Intanto Paolo VI non c’è più
È morto Berlinguer
Qualcuno ha l’AIDS
Qualcuno il PRE
Qualcuno è POST senza essere mai stato niente.
Svegliami, CCCP
Intanto sono crollati i muri e ad i casermoni della DDR si sostituiscono i grattacieli cristallizzati della Berlino unificata, la globalizzazione ha conquistato il mondo, è arrivata la end of history profetizzata da Fukuyama, ed è anche finita. Ma mentre del socialismo reale in europa orientale non restano che inquadrature alla good bye lenin, non è finito il disagio giovanile, la crisi delle certezze, la diaspora delle ideologie. Non hanno quindi perso la loro potenza evocatrice le canzoni dei CCCP che nei loro album hanno saputo raccontare contromano gli anni del capitalismo ruggente dei vari Ronny reagan e Maggie Thatcher. Il “Compagno” Ferretti di “Affinità-divergenze tra il compagno togliatti e noi” (1985), è diverso dall’intellettuale dei primi CSI, dal partigiano dei concerti sulla resistenza, dal mistico eremita che germoglia negli Appennini. È il massimo esponente del punk italiano, che mescola acconciature spigolose a divise della DDR (la repubblica democratica tedesca), che si fa megafono della crisi delle certezze del relativismo, che guarda ai soviet e alla feste dell’Unità.
Svegliami, CCCP
Diverso da quello attuale ma coerente con esso, scelse la comunità, il mondo della provincia, la lotta contro la modernità. Scelte che tuttora continua a seguire, con la consapevolezza del fallimento del comunismo sovietico. Un comunismo il suo quasi pasoliniano, ancorato al mondo antico, solido, alla fede, ad una visione di ordine e stabilità. Che si trasforma in comunitarismo caduti gli idoli dei soviet e dell’elettricità-, riconoscendo gli errori del comunismo e gli orrori dello stalinismo. Ortodosso ma con senso critico, che in “CCCP” alla celebrazione del mondo dei soviet alterna perle di autoironia (“fedeli alla linea anche se la linea non c’è”), sperimentando testi che sono collage di citazioni da sigle (cccp, sssr), parole chiave e scritte sui muri come anche in punk islam. Ma oltre il compagno Ferretti politico, c’è l’artista, immensamente superiore, che con il suo primo album come frontman dei CCCP riesce ancora a parlarci di un mondo che non solo non è cambiato, ma è forse anche peggiorato. In “Curami”, uno dei capolavori dell’album, i CCCP danno voce alla testimonianza di una generazione annullata, piena di nevrosi ed incertezze, simile alle orde di zombie di The Walking dead o alle folle solitarie delle metropoli della globalizzazione. “Curami” è il grido di aiuto degli sbandati, dei fuori posto, dei nevrotici, che si nascondono nelle parate di maschere della società. La ricerca di una terapia che li liberi dalla paranoia e dalla crisi:
Curami curami curami
Prendimi in cura da te prendimi in cura da te
Curami curami curami
Che ti venga voglia di me che ti venga voglia di me.
Curami, CCCP
Nevrosi e crisi che si riversa anche sul piano sentimentale-sessuale in “Mi Ami?” (originariamente in “ortodossia 2”). In “Mi Ami?” anche la sfera dei rapporti sessuali è annientata e omologata:
Un’erezione, un’erezione triste
Per un coito molesto, per un coito modesto, per un coito molesto
Spermi, spermi, spermi, spermi indifferenti.
Mi Ami?, CCCP
I rapporti come nella Waste Land di Eliot sono ridotti al puro aspetto fisico che però, svuotato di ogni passionalità, si riduce ad una pratica triste, apatica, omologata ed indifferente. Il testo ispirato all’opera “frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes, ne interpreta la filosofia e ne cita parti e titoli di capitoli. Rivendicando una dimensione sentimentale e passionale di intimità non mercificata. Libera dalle ripetizioni e indifferenze del mondo spettacolarizzato degli anni 80. Lontano dalle esistenze tiepide si celebra una visione romantica e travolgente del sesso e dell’amore:
L’affinità elettiva è orfana di futuro
Disturba i progetti, rapisce la quiete
Svela i conti in sospeso
Accarezzati in sogno in un tempo spezzato che gira, rigira
Ritorna all’inizio, non vuole finire.
