocare a sfavore di un’idea di pacifica convivenza fra i due Paesi: la Cina è in una fase di forte espansionismo regionale, primo passo necessario per proiettare la propria potenza e sostenere così il progetto di contendere l’egemonia globale agli Stati Uniti. L’India risulta un ostacolo importante per i piani di Xi Jinping, sia per la condivisione di un confine geograficamente eccezionale e strategicamente appetibile come la catena dell’Himalaya, sia  generalmente per la sua capacità, dettata dalla grande crescita economica e tecnologica, di insidiare la leadership regionale. Egualmente anche la Cina stessa rappresenta un ostacolo monolitico nei principali obbiettivi strategici di Nova Delhi. Se da una parte concorre a tenere aperto il fronte settentrionale sia direttamente che attraverso l’appoggio al Pakistan, dall’altra impedisce all’India di “prendere il mare”, ovvero di estendere le propria flotta ed espandersi anche per via marittima, possibilità fondamentale per ergersi a potenza. Il QUAD oggi appare come la risorsa principale per la strategia indiana. La presenza massiccia degli Stati Uniti e dei suoi alleati nell’area rende la Cina maggiormente impegnata e meno presente nel sostegno al Pakistan e contemporaneamente la presenza della flotta americana permette all’India una maggiore sicurezza nel testare le proprie capacità navali. L’India si è guadagnata una posizione di prestigio all’interno dei membri del quadrilatero, assumendo un peso specifico tale da essere visti dagli USA come pivot dell’area indo-pacifica. Molta di questa centralità strategica era però dovuta all’alto grado di sviluppo della filiera farmaceutica indiana, candidata a svolgere un ruolo di leadership indiscussa nella diffusione dei vaccini in tutto il quadrante asiatico. Il sigillo indiano sulla campagna vaccinale  anti-Covid, uno smacco enorme nei confronti della Cina ed una vittoria strategica sia sul piano regionale che globale, sarebbe stata la consacrazione definitiva del Paese come potenza in ascesa.

L’appuntamento col destino promesso agli indiani fin dai tempi di Nehru ha subito però un’altra battuta d’arresto: proprio in questi giorni il Paese è alle prese con una nuova ondata di Covid-19. La diffusione del contagio, accelerata da quella che è stata individuata come una variante locale del virus, marcia a ritmi preoccupanti ed il sistema sanitario del Paese è già al collasso, con immagini di cremazioni e fosse comuni che fanno il giro dei media mondiali. Solamente pochi mesi fa Modi dichiarava l’uscita dell’India dall’emergenza, promettendo un piano vaccinale dai numeri esorbitanti, forte anche della possibilità di autoproduzione del Paese. La situazione attuale rischia di infliggere un duro colpo al prestigio indiano ed al suo posizionamento strategico. Contemporaneamente le difficoltà del settore sanitario rischiano di creare un grosso danno in tutta l’area, allontanando l’idea di una leadership nella produzione vaccinale sulla quale non solo l’India, ma tutti i membri del QUAD  puntavano come ariete di sfondamento per garantirsi il primato nell’area.


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