Un’altra fra le cose bandite in Occidente negli ultimi due anni riguarda il presidente russo e le sue idee, naturalmente diverse dalle nostre. A partire dal 2014 il modello della globalizzazione è entrato in crisi e le relazioni con la Russia sono state l’indicatore più chiaro di questa dinamica. Il Covid non ha fatto altro che esacerbare queste dinamiche e rendere definitiva la fine del mondo privo di barriere e confini.
Da Mosca invece la crisi delle relazioni con l’Occidente e del modello globalizzato è stata accompagnata da una sempre più crescente storiofilia. L’intervista del giornalista americano Tucker Carlson, infatti, ci ha ricordato che le idee di Putin e quindi le posizioni russe ai negoziati che saranno sono basate su precise interpretazioni della storia russa: rivalutazione del periodo imperiale, critica della gestione della rivoluzione del ‘17 da parte della prima generazione di bolscevichi, rivalutazione del ruolo di Stalin, critica spietata della perestrojka e del periodo el’ciniano e, infine, sovranità storico-destinale ritrovata. Secondo questa lettura, nonostante da parte russa non si perda occasione per ribadire la disponibilità a riallacciare i rapporti, le relazioni con i principali paesi occidentali risultano sempre umilianti per la Russia: ogni volta che i russi si sono fidati, sono stati umiliati e ingannati. Alla fine dei conti questa può essere considerata come una parafrasi geopolitica della dialettico amico-nemico di schmittiana memoria.
Tutte le formazioni politiche e i movimenti sociali che si richiamano positivamente ai periodi in cui la Russia godeva di ottime relazioni con i partner occidentali solitamente vengono classificate come liberali. Nel corso degli anni il potere russo ha imparato a tenere presso di sé i propri nemici, creando una commistione di fazioni, idee, partiti, personalità ed esperienze che ha annullato la carica anti-sistema (cioè antipotere) di tali forze.
Le formazioni liberali prima erano suddivise in sistemiche e antisistemiche: al primo gruppo appartenevano i funzionari di orientamento liberale dell’era el’ciniana o più giovani e subito assorbiti dal nuovo sistema di potere. Mentre le formazioni antisistemiche sono rappresentate, per esempio, dal gruppo Naval’yj. Queste forze tentarono di diventare sistema a modo loro, cioè di vincere le elezioni (pensiamo a quelle di Mosca), senza venire inglobati dagli avversari. Ciò non è avvenuto e dopo una esclusione senza compromessi dalla cosa pubblica alla fine sono ritornati a Nadeždin, che prima criticavano aspramente. Sono state escluse inizialmente e inglobate poi. In Russia è sempre così. O sei contro o sei pro.