OGGETTO: Gianni Vattimo, il pensiero depotenziato
DATA: 04 Ottobre 2023
SEZIONE: Metafisica
FORMATO: Analisi
AREA: Italia
Lo spegnersi cauto del filosofo della postmodernità segna la chiusura di una tappa, ma non il raggiungimento di una mèta.
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Il più grande filosofo postmoderno. Questo avrebbe potuto essere un titolo per un necrologio di Gianteresio (Gianni) Vattimo. Eppure, leggendo le opere del filosofo torinese, seguendo l’esame rigoroso delle fonti storiche con andazzo heideggeriano, sembra che il pensiero debole rimanga ancora distante dalla formulazione poetica della filosofia post-strutturalista di Derrida. Appesantito dal lessico dell’analitica esistenziale e dagli intenti di un’ermeneutica della differenza, la filosofia di Vattimo è trionfo verace della grammatica amministrativa. Il pensiero debole si avvicina alla differenza destrutturante, la contamina e ne è contaminata. Ma non bisogna soffermarsi su alcuna gerarchia, o podio valoriale, quanto procedere con la critica. Nemmeno ai caduti si può risparmiare il sospetto. Mancando dello stile di un Nietzsche o di un Montaigne, Vattimo ha creato il braccio disarmato del postmodernismo. Una filosofia tarpata dalla saggistica, non avanguardista; una scrittura lucida e distesa, non frammentaria e aforistica. Direte: «Sì, ma che ce ne facciamo noi dello stile, del modo, quando la filosofia è diventata una scienza, degnata e legittimata dal tono accademico e dal suo procedere per apparati di note e citazioni – ciò che Vattimo propone rimane un’ermeneutica della differenza valida.»

Allora, ricominciamo. La morte di Vattimo segna la chiusura di una tappa, ma non il raggiungimento di una mèta. Il perire a Rivoli in un giorno d’autunno del 2023 è stato uno spegnersi cauto. La filosofia italiana che si incarna nel parlamentarismo ha chiuso la sua epoca.

Tra il luglio del 1999 al giugno del 2014, Vattimo viene eletto due volte al Parlamento Europeo. Con l’elezione, lui si inserisce nel percorso che ha predecessori in Benedetto Croce e Giovanni Gentile, Norberto Bobbio e Massimo Cacciari. Diventa rappresentante di una filosofia social-politica che è la sorella naturale del pensiero accademico-amministrativo. La fine di un’epoca all’insegna della filosofia per la politica, la fine annunciata del pensiero debole, che lambiva un’apertura ermeneutica totale, assoluta, come fine.

Vattimo è stato un pensatore brillante per la sua epoca, un maître à penser arguto, capace di indovinare dove la filosofia stava portando il Novecento e capace di comprendere dove i movimenti della storia stavano portando il pensiero. Fu capace di intravedere che cos’era il Novecento per la filosofia nell’unica maniera possibile, ovvero, stabilendo una nuova direzione, un nuovo principio, una nuova mèta. Un uomo ingegnoso, un italiano alla pari di Italo Calvino e Franco Battiato: capace di articolare le lingue e carpire i segni che travalicano i confini nazionali, riversandosi sull’Europa intera.

Vattimo fu un pensatore che si muoveva nel suo presente, attraversava gli autori che lo circondavano e respirava un’atmosfera che poi è stata consegnata alla storia della filosofia contemporanea. Una vicinanza paradossale con Hans-Georg Gadamer, Umberto Galimberti, Luigi Pareyson. Uno studioso di quelli che eleggono i filosofi – poiché la dignità del pensiero di un filosofo non è eletta da sé, ma abbisogna di un portantino, di un’elezione, di un riconoscimento, di un discorso, di una prefazione, di una autorictas. Poiché la storia della filosofia è un gioco le cui regole sono costruite da chi vive all’interno, non dettate dalle richieste esterne: quindi, la filosofia che entra nella storia del pensiero viene scelta, decisa, discriminata dagli esperti del pensiero, dai gerarchi del dominio linguistico della prassi. Solo chi conosce altri pensatori, se questo dogma fosse un detto, può entrare a fare parte della filosofia. La filosofia è professione, prodotto di un circolo, di un network che eleva il pensatore di rilievo, che critica e biasima, elogia e nega le tesi e i principi di una pensatrice. L’outsider sopravvive per sbaglio al confino, al di fuori dei margini della filosofia, in opposizione alla filosofia delle mille accademie, al limite del pensiero garbato, diritto, composto, annotato, sistematico, oggettivo. Vattimo, però, è vissuto al centro del vortice di pensieri che ha impresso la seconda metà del Novecento nel libro dello storico.

