Le prossime elezioni per determinare il successore di Ebrahim Raisi si terranno il 28 giugno. Una certezza che trapela dal caos in cui il governo iraniano è precipitato a seguito dell’incidente del 19 maggio scorso, che è costato la vita al presidente dell’Iran, al suo ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian, al governatore dell’Azerbaijan Orientale Malek Rahmati e all’Imam di Tibriz, Mohammad Ali Ale-Hashem. I corpi sono stati trovati ad una ventina di chilometri dal confine tra l’Azerbaigian e l’Iran, dove il presidente iraniano era in volo di ritorno dopo aver inaugurato una diga a Koda Afarin. Migliaia di iraniani si sono recati a Tabriz, per l’ultimo saluto a Raisi.
A rendere pesante il clima politico per il Paese spuntano, come spesso accade in questi casi, anche le varie teorie del complotto. Si è detto che la Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, 85 anni, fosse dietro all’incidente per favorire il figlio, Mojtaba Khamenei, alla presidenza del paese – una tesi che appare inverosimile. Dal momento che dell’elicottero è rimasto poco, le prove attorno alla dinamica dell’incidente dovuto alla meccanica non toglie dal tavolo molte prove, ha commentato Farzin Nadimi, del Washington Institute. Tra le teorie del complotto non manca quella che lega l’incidente al Mossad israeliano – tesi che per ora resta più improbabile della precedente, commenta Nadimi. Considerando le difficoltà a Gaza e i rapporti già tesissimi tra Teheran e Tel-Aviv, la pista israeliana sembrerebbe da escludere – tanto più che Tel Aviv, come la Casa Bianca, ha fatto sapere di non c’entrare nulla.
La repubblica islamica non vorrà dare l’impressione di essere vulnerabile o instabile e cercherà di rappresentare una situazione sotto controllo, in una fase di transizione – in corso – che Teheran non ha mai sperimentato prima d’ora. Ancora molte incognite, pertanto, sull’incidente, ma secondo le prime ricostruzioni il velivolo si è schiantato contro una montagna a causa delle condizioni meteorologiche. Da Teheran fanno sapere che invece si potrebbe trattare di un guasto tecnico e questa scusa consentirebbe al regime degli ayatollah di puntare il dito contro Washington e le sanzioni che oramai da anni attanagliano l’Iran. Nello specifico, ha spiegato l’ex ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, queste sono il risultato delle carenze nei pezzi di ricambio, che obbligano gli aerei a volare senza grossi controlli di sicurezza. Il dato politico immediato è la successione di Raisi che scuote il paese a partire dalla Guida Suprema.
Il presidente iraniano era considerato talmente vicino a Khamenei da rappresentarne, a detta di molti osservatori, un potenziale successore. Il profilo di Raisi, scomparso a 63 anni, era idoneo per l’ayatollah e in continuità con le politiche e le esigenze del clero che governa il paese. Eletto nel 2021, l’ultraconservatore ha dovuto far fronte ad una profonda crisi sociale e ad un’economia messa alla prova dalle sanzioni per lo sviluppo del programma nucleare. Ex capo della magistratura iraniana, Raisi è stato responsabile di decenni di repressioni nel paese. Ha fatto arrestare, torturare e giustiziare decine di migliaia di oppositori del regime islamista – il che gli attirato forti ostilità da una parte consistente della popolazione e degli attori internazionali. Chiamato “il boia” dall’opposizione iraniana, Raisi sarebbe stato implicato nell’uccisione di migliaia di prigionieri politici già dalla fine degli anni Ottanta.
Anche da presidente ha avuto un ruolo chiave nell’ondata di arresti ed esecuzioni seguite alle imponenti e periodiche proteste contro il regime. Di recente, aveva inasprito le restrizioni sull’uso dell’hijab per le donne, imposto punizioni più dure agli omosessuali e intensificato la repressione delle proteste in Iran iniziate nel 2022 dopo la morte di Mahsa Amini. Secondo un comunicato, Raisi – «laborioso e instancabile» – ha sacrificato la sua vita per la nazione. La questione della successione è spigolosa per il governo che doveva stare in carica fino al giugno 2025, quando erano previste le prossime elezioni (coi sondaggi che davano Raisi in testa). Processo non facile, dunque, la selezione del successore, se poi si tiene conto del fatto che l’affluenza alle urne sarà bassa, a causa dei malcontenti e dell’apatia più generale di gran parte della popolazione iraniana.
Tra i nomi per la successione a Raisi c’è quello di Hassan Rouhani, già presidente dal 2013 al 2021. In lizza ci sono anche Saeed Jalili (ex viceministro degli Esteri), Ahmad Vahidi (ministro degli Interni), dunque lo speaker del Parlamento, Mohammad Bagher Ghalibaf. Per ora, il vicepresidente Mohammad Mokhber, 68 anni, ha preso momentaneamente il posto di Raisi, mentre Khamenei ha decretato cinque giorni di lutto nazionale. In una dichiarazione rilasciata dopo la conferma della morte di Raisi, Hamas ha espresso sentimenti di «tristezza e dolore» e «completa solidarietà» con Teheran. Cautela da Washington, mentre le istituzioni di Bruxelles hanno espresso un cordoglio dolciastro per la morte del presidente. Eppure, non tutti in Iran piangono. Nonostante il diffuso sentimento di stanchezza e disillusione – che è alla base delle proteste prima e dopo la morte di Amini – c’è una piazza virtuale, sui social, che festeggia la morte del boia.