Nell’universo dei nuovi dèi un posto di prim’ordine è ricoperto dal sottobosco protestante formato da tutti quei culti millenaristi e da quelle sette apocalittiche che credono di vivere nella fine dei tempi e che, pertanto, aspettano la Seconda Venuta di Gesù Cristo adottando convinzioni e stili di vita mescolanti fatalità, auto-isolamento dal mondo e un senso di morboso attaccamento nei confronti dei predicatori, che spesso sono venerati come degli esseri divini o semi-divini. Il caso del massacro di Jonestown è uno dei più noti e trattati dalla letteratura sui culti apocalittici e distruttivi, ma nella storia recente non mancano episodi altrettanto sanguinosi e inverosimili, come quello che ha coinvolto la setta dei davidiani, un movimento scismatico guidato dal predicatore e auto-proclamato messia David Koresh che nel 1993 ha monopolizzato l’attenzione mondiale per via di un conflitto armato contro FBI, ATF e guardia nazionale.
Ma partiamo dal principio. È il 1929 ed un membro della chiesa avventista del settimo giorno, Victor Houteff, sostiene di aver ricevuto un messaggio da parte di Dio. Quel messaggio prenderà forma in tre libri, ma gli costerà l’espulsione dalla chiesa e l’accusa di eresia. Houteff riesce a convincere diversi membri a seguirlo e, così, nascono i davidiani. La sede della chiesa scismatica diventa un edificio a Waco, in Texas. Il nome della chiesa è un riferimento a Davide, lo storico re di Israele, ed il loro simbolo è la sua stella, perché i seguaci di Houteff ritengono che prima della Seconda Venuta sarà restaurato il regno davidico di Israele. Il potenziale distruttivo era presente già dalle origini, poiché uno dei dogmi davidiani riguarda le capacità profetiche del capo di turno della chiesa. Alla morte di Houteff, nel 1955, la piccola chiesa scismatica si scinde a sua volta, per una lotta di successione, e nasce “Il ramo”, che rivendica di essere l’unico erede del messaggio del fondatore e mantiene il quartiere generale a Waco.
Il Ramo è piccolo ma influente: nel 1958 diventa la prima chiesa cristiana alla quale il governo israeliano garantisce il diritto di estendere le attività nel paese. Diverse famiglie di davidiani approfittano dell’opportunità per trasferirsi nella Terra promessa e creare delle piccole comuni agricole, nelle quali vivono di autoproduzione ed in isolamento dal resto del mondo. Passano poco più di vent’anni e il movimento viene sconvolto dall’arrivo di un giovane carismatico con un passato turbolento alle spalle. Si chiama Vernon Wayne Howell, ma per i discepoli è David Koresh. L’uomo reclama il diritto di guidare Il Ramo, perché ha ricevuto un messaggio divino, proprio come Houteff, e causa un ulteriore scisma. A differenza dei predecessori, Koresh è ostinato e utilizza i versi più bellicosi dell’Antico Testamento per giustificare azioni violente, come pestaggi e roghi. Nel primo caso viene brutalmente picchiato George Roden, uno dei capi storici della chiesa ed un detrattore di Koresh, e nel secondo caso viene dato fuoco ad un edificio dei davidiani in cui si svolgevano attività amministrative. La faida con Roden prosegue e diventa sempre più feroce, Koresh dà l’ordine di sparare e un’imboscata, nel 1983, si trasforma in uno scontro a fuoco nel quale viene coinvolta anche la polizia.
È così che Koresh finisce per la prima volta nella lente degli investigatori, ma paga la cauzione ed esce dal carcere. Al successivo processo viene poi scagionato. Nel frattempo, la vecchia leadership cede il passo e si allontana, lasciando a Koresh il controllo totale su Il Ramo. Roden, l’acerrimo rivale di Koresh, viene arrestato dopo aver ucciso un fedele a colpi di ascia in preda ad un delirio mistico e rinchiuso a vita. I davidiani si spostano in una piccola comune autogestita, sul monte Carmelo, nei pressi di Waco, e subiscono l’influenza negativa del predicatore che, intanto, svela loro la sua vera identità: è un messaggero del Messia ed è arrivato sulla Terra per avvertire l’umanità che la fine dei tempi è iniziata e l’inizio dell’Apocalisse è prossimo. I davidiani o meglio, le davidiane, possono aiutare Koresh, e contribuire al piano divino, regalandosi a lui, ossia dandogli una stirpe, che sarà pura ed esente dalla macchia del peccato originale e si salverà nel Giorno del Giudizio Finale.
