Le strade di Bitcoin e BRICS+ potrebbero incrociarsi, un giorno, all’altezza di via della Rivoluzione numero 0. Questo duo, infatti, ha il potenziale di catalizzare la transizione multipolare sveltendo in tempi rapidi un processo altrimenti pluridecennale, la dedollarizzazione, e sta lentamente muovendo i primi passi in questa direzione.
Il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, ha informato il grande pubblico che i BRICS+ aspirano a creare una valuta digitale comune. Come questo progetto potrebbe essere sviluppato rimane argomento di dibattito: per alcuni forgiando una valuta digitale ancorata all’oro, per altri affidandosi al primogenito della finanza decentralizzata, il Bitcoin.
È possibile trovare una certezza nel viavai d’incertezza che regna sull’argomento BRICS: i Paesi del blocco non sono estranei al termine criptovaluta, che compare nei loro vocabolari e figura ampiamente nei policy paper della Russia e di un futuro membro, l’Iran.
La Banca centrale dell’Iran, da qualche tempo, ha messo in piedi una collaborazione con la controparte russa avente come obiettivo l’emissione (congiunta) di una criptovaluta legata all’oro. Il progetto russo-iraniano vorrebbe creare un token per il Persico utilizzabile come metodo di pagamento per gli interscambi.
Secondo Alexander Brazhnikov, direttore esecutivo dell’Associazione russa dell’industria cripto e blockchain, Tehran e Mosca puntano alla costruzione di una stablecoin, ovvero una criptovaluta dal valore stabile, capace di e mirante a sostituire il dollaro, ma anche il rublo russo e il rial iraniano, nelle transazioni transfrontaliere. Le parti pianificano di utilizzare il token nella zona economica speciale di Astrakhan. Se l’esperimento andasse a buon fine, le implicazioni nel macro-contesto, sia BRICS sia internazionale, sarebbero enormi.
Iran e Russia hanno inizialmente mostrato un atteggiamento diffidente nei confronti delle criptovalute, osteggiandone l’utilizzo come metodo di pagamento, ma il deterioramento delle relazioni con l’Occidente, emblematizzato dalla pioggia di sanzioni ai loro danni, ha comportato un cambio di paradigma.
Iran e Russia, maestri in materia di sanzioni, negli anni recenti hanno tastato con mano il potenziale delle criptovalute. L’Iran, ad esempio, nell’agosto 2022 approvava l’utilizzo delle cripto a scopo anti-sanzionatorio per poi effettuare una prima transazione, in cripto, del valore di dieci milioni di dollari.
È possibile che i BRICS(+) prendano spunto dalle iniziative russe e iraniane, anche perché le criptovalute hanno dimostrato in più occasioni di essere completamente indipendenti da ogni influenza geopolitica, più nello specifico occidentale. Un’indipendenza promanante dal fatto di non essere in alcun modo collegate allo SWIFT, il pilastro della finanza globale, che a partire dal Duemila si è rivelato più volte il braccio armato dell’unipolarismo – come dimostrato dall’estromissione di otto banche russe dal sistema nel corso della guerra in Ucraina.
Una valuta comune sorretta dall’oro sarebbe sicuramente ambiziosa, ma l’asimmetria relazionale tra i dispersi ed eterogenei BRICS la renderebbe debole. Il requisito essenziale della centralizzazione, la (probabile) necessità di stampare più titoli dell’oro a disposizione, le probabilità di ritrovarsi con una valuta fiat e altri fattori – la catena di approvvigionamento, i costi di trasporto, la gestione del rischio – fanno delle criptovalute, ancorate a dei meccanismi decentralizzati, la soluzione ai problemi dei BRICS.
Realtà decentrate richiedono finanze decentralizzate, perciò l’impiego dei Bitcoin potrebbe rivelarsi particolarmente indicato al fine della dedollarizzazione inseguita dai BRICS.
Avere i Bitcoin come bene riserva di una criptovaluta powered by BRICS sarebbe più gestibile dell’oro per diversi motivi: innanzitutto non avrebbero bisogno di essere caricati su mezzi di trasporto, è molto più semplice verificarne la supply, mentre le operazioni di archivio potrebbero svolgersi in un multi-sigwallet, metodo ottimo per archiviare e memorizzare oggetti condivisi.
Un altro elemento che rende il Bitcoin adatto alle transazioni commerciali e finanziarie tra i BRICS è il seguente: non è supportato da nulla che debba essere stoccato da una terza parte o trattato da un intermediario, perciò evita l’insorgere di problemi altrimenti inevitabili in presenza di standard aurei, che, a loro volta, potrebbero rendere il blocco vulnerabile a nemici esterni e persino interni.