Il nuovo Dio è verde ed ecosostenibile e l’ambientalismo è la nuova religione degli atei urbanizzati. L’antropocentrismo si scontra con l’ideologia verde, che vorrebbe veder scomparire gradualmente e in maniera programmata la whiteness occidentale. Il senso della Storia si è progressivamente scolorito e la matrice ecologista ha sostituito quella cattolica, guidata dal nuovo clero verde, che, attraverso il catastrofismo professato, prova a porre le basi per una nuova, agghiacciante, democrazia ecologica. Di questo raccapricciante scenario parliamo con Giulio Meotti, giornalista (Il Foglio) e scrittore, autore di Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche, appena pubblicato da Liberilibri (di cui ricordiamo anche L’ultimo papa d’occidente?, edito nel 2020), che ci offre una visione arguta ed eterodossa di questo nuovo totalitarismo “per il nostro bene”.
L’ambientalismo, nella sua deriva apocalittica e radicale, sta diventando qualcosa di molto simile a un credo religioso. Come siamo arrivati a questo punto?
La degenerazione delle élite disposte a tutto pur di restare al comando, una massiccia scristianizzazione che ha facilitato l’emergere di questa Gnosi verde anche all’interno della Chiesa cattolica, la crisi di credibilità dei media diventati il megafono del pensiero dominante e, a voler essere generosi, una maggiore e positiva sensibilità nei confronti della natura, ma usata come terreno fertile per un grottesco lavaggio del cervello. E poi ci sono tanti interessi economici.
All’ecolatria si accoppia lo scientismo, cioè una visione ideologica della scienza. Cos’è la scienza per gli ecologisti? Un sistema statico di legittimazione politica e sociale?
“Lo dice la scienza” è il nuovo “i Profeti hanno parlato”. Se poi replichi che la scienza dice loro che servono le centrali nucleari per decarbonizzare, ti accusano di essere al soldo delle lobby dell’atomo. La scienza, in questo caso, è solo una cartina di tornasole. Non c’è nulla di scientifico nell’ambientalismo come vediamo oggi e lo hanno detto Premi Nobel e grandi scienziati. Non è più una discussione tecnica su come meglio gestire il progresso, è una guerra santa.
La professione di fede green caratterizza soprattutto l’offerta politica della sinistra e dei partiti mainstream, quelli che non raccolgono voti, se non pochi, tra le classi popolari. Qual è il baratro ideologico, sociale e politico che separa il citizen chic ecocompatibile della upper class e la plebe suburbana e provinciale?
La sinistra ama le Grandi Cause e, morto il marxismo, l’ecologismo è la causa perfetta. Apparentemente post-ideologica, riguarda tutti, fa sentire bene le persone, è scientificamente dimostrabile (anche il marxismo-leninismo dicevano) e ci si fanno tanti soldi. Le aziende pagano molto bene il greenwashing. Inoltre, l’ecologismo è un tipico fenomeno della classe agiata delle grandi città che votano a sinistra. I ceti medi e popolari hanno altro a cui pensare. Sono travolti dalla globalizzazione vinta dai cinesi e dalla disintegrazione sociale e culturale. Per loro il multiculturalismo non è il ristorante esotico o la tata. Vivono in mega palazzoni nelle periferie. Dove la ricaricano l’auto elettrica da 50mila euro?
Viviamo in una società largamente nichilista. Il Verbo verde può sostituire il vuoto lasciato da religione e ideologia? O ci spingerà sempre di più verso la manipolazione assoluta del corpo e della vita umana da parte della tecnica e della scienza?
Ecologismo, genderismo, nichilismo e transumanesimo si portano assieme, con la schizofrenica aggiunta dell’immigrazionismo, una sorta di feticismo etnico-culturale che ci inebria al punto di vedere nelle masse che premono ai nostri confini una sorta di rigenerazione in chiave anti-occidentale delle nostre società. Sapevate che Carola Rackete è passata al green? Guarda la Svezia, il paese di Greta. E vedrai il futuro.
Ecologismo fa rima con socialismo. Un socialismo tecnocratico però, in cui le politiche green vengono eterodirette da apparati burocratici e capitalismo clientelare. Quanto siamo lontani dal vecchio e lucido marxismo di un tempo?
Una sorta di “1984” ecologista è davanti a noi. Centralismo, tasse, propaganda nelle scuole, repressione del dissenso, non ci faremo mancare niente.
