Perché il Nazareno risorga, adempiendosi in Messia, è necessario il sacrificio di Giuda, che si ammazza. Gesù muore per dare la vita – fertile è il suo sangue, terra da arare il corpo, nostro pasto – mentre Giuda, semplicemente, si toglie la vita: sudicio suicidio, che risuona per millenni, sperpero di Adamo. Da una parte il corpo trafitto e trafugato dai militari, dall’altra il corpo che insiste su se stesso: che fine ha fatto il corpo di Giuda, chi se ne è preso cura, deterso di orazioni e di oli? Chiedete ai cani che lo hanno dilaniato, ai corvi che del traditore si sono nutriti. Nulla sappiamo del corpo di Giuda, ci è nota invece la sorte delle “trenta monete d’argento” che il discepolo “preso da rimorso, riportò ai sommi sacerdoti”: usate per comprare “il campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri”. Dunque ha senso il rimorso di Giuda: grazie a lui gli ultimi, gli indegni, i non ebrei, i senza Dio – quelli, in effetti, che raccattava Cristo – hanno un posto per riposare, in eterno. Giuda no, non ha posa, la sua inquietudine formula iene: corre, sbanda, inesausto. Perché lo straniero riposi, un Giuda deve ammazzarsi. Giuda non ha tomba, sempre se ne riesuma il gesto cardinale, il tradire.
Lampante è la fratellanza tra Gesù e Giuda: la missione di uno è rispecchiata nella miseria dell’altro. Da qui il fascino livido, ustorio, del traditore nella tradizione gnostica, la presunzione che il Vangelo di Giuda conservi una rivelazione superiore, per aristocrazia d’abissi, celata dai canonici. Eppure, non possiamo scombinare i segni: Gesù converte, non sovverte; non ribalta il mondo, infine ribadendolo: lo compie, lo supera. Un cupo antinomismo trafigge i secoli, produce esaltati, inaugura una sorta di messianismo infero, di cui s’incaricano figure ipnotiche e oscure. “Il tradimento di Giuda rimane, in ogni caso, un mistero”, ha detto papa Benedetto XVI nell’udienza generale del 18 ottobre 2006. “Gesù lo ha trattato da amico (cfr Mt 26,50), però, nei suoi inviti a seguirlo sulla via delle beatitudini, non forzava le volontà né le premuniva dalle tentazioni di Satana, rispettando la libertà umana”.
Tuttavia, la vicenda cristiana si incardina in Giuda. Dopo l’ascensione di Cristo, che “per quaranta giorni era apparso loro e aveva parlato del regno di Dio” (At 1, 3), gli apostoli devono trovare “il sostituto di Giuda”, l’insostituibile. Lo trovano, tirando a sorte – come si è tirato a sorte sulle vesti di Gesù, “dopo averlo crocifisso”: quasi che fato e provvidenza siano fuse in astrale gemellaggio – in Mattia, “che fu aggregato agli undici discepoli”. Di lui nulla si sa, se non che ha conosciuto Gesù; la sua è un’elezione nel silenzio, tra i meandri del niente, una candela conficcata sul pitone del regno. Si dice che abbia portato la Notizia “agli uomini barbari e carnivori” – la vicenda cristiana, sempre, è questione di fame, di famelici, di leggendari digiuni.
Che sia Pietro a raccontare la vicenda di Giuda aggiunge un sovrappiù di enigma: anche lui è traditore, il suo tradimento, semmai, è più vile di quello dell’Iscariota. Giuda agisce per impeto, vende Gesù certo che abbia tradito il compito (fraintende, non sa che Egli è il Compito); l’altro si aggira tra meschinità, “Non conosco quest’uomo”, dice, nel momento assoluto, si defila, sigillandosi in una spirale di oscurità. Ma c’è un momento, nei Vangeli, in cui tutto deve esplodere e azzerarsi, in cui tutti sono traditori, in cui la verità si dilata fino a spirare – per esigere il Risorto c’è bisogno del Caos, e dunque, in quell’istante (che ha ripercussioni proprio ora, qui), la sola vita può essere la morte, la sola scelta il diniego, la sola via il suicidio.
