Fango e gloria. Trincea, logoramento, frastuoni di artiglieria. Spostamenti, accampamenti, posti di guardia, rapporti, riunione di plotoni, riunioni di reggimento. Freddo, pioggia, avvistamenti, attacchi in profondità, prima linea e retroguardia. Lungo le vette del nord Italia, in cima al Monte Grappa, sulle pietraie del Carso, sul Piave: più di 100 anni fa innumerevoli soldati dell’esercito italiano, giovani e pieni di vita e d’ideale, decisero di arrularsi volontari per combattere quella che è passata nei libri di storia come la Grande Guerra. Il mito della Grande Guerra, fondante dell’identità nazionale italiana e suggellato dalla vittoria del 4 novembre 1918 con l’entrata dell’esercito italiano a Trento e Trieste, si è nel corso di un secolo stratificato e rafforzato, diventando, a più riprese, il punto più alto dell’orgoglio – dignitoso, unitario e parsimonioso – dell’amata Patria che dell’Elmo di Scipio si è cinta la testa. Trattatistica, libri, saggi storici, propaganda, articoli di giornale, conferenze e ricorrenze annuali hanno contribuito a fissare nella memoria collettiva questa grande epopea dell’italia popolare, neo-risorgimentale e monarchica, del Re e della dinastia sabauda: non a caso, secondo alcuni punti di vista, la Prima Guerra Mondiale è stata interpretata come la Quarta Guerra d’Indipendenza, quella che permise di completare l’annoso processo d’unità nazionale.
Per capire la Grande Guerra tuttavia, interiorizzarla e iscriverla nella quotidianità di tutti i giorni, più di ogni altro simbolo occorre analizzare la figura del Milite Ignoto, del soldato senza nome, che immolò giovinezza e virtù, pregi e difetti, vitalità e amorevolezza sull’ideale della costruzione della nazione, di cui dal 4 novembre ricorrono 100 anni dalla tumulazione presso il Monumento a Vittorio Emanuele II, noto popolarmente come Altare della Patria. Un secolo orsono, nella Basilica Patriarcale di Aquileia, avvenne la scelta dell’Ignoto Milite, della salma di un soldato caduto nella guerra da poco conclusa in rappresentanza di tutti gli uomini caduti o sopravvissuti, di Palermo come di Vicenza, di Genova come di Cosenza, combattenti agli ordini dell’ Esercito italiano e del Re d’Italia. La scelta del Milite Ignoto avvenne durante una storica e meravigliosa cerimonia, che vide assoluta protagonista una grande donna italiana: presso la grande Basilica friulana uno scialle nero che scende in modo uniforme puntando dritto al pavimento si muove, quasi trasportato da un’aura mistica. Undici bare sono posate nei pressi della sacra ara, pronte per una scelta destinata a cambiare le sorti dell’Italia e a ridefinire la coscienza identitaria e nazionale del Belpaese. È il 28 ottobre 1921, il giorno della scelta del Milite Ignoto.
L’atmosfera è tesa, struggente, piena di commozione: d’un tratto Maria Bergamas, la “madre” di tutti i soldati caduti durante la Prima Guerra Mondiale, dispersi e non più riconosciuti, si sofferma, all’altezza dell’ottava e della nona bara; trepidante, barcolla, distrutta dal dolore per la perdita dell’amato figlio Antonio, mai più ritrovato e mai più ritornato a casa. Con una forza d’animo e interiore senza pari, la madre si trattiene, cerca di rinsavirsi, per poi crollare in un muro di pianto all’altezza della decima bara, nella quale lascia cadere un delicato e al tempo stesso imponente mazzo di fiori. Nel silenzio della Basilica nessuno interviene, si lascia alla scena la sacralità e la dignità fuori dal tempo e fuori dal luogo di un evento così toccante, così pieno, così umano. Il figlio di Maria, Antonio, originario di Gradisca d’Isonzo, per arruolarsi nel regio esercito e combattere per l’onore e l’unità della nazione e della Patria italiana dovette disertare, essendo Gradisca e tutto il Friuli sotto l’amministrazione dell’Impero Austro-Ungarico allo scoppio del primo conflitto mondiale. Morto in combattimento, non rientrò più a casa, e ogni tentativo di recuperare la sua salma si rivelò vano.
C’è un luogo quindi – sacro e mirabolante – che tutti gli italiani, giuridicamente e agli occhi della legge considerati tali, dovrebbero – al netto di ogni distinzione sociale, politica, culturale ed economica – visitare almeno una volta nella propria vita: una sorta di fioretto, di pellegrinaggio civile e spirituale obbligatorio, immancabile per capire radici e identità comuni e per volgersi alla costruzione di una società più equa , condivisa ed equilibrata. L’emozione di una visita completa a tutto il complesso – mausoleo dell’Altare della Patria (Statua del Re vittorioso a cavallo, Sacrario delle Bandiere delle Forze Armate) è la degna cornice che racchiude, al centro, la tomba del Milite Ignoto, simbolo di tutti i soldati che al fronte, durante la Grande Guerra 1915 – 1918, hanno immolato la propria giovane vita. Questo il cuore, il nucleo fondamentale, il centro di gravità del presente e dell’avvenire della nazione: si resta di stucco davanti alla magnificenza di tanta bellezza, si resta di stucco davanti al picchetto della guardia d’onore che, senza sosta, veglia sulla salma del Milite Ignoto, assieme a due fiamme, due bracieri ardenti e perenni. Una sensazione mistica, indescrivibile, da vivere solamente, per comprendere fino in fondo cosa significa appartenere ad una nazione, ad un’unica entità statuale: l’importante ricorrenza istituzionale deve anche ribadire la necessità di ripristinare il 4 novembre come giornata di Festa civile a tutti gli effetti, e non soltanto, come avviene attualmente, Festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale. All’interno del complesso, in corrispondendenza della Statua Equestre in onore di Re Vittorio Emanuele II, trionfa il Sacello del Milite Ignoto, il Milte tra i Militi, tutto incentrato sulla tomba del Grande Soldato d’Italia, la cui scritta nella lapide rimembra a futuro e perpetua memoria:
“Degno figlio di vna stirpe prode
e di vna millenaria civilta’ resistette
inflessibile nelle trincee piv’ contese
prodigò il svo coraggio nelle piv’
crvente battaglie e cadde combattendo
senz’altro premio sperare che la
vittoria e la grandezza della patria
XXIV Maggio MCMXV IV Novembre MCMXVIII”
Ignoto Militi, cittadino d’Italia: buon centenario. Ieri, come oggi, semplicemente Ignoto.