Il pensiero debole era un’atmosfera per pensatori novecenteschi e in cui i pensatori dei primi anni duemila si sono formati. Conteneva al suo interno i germi del superamento. Maurizio Ferraris e Diego Marconi pubblicano due saggi nella raccolta Il pensiero debole, curata da Vattimo. Ferraris e Marconi, in una disputa torinese, rappresentano il dopo del postmodernismo. La filosofia del nuovo realismo nasce in opposizione all’ultra-interpretazione del testo; viene affermata una ontologia del reale per contrastare l’obliquità della metafisica, laddove il pensiero debole era alla ricerca di un’ontologia ermeneutica.

Il saggio introduttivo a quella raccolta, scritto da Vattimo, ribadiva una critica all’ideologia. Un pensiero critico: «L’ideologia maschera perché è pensiero parziale» si potrebbe dire partigiano. Invece, l’ontologia ermeneutica è uno «sforzo di ricomposizione di un punto di vista non parziale», una interpretazione che misconosce la scuola del sospetto.

Il mondo appare in una valle di echi e di culture altre, ovvero: l’alterità diventa il principio dell’esperienza. Il pensiero debole aspirava a portare avanti la tradizione liberatrice, che rifiuta i caratteri forti della metafisica. Una valanga di no per la ousia, la permanenza-presenza, la stabilità. Vattimo ricercava una nuova ontologia nell’indebolimento dell’essere, una “ontologia del declino”. L’essere pensato come sprovvisto di strutture stabili, immerso nel gioco di specchi del mondo.

Quindi, non gli restava altro che fornire un’alternativa alle categorie oggettivanti della metafisica: provocare uno sfondamento, poiché la metafisica non può più produrre un fondamento – punto d’inizio del circolo ermeneutico. Abbandonare «ogni sogno di riconciliazione». Abbracciare la moltitudine di apparenze e scansare la suggestione dell’ascesi. Compilare un dizionario consultabile con i termini che caratterizzano il pensiero debole dell’ultrametafisica; dove appaiono: la pietas che spinge a pensare la finitezza, la caducità, la mortalità; la Verwindung come superamento-distorsione; e l’An-denken come pensiero rimembrante.

Il pensiero debole prepara il terreno all’alba filosofica della differenza, alle avventure della differenza, prepara l’individuo all’alterità come canone, paradigma.

Le argomentazioni lucide e profonde inanellate da Vattimo sono l’indebolimento terminale delle categorie forti che nella storia della filosofia erano state attribuite al soggetto. Le categorie rigide, metafisiche, universali, totali. Aprendo un varco illimitato all’interpretazione e inaugurando un dominio sfondato per garantire un territorio all’ontologia ermeneutica, Vattimo ha posto le basi italiane per una filosofia post-nietzscheana – compito che verrà preso sul serio dal suo allievo Ferraris.

In Le avventure della differenza, Vattimo accenna alla formulazione di un pensiero depotenziato, ovvero, traccia ciò che il pensiero è diventato dopo aver abbandonato la ricerca di un fondamento [Grund], la ricerca di una costante universale. Il pensiero che ha abbandonato i caratteri forti della metafisica universalizzante è un gioco complesso, un «ambito di oscillazione», un «ambito in cui sono sospese le caratteristiche metafisiche».

Nel dominio liberato dalle catene della metafisica che imperializza, il “vero pensiero critico” può sorgere. Ma da che cosa fugge, o che cosa oltrepassa il pensiero debole? La rassicurazione della presenza, la forza violenta della metafisica della presenza. Il filosofo torinese, imprestato alla politica europea negli anni Duemila, ha scagliato il pensiero della differenza oltre l’illusione che la «conoscenza possa accedere a un punto di vista totale». Ha fatto tornare la filosofia alla sua dimensione di passione, eros, bisognovita vivente.

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