D’altronde, cosa significa rinnegare se stessi? Vuol dire, addirittura, negare Cristo? Vuol dire, perfino, uscire fuori di sé, uccidersi? Che sapore aveva il boccone preparato da Gesù per Giuda, dopo aver mangiato il quale “entrò il lui Satana” (Gv 13, 27)? In Gesù che imbocca Giuda, che segno ci è dato?
Secondo Matteo, Giuda si uccide impiccandosi; secondo gli Atti degli Apostoli lo fa squarciandosi il petto, “e si sparsero tutte le sue viscere” (quasi che si potesse eviscerare il demonio). Il Campo del Sangue comprato “col prezzo dell’ingiustizia” in dialetto si chiama Akeldamà – è l’opposto del Golgota. Se al Calvario si ascende, in Akeldemà si discende, sviscerati, nel tabù del suicida. Che qualcuno custodisca tra le bende il corpo irrisolto, irrisorto, irredento di Giuda. Si è cristiani solo se ogni giorno si lotta per non uccidersi.
Il Nuovo Alfabeto del Sacro costruito con Alessandro Dehò oggi ci consegna a Giuda.
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E quando Pietro disse che “Giuda comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere” (Atti 1, 18) io vi ho visti arrivare come avvoltoi, senza pietà, attorno alla carcassa, e da allora non ve ne siete più andati, sciacalli che dopo duemila anni ancora state nutrendovi di quelle viscere sparse. Strappate brandelli di lui, scavate nello squarcio, ne fate reliquie. Dovreste sputarle e vergognarvi.
Giuda non sarà mai vostro fratello, inutile accanirsi, non lo comprenderete mai, saziarvi della sua carne è illusorio tentativo di comprendere. Avete paura di Cristo, il vero traditore dei vostri desideri, e vi accanite su Giuda, ma lo sapete bene, la verità prescrive viscere rovesciate.
Lo state spiegando da duemila anni, non fate che parlare di lui, ma Giuda è una piega ripiegata in altre pieghe, è complessità irriducibile a pensiero consolante, Giuda è piega suppurata in piaga, come tante nostre vite, solo che lui dallo squarcio si è esposto, scandalosamente. E rimane lì, sosta sulle labbra insanguinate di Pietro. E il suo parto vi ossessiona.
Vorreste chiudere la spaccatura vero? Le viscere paiono immonde. Giuda non ve lo permetterà mai. Le vostre teorie, a confronto, sono vuote, non hanno coraggio, vorreste servirvi del suo tradimento e non vi accorgete che è lui a sbranarvi, vive della vostra paura di decidere, dell’incapacità di scegliere tra Tutto e Niente, tra vita e morte. Giuda vi fa paura come pochi, perché lui si è esposto, precipitando in avanti, lasciando dietro di sé una scia luminosa di viscere.
Aggiungerlo all’esercito dei rivoltosi o sperare di ingrossare quello dei meschini, condannarlo o assolverlo, comunque ridurlo a cicatrice è la vostra idea fissa. Sentite come siete mediocri? Giuda un martire o un traditore? Ma cosa cambierebbe? Accettate invece di stare da questa parte, dalla parte di chi ha paura di rovesciarsi in placentare materia viscerale, restate con i piedi immersi nel sangue, a fare i conti con la paura di precipitare in avanti.
Di Giuda in verità non parlate mai, solo della sua fine, quella vi ossessiona. Eppure anche Giuda ha avuto un inizio, anche lui è stato chiamato dal Vivente in persona, sarebbe rimasto al suo posto lui, non avrebbe dato fastidio a nessuno. Avrebbe amato e tradito come tutti, ma lontano dal palcoscenico delle religioni. Avrebbe avuto il diritto di passare sotto silenzio, bastava lasciarlo stare. Se siete onesti, nel sangue di quelle viscere dovreste almeno riconoscere parte della complicità di chi lo ha voluto accanto a sé. E badate bene, non sto incolpando nessuno, nessun colpevole, nessun alibi, solo il movimento estremo di uno squarcio a viscere rovesciate, stimmate che non si cancellano.
