Rocco Casalino è finito sulla copertina dell’ultimo numero di Panorama con gli abiti del Re Sole. “Viceré” è il soprannome che gli è stato dato dal direttore Maurizio Belpietro. “Molto più di un addetto stampa, è consigliere e spin doctor di Giuseppe Conte, l’uomo nell’ombra, un piccolo cardinal Richelieu (o anche un Leibniz, aggiungiamo noi)” scrive nel suo editoriale. E poi via con il florilegio delle “casalinate”, dalla recente condivisione della sua posizione in Libia durante la liberazione dei 18 pescatori di Mazara del Vallo fino alla letterina di Natale del piccolo Tommaso Z. di Cesano Maderno (“Caro presidente Conte, sono preoccupato per Babbo Natale e volevo chiederle se può fare un’autocertificazione speciale per consentirgli di consegnare doni a tutti i bambini del mondo”). Un modus operandi intriso di mitomania, divertissement, sfrontataggine e sentimento di onnipotenza, che si traduce plasticamente nel famoso video in cui Rocco Casalino “telecomanda” Enrico Mentana, in diretta, tramite un messaggio su Whatsapp in cui dà in anteprima la notizia del possibile accordo politico tra Movimento 5 Stelle e Lega. Ma c’è un passaggio ancora più interessante nell’articolo del direttore di Panorama, che poi è l’accusa più frequente dei detrattori di Rocco Casalino: “Nessuno crede più che l’ingegnere di Ceglie Messapica (Brindisi) cresciuto alla scuola del Grande Fratello sia solo l’addetto stampa messo da Luigi Di Maio alle costole del capo del governo per controllarlo. Oggi Casalino è molto di più, è un sottosegretario alla Presidenza senza essere passato dalle elezioni, senza titoli né giuramenti sulla Costituzione”. Ciò che scrive Belpietro è vero, il problema è la bassa considerazione che la classe intellettuale ha del Grande Fratello, il format televisivo più geniale degli ultimi decenni.
“Mettere in gabbia” una quindicina di persone e spiarle per mesi, 24 ore su 24, è il miglior esperimento mai condotto sul piccolo schermo. Trash lo è diventato con l’edizione Vip, perché inizialmente il GF, fu pensato sulla base della “teoria dei giochi”, una disciplina della matematica applicata che studia e analizza le decisioni individuali di un soggetto in situazioni di conflitto o interazione strategica con altri soggetti rivali. Non a caso il più famoso studioso a essersi occupato di questa teoria fu il matematico John Forbes Nash Jr, lettore spasmodico de Il Principe di Machiavelli:
«Nelle pagine di quel capolavoro si ha l’impressione che Machiavelli cerchi di insegnare a dei mafiosi come operare in modo efficiente e spregiudicato. Fornisce consigli tattici a principi crudeli ed egoisti, e nella sua opera descrive effettivamente i “giochi di corte” che venivano praticati nelle stanze vaticane e nei palazzi fiorentini»
John Forbes Nash Jr.
Il Grande Fratello dunque è la trasposizione dei più intelligenti e complessi giochi da tavola in circolazione su scala televisiva. Tra questi occorre menzionare il più grande di tutti: Diplomacy (all’epoca intitolato The Game of Realpolitik). Certificato persino da Henry Kissinger, il più celebre consigliere per la Sicurezza Nazionale e Segretario di Sato degli Stati Uniti d’America, che lo definì “il suo preferito” in un’intervista rilasciata nel maggio del 1973 sulla rivista Games&Puzzles. “Un gioco di intrigo internazionale, fiducia, e tradimento” ideato nel 1954 da Allan Brian Calhamer, allora giovane studente di Harvard, dove contano le negoziazioni e l’abilità tra e dei partecipanti, un gioco fisico, dove si seduce, si persuade, si tradisce, dove non c’è nessun elemento di fortuna. Niente carte, niente dadi. Un gioco a somma zero (un solo vincitore), soggetto “all’ottimo paretiano”. Esattamente come il Grande Fratello. L’audience è solo la conseguenza di un format televisivo geniale, che si ispira appunto e a suo modo a Diplomacy. Per vincere il montepremi occorre mettere sul tavolo strategia e tattica, branche dell’arte militare, due elementi complementari e contigui perché condividono principi generali.