La comunità è d’accordo: le donne singole si concedono, così come quelle sposate o fidanzate, che i loro mariti e compagni sono felici di condividere. Fra il 1989 ed il 1993 sembra che le relazioni fra Koresh e le donne della comune abbiano portato alla luce almeno 12 bambini. Nel gennaio 1993 accade la svolta: un davidiano scappa e raggiunge un comando di polizia, racconta tutto quel che accade nel ranch: dagli abusi sessuali, anche nei confronti di bambine e minorenni, a quelli psicologici, tramite alcol e droghe, fino alla raccolta continua di armi che dovrebbero servire per prepararsi alla guerra contro le forze del male. Le sue dichiarazioni sono forti e necessitano di una verifica. Il 28 febbraio un gruppo di federali dell’Ufficio per l’Alcol, Tabacco e Armi da fuoco (ATF) tenta di eseguire un ordine di perquisizione nella comune, ma gli uomini di Koresh sparano. Lo scontro a fuoco termina con 10 vittime: 6 davidiani e 4 federali. È l’inizio di un assedio lungo cinquanta giorni.
L’assedio alterna giorni in cui Koresh è favorevole alla negoziazione e alla resa incondizionata e giorni in cui le due parti si scambiano proiettili, ma il 19 aprile arriva l’epilogo tragico. Da Washington arriva l’ordine: il dossier Koresh dev’essere chiuso definitivamente. Sul monte Carmelo arrivano la guardia nazionale e reparti selezionati della Forza Delta, con al seguito mezzi corazzati e carri armati. Le forze dell’ordine cercano di costringere i davidiani ad uscire dalla comune con una raffica di lacrimogeni e granate stordenti, ma si innesca una reazione esplosiva all’interno dell’edificio per via dell’arsenale ivi contenuto. Scoppia un incendio violentissimo nel quale perdono la vita la maggior parte dei davidiani, Koresh incluso, per un totale di 76 persone. Il bilancio è ancora più pesante considerando che almeno 28 erano bambini e due donne in stato di gravidanza. Quando l’incendio viene spento, le indiscrezioni della spia vengono confermate: le autorità rinvengono 305 armi automatiche, fra le quali molti AK47.
Cosa sia accaduto quel giorno è ancora materia di aspro dibattito: l’Fbi ha sempre negato di aver causato l’incendio, sostenendo che sia stato appiccato dai davidiani ed esacerbato dall’utilizzo dei lacrimogeni delle forze di polizia. L’apparente suicidio di Vince Foster a pochi mesi di distanza, il 20 luglio, che all’epoca dei fatti era consigliere dell’amministrazione Clinton e aveva seguito da vicino il dossier Waco, non ha fatto che alimentare le teorie cospirative antigovernative. Dall’ufficio di Foster, infatti, scompaiono tre fascicoli sui davidiani e sull’assedio di Waco: non verranno mai più ritrovati. Se la responsabilità per la tragedia di Waco resta un’incognita, una cosa però è certa: Koresh aveva trasformato un piccolo culto a vocazione millenarista e intrinsecamente votato al fatalismo, per via del suo apparato dogmatico, in una setta distruttiva, pesantemente armata, per nulla incline al dialogo con le autorità, e all’interno della quale venivano perpetrati gravi abusi fisici e psicologici sui membri.
Poco prima dell’assedio, Koresh aveva iniziato a chiedere ai discepoli di non considerarsi più dei davidiani, ma dei koreshiani. Lui era il messia, tutto il resto era passato. Curiosamente, nei mesi dell’assedio sembra che Koresh avesse lasciato parzialmente il comando ai fedeli per dedicarsi allo studio delle Sacre Scritture. Aveva detto ai davidiani-koreshiani di aver ricevuto un nuovo messaggio ma, in quanto molto criptico, avrebbe avuto bisogno di isolarsi dalla mondanità per dedicarsi alla sua decifratura. Era convinto che il messaggio contenesse delle informazioni sull’Apocalisse e che la fine fosse davvero alle porte, perciò che la crisi si risolvesse pacificamente o in una strage non gli importava. L’assedio di Waco ebbe un impatto enorme nell’opinione pubblica statunitense, che ancora oggi ritiene in larga parte le autorità colpevoli dell’accaduto, ed ispirò Timothy McVeigh a commettere l’attentato di Oklahoma City contro gli uffici del governo federale due anni dopo.