L’ecologismo è una nuova forma di identity politics? Come si è giunti a questa “convergenza delle lotte” che raduna insieme ecologisti, islamisti, neofemminismo, LGBTQI+, immigrazione?
Bisogna prenderli sul serio per capire. E bastava vedere la marcia a margine del Cop26 a Glasgow. Cori come “Cosa vogliamo? Giustizia di genere!”. Oppure: “La liberazione trans non binaria è eco-giustizia!”. E poi c’è lei, la divina Greta, che ha annunciato che la crisi climatica è frutto del razzismo, del colonialismo e del patriarcato occidentali, che vanno smantellati. Siamo nel cuore del culto ecologista, che non è affatto la premura per l’ambiente, ma un Occidente sommerso di ridicolo e di odio di sé.
Quante volte apocalissi e catastrofi sono state annunciate dagli ambientalisti e poi sfatate dalla storia?
Sono cinquant’anni che annunciano che il mondo è spacciato, ma siamo sempre qui. Paul Ehrlich, quel pessimo guru e biologo della bomba demografica, nel 1968 dichiarò: “La battaglia per sfamare tutta l’umanità è finita. Negli anni Settanta, il mondo subirà carestie – centinaia di milioni di persone moriranno di fame”. Nel 2006, mentre promuoveva il film An Inconvenient Truth, Al Gore, il piccolo Papa di questo movimento, disse che all’umanità mancavano soltanto dieci anni, prima di raggiungere il punto di non ritorno, suggerendolo con scene di inondazioni di Manhattan e della Florida. E si potrebbe andare avanti per ore. Il punto è che, come sempre accade a sinistra, c’è impunità. Basta spostare di nuovo le lancette dell’apocalisse. L’obiettivo è generare paura, atterrire, controllare, sottomettere, guidare. Sono una setta.
I “nuovi profeti di sventura” riusciranno a tradurle in un’offerta ambientalista radicale o una sana resistenza offerta dalle classi inferiori e dal capitalismo territoriale preverrà la perversione nichilista di scienziati, politici e burocrati?
I gilet gialli in Francia hanno fermato la “transizione ecologica” che Macron voleva far pagare a loro. Quest’anno l’Italia spenderà 3 miliardi per calmierare le bollette impazzite a causa delle scelte folli degli ecologisti del vento e del sole. Fino a che i governi se lo potranno permettere, il denaro pubblico farà la sua parte. Poi le manie ecologiste saranno spazzate via. Lo abbiamo visto questa estate. Tutti a riaprire le centrali a carbone per produrre energia.
Per decenni il pensiero liberal ci ha ripetuto che per crescere economicamente era necessaria una crescita demografica. Con la conversione all’ecologismo ora predicano il birth strike. Come si spiega questa giravolta ideologica?
Il suicidio di civiltà. Non c’è altra spiegazione. L’Italia, fra due generazioni, avrà 32 milioni di abitanti. La metà. Oppure saremo completamente sostituiti come popolo. Da chi, lo sappiamo. L’ecologismo, al fondo, è soltanto misantropia, odio dell’uomo, lo chiamano “un virus”. Hanno goduto con i lockdown. Dicono che è tutta colpa nostra. Ci chiedono di farci (mai di farsi) da parte. È come il film L’esercito delle 12 scimmie. Un giorno metteranno una tassa sul secondo figlio, come faceva la Cina prima del 2015?
L’ecologismo è esploso come elemento di rilevanza globale nella discussione pubblica quasi contemporaneamente alla pandemia. Guardando al futuro, quale può essere la relazione tra le restrizioni e il new normal della pandemia e l’ondata ecologista?
Il Covid è stato il grande banco di prova di quello che vorrebbero: la “decrescita felice”. Ma di nuovo, chi paga il conto del suicidio di civiltà?
In definitiva, nell’era del totalitarismo verde c’è ancora spazio per l’uomo bianco occidentale o è destinato a scomparire, soppiantato da un nuovo eco-popolo?
Per i fautori del modello attuale, è fondamentale decostruire l’idea stessa di maggioranza dell’uomo bianco etero cristiano, perché permette loro di sfuggire alle condizioni stesse della democrazia. Non c’è più bisogno di essere in democrazia se ci sono solo minoranze. Minoranze etniche, sessuali, di genere, religiose, culturali. Ecco perché penso che andiamo verso una gigantesca diaspora dell’identità occidentale.