L’equivoco, il tradimento, nasce in tre diversi momenti. Prima quando gli autori sbagliano nella selezione dei concorrenti, personaggi il più delle volte modestissimi e ignoranti, che intravedono la carriera dopo l’uscita indipendentemente dalla vittoria, e quindi fanno di tutto per apparire “veri”, fregandosene dei cattivi sentimenti, necessari per portare a casa il bottino e applicare “l’ottimo paretiano”. Poi quando il programma diventa melenso, melodrammatico, strappalacrime, sentimentale, moralista, in cui gli autori censurano, ammoniscono, espellono concorrenti per un gesto o una parola leggermente sopra le righe, castrando qualsiasi dinamica realmente conflittuale o meramente strategica. Infine quando il GF diventa Vip, ovvero un trampolino di lancio o di rilancio per morti fama e di fame, dove i formalismi prevalgono sull’istinto, a meno che non sia una banalissima storia d’amore.
Ci fu un’edizione, la decima, che mandò in cortocircuito l’equivoco e svelò il tradimento di questa casa-laboratorio, riportandola alle sue origini: il gioco da tavola per eccellenza su scala televisiva. Quell’anno, Mauro Marin, un salumiere veneto, mandò in tilt il programma, nemmeno troppo inconsapevolmente, vincendo in finale con l’80 per cento dei voti, a dimostrazione che il pubblico vuole giocatori che seguono una strategia precisa e mutano la tattica a seconda delle dinamiche. Mauro Marin, un vero caso mediatico (e social prima ancora che i social diventassero quello che sono oggi), invece di cercare di relazionarsi forzatamente con tutti, di apparire vero, ha letteralmente studiato il terreno, per giocare e basta, sfruttando le debolezze dei suoi avversari, dissacrando personaggi carismatici, in realtà grotteschi (Massimo, George, Veronica, Maicol), guardando direttamente le telecamere in modo ammiccante, furbo e sornione. Uscito trionfatore assoluto, rivelerà al settimanale Chi:
“Il GF è una guerra di nervi, dove vince il più furbo. Io avevo 26 maschere da far cadere e ce l’ho fatta. Nomination dopo nomination. Tutto merito dell’arte della guerra scritto da Sun Tzu. Lo ha letto Napoleone e l’ho letto anch’io: lui lo ha usato per le sue strategie militari, io per smontare la tv usa e getta”.
Mauro Marin
Anziché passare le giornate in palestra o dall’estetista come farebbero in molti prima di entrare nella casa, Mauro Marin ha deciso invece di dedicarsi allo studio, non solo di Sun Tzu: “La mia Bibbia è Internet”. Poi continua: “Io rappresento l’uomo qualunque, ecco perché la gente si è identificata in me. Sono quello un po’ sfigato che riesce a sconfiggere i ‘fenomeni’. È semplice smascherare le finzioni. Nella Casa nasce la coppia lesbo Veronica Ciardi e Sarah Nile. Intuisco che al pubblico potrebbe piacere, ma è finta e allora la distruggo. George Leonard si presenta come ‘principe’, ammicca alle telecamere e si muove come un attore. Concorrente pericoloso ma fasullo. Prima mi fingo bisex e lo ridicolizzo, poi lo attacco negli affetti. Lui impazzisce e mostra il suo vero volto”.
Tutto questo per dire cosa. Che il Grande Fratello, spogliato dal Trash, in conformità con lo spirito del tempo, appare come un luogo di formazione dove si impara la tattica e la strategia, anziché le dottrine politiche e filosofiche. L’ascesa di Rocco Casalino dunque non sarebbe poi così un paradosso, allora è lecito domandarsi con una provocazione: in un Paese in cui non esiste una selezione tecnocratica della classe dirigente come in Francia, in Inghilterra o negli Stati Uniti, il Grande Fratello, può essere considerato una grande scuola elitaria al pari di quelle europee? Del resto per sopravvivere in politica, in Italia, contano la capacità di applicare tecniche simil-militari, così come l’abilità di sapersi muovere tra centrali di potere più o meno istituzionali. Chiedetevi perché tutti i leader politici, indipendentemente dal colore, fanno almeno una volta nella loro carriera, un passaggio da Barbara d’Urso. È il tecno-populismo, e Rocco Casalino, a differenza di tutti gli altri, è stato ed è semplicemente un concorrente dichiarato.
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