Precipitato in avanti, come solo i martiri, squarciato, come solo il Maestro, le viscere calde sparse, come una madre che si ammazzerebbe per i suoi figli. Ultimo sacrificio importo dall’Incomprensione. Questo è Giuda.
Traditore per eccellenza, come Dio stesso, che impunemente sfugge sempre, che affascina e abbandona, che chiede all’uomo di morire con lui, di tradire il respiro. E se Giuda fosse l’unico obbediente? E se quel precipitare fosse solo conseguenza di una estrema fedeltà? Mi sto nutrendo anche io delle sue carni. Non è dato sapere. Ma ammirare il precipitare in avanti e il disfacimento, quello possiamo. E sentire che la vita arriva sempre da uno squarcio, taglio di donna o lama di luce, rottura di acque, esodi insanguinati, solo questo sappiamo. Siamo sempre alla ricerca di un varco, Giuda ha deciso di diventare lui stesso passaggio. Forse atto più vicino di qualunque altro a ciò che chiamiamo preghiera.
Del cuore di Giuda ne parlate solo per ricordare che chiedeva conto di uno spreco di trecento denari per un’unzione inutile al Cristo, già ampiamente consacrato dall’alto. Avete creduto fosse per attaccamento ai soldi, avete proiettato le vostre meschine visioni, e se lui non avesse avuto bisogno del profumo? Lui il vero povero, stava fisso ai bordi della vita implorando a se stesso di trovare la forza di precipitare, di attraversare lo squarcio che sapeva solo intravedere. Siete voi che continuate a usare i poveri per replicare un galateo di comportamento che lascia le vostre viscere al sicuro. I santi veri si lasciano squartare per amore.
Satana gli è entrato in corpo, questo dite, a me non impressiona. Abitati da demoni lo siamo tutti. Di Giuda, se avete coraggio, ridatemi anche le parole di prima e i suoi sogni, ridatemi il suo essere parte dei Dodici, ridatemi ciò che ha ascoltato, e i suoi occhi, che hanno visto miracoli, le sue mani che hanno portato pane moltiplicato nel deserto. E io vi mostrerò che già allora erano gesti da posseduto. Non si può credere se non nell’esposizione al rischio. Senza precipitare nel ventre del mistero, senza immersione negli inferi il Vangelo rimane esercizio sterile, intellettuale masturbazione.
E non ditemi solo dell’ultimo suo boccone intinto, ditemi anche della comunione dei tre anni precedenti, ditemi le sue paure e la sua voglia di capire. Perché tanto silenzio, perché ridurre tutto all’atto estremo? Ma non capite che lui da subito stava precipitando oltre? Lui era estremo, e il suo Maestro anche. Oppure lo capite e avete paura?
Ridatemi Giuda, ridatemi lui tutto intero, non solo il bacio ultimo e scandaloso ma tutti gli altri, uno per uno, i baci di cura e quelli innamorati, quelli rubati. E poi il primo, il suo primo bacio, perché di quello non parlate mai? Se ci fosse ancora Lui, Lui sì che ne parlerebbe. Resuscitare la vita è anche questo, ma voi non sapete farlo. Non avete abbastanza fede.
Ridatemi Giuda e le sue risate e rimangiatevi le accuse, non era più ladro del suo Maestro, ognuno ruba quel che può, e le monete sono il reato più trascurabile. Rubare la tranquillità, condannare all’insonnia, scippare l’innocenza non è forse crimine più grave?
Ridatemi Giuda, e il suo gesto ribelle e cristallino, trenta denari gettati in faccia al sistema, e nessuna conversione, mi spiace, nessuna conversione alla fine, è sfuggito Giuda, e in questo è simile a Cristo, ogni tentativo di trattenerlo è misero tradimento. Ridatemi il gesto anarchico delle monete lanciate e la liturgia di una corda fatta passare con coraggio attorno al ramo che, almeno lui, sorregge tutto il peso della vita.
Ridatemi Giuda lo voglio solo seppellire, portarlo al riparo dai vostri ragionamenti, lasciate che sia la notte a proteggerlo, fuori dal Cenacolo, quando lui si consegnò alle tenebre. Precipitando in avanti.