Mi Ami?, CCCP
Mi Ami? – CCCP
L’affinità elettiva capace di penetrare un mondo di calcoli e realtà monouso, di stravolgere interessi e meschinità. Di risvegliare spirito e passione, sopiti dalle ninna nanne della società dello spettacolo. Testi che oltre a farsi veicoli di dubbi e perplessità si fanno espressioni di nuovi sperimentalismi che riescono a fondere il punk berlinese, con la musica elettronica attraverso “remiscelamenti” che cercano di de tecnicizzare il progressive rock, innestandovi sonorità provenienti dalla musica folk, dalle ballate popolari e dalla liturgia cristiana. Nei primi album sono infatti presenti riferimenti e sonorità che poi caratterizzeranno il Ferretti dei “per grazia ricevuta”, per il legame col mondo popolare e la dimensione della musica sacra, la dimensione del cantautorato italiano che svilupperà in linea gotica lo sperimentalismo di “ko del mondo”. Innestando rock, punk e folk in “valium tavors serenase”.
Valium tavor e serenase altro non sono che nomi di psicofarmaci, antipsicotici e farmaci, che compongono il testo della canzone che sintetizza testi riguardanti l’esperienza di Giovanni Lindo Ferretti come operatore psichiatrico. Divisa in tre parti, due tra il post punk e il rock e la seconda di intermezzo folk dove le abilità musicali di Zamboni creano una sospensione, una porta tra due mondi. Dove la dimensione paranoica-nevrotica rappresentata dalla sintesi punk riesce ad esprimere il disagio della realtà contemporanea, impersonale ed annichilita con suoni violenti, deliranti, da acciaieria urlante:
“Il Valium mi rilassa
Il Serenase mi distende
Il Tavor mi riprende
C’è chi mi da’ energia e chi la porta via
E voi cosa volete?”
Valium Tavor Serenase, CCCP
L’effetto degli psicofarmaci riporta il malato in un mondo idilliaco e pastorale armonizzato da suoni folk: “quando ci penso vorrei tornare alla mia bella al casolare/Emilia mia, Emilia in fiore, tu sei la stella tu sei l’amore”. Che scaduto l’effetto catapulta l’ascoltatore nel mondo urbano, reso attraverso suoni punk-rock.
L’emilia luogo di origine di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, diventa il protagonista del singolo da oltre 7 minuti “Emilia paranoica”: la Bohemian Rapsody del punk italiano. Oltre sette minuti di puro punk che estremizzano lo stile della band emiliana. Una traccia in cui si mescolano, ironia, provocazione, parodia, inacidite dalla rappresentazione di una Emilia corrosa dove gli psicofarmaci e gli stupefacenti subentrano, dove la spensieratezza e la compattezza sociale vengono affiancate alla frantumazione. Attraverso strofe nel quale si mescolano in modo disinvolto citazioni colte, slogan pubblicitari, stereotipi abusati e immagini poetiche. Dai bombardieri su Beirut, a 77, improbabile maestro di punk e tossicodipendenza di Sassuolo, Tiro e Sidone in fiamme, psicofarmaci e febbri etiliche di ogni sera. Rappresentando una perplessità che nell’Emilia alter ego dei suoi abitanti rappresenta il desiderio di una soluzione, di una nuova tendenza capace di superare dubbi e crisi, di cui però non se ne comprende la forma:
Aspetto un’emozione sempre più indefinibile.
Emilia paranoica, CCCP
Antimoderni, visionari, provocatori, ironici, inaciditi, ma insicuri, umani, attualissimi. I primi CCCP si rifugiano nelle atmosfere della Repubblica democratica lontani dalla “noia mortale”, che gronda la società del dopoguerra (in Noia) o all’allarme della morte del mondo della provincia, dei valori e dello spirito della comunità popolare a cui si ribellano attraverso il punk, attraverso la ricerca della stabilità. Ricchi di idee, ma lontani dal cantautorato impegnato, creatore di opuscoli di partito con musichette deprimenti. Apprezzabili da chiunque non si ritrovi nel proprio tempo, nell’indeterminatezza, nel vuoto e nell’apatia che non hanno abbandonato gli ultimi anni. Non musica di partito, ma musica per ridestarsi dal sonno del presente. Una band e un album che per i CCCP rappresenta il conseguimento di una maggiore età artistica. Capace di far apprezzare le numerose affinità e divergenze tra il compagno Ferretti e noi.