Il PNRR rappresenta per Roma la speranza di una progettualità strategica che manca all’Urbe dai tempi di Gianni Borgna. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), finanziato con 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà dell’importo stanziato da sovvenzioni, concordato tra l’Unione europea e gli Stati membri in risposta alla crisi pandemica.
Il peccato originale di un fondo temporaneo
L’essere un elemento emergenziale, nella contemporaneità che è crisi permanente, rappresenta un vulnus difficilmente colmabile rispetto alle ambizioni insite nel piano e la contingenza globale. Rappresentazione plastica della temporaneità di un valido strumento di finanziamento è rappresentato dalla staticità delle condizioni poste in sede di accordo europeo. Condizioni e vincoli che in meno di un anno sono stati repentinamente superati dall’incubo dei falchi teutonici ossia l’inflazione. Poiché le istituzioni europee deficitano di un coordinamento economico pari a quello bancario e monetario; manca una policy Ue che sia in grado di rispondere comunemente all’inflazione. La mancanza di un coordinamento, unito alla sudditanza di carattere meramente accademico nei confronti della FED, che agisca su obiettivi alla sua portata sta favorendo una scelta implicita per gli Stati membri tesa ad accettare un riaggiustamento dell’economia attraverso una caduta della domanda, devastando l’offerta interna. L’aumento dei costi delle materie prime – cui si aggiunge l’eterno errore di mancanza di strategicità delle riserve in seno europeo – unito all’innescarsi dell’inflazione hanno posto fuori scala i budget dei ministeri per l’attuazione del Piano nazionale di Ripresa e resilienza. Recentemente è stato il ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, a calcolare 5 miliardi di costi in più “sui 35 previsti per l’Ambiente” legati alle due variabili. Un aumento che doveva esser ipotizzato dopo anni di forte deflazione. Altro effetto negativo che oggi pesa sui conti del Pnrr è il sistema di globalizzazioni della produzione dei componenti che sono stati distrutti dalle supply chain per come erano venute a formarsi nell’ultimo trentennio. Si annota come alla data di insediamento del nuovo governo sui 55 obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre 2022, ne risultavano conseguiti 25, mentre alla data odierna risultano raggiunti tutti gli obiettivi italiani attraverso l’adozione di 3 decreti legislativi, 12 decreti ministeriali; 3 interventi normativi in Legge di Bilancio».
Roma, la mancanza di poteri e la necessità di riscatto
Gli elementi economici sopracitati sono propedeutici a poter spiegare il processo di opportunità e sfide che coinvolgono Roma Capitale e i fondi del PNRR. Presupposti gravosi che si aggiungono all’umiliante condizione amministrativa dell’Urbe relegata a semplice ente comunale, privo della dignità che spetterebbe a una capitale, con un territorio e una popolazione non confrontabili con nessuna realtà civica italiana. La non disposizione di poteri di rango regionale e l’essere relegata dalla Riforma Delrio a banale “Città Metropolitana” pongono Roma al di fuori della Conferenza Stato Regioni e ancor di più ne inficiano l’azione politica. Attualmente secondo il Pnrr sono pari a 8,2 miliardi i fondi riservati a Roma per infrastrutture e turismo. Per il periodo 2022-2026 sono stati previsti 4.638 milioni di investimenti diretti e 2.967 milioni di risorse attribuite alla Regione Lazio, ma con effetti anche su Roma Capitale. Amministrativamente vengono posti come soggetti attuatori sia il Comune che la Città Metropolitana, d’altronde se la burocrazia per Marx è “lo spiritualismo dello Stato” poco c’è da fare anche in seno europeo per pretendere di non far annidare tra le reti dei fondi il vero deep state italiano le risorse europee. Quel deep state italico composto da burocrati intoccabili – eccezion fatta per le accuse mosse a Roma contro alcuni amministrativisti – che fanno del caos normativo un elemento per il mantenimento del potere. In totale sono 245 i progetti finanziati per Roma, il cui tasso di successo in sede di approvazione dei bandi è stato superiore al 90%. Un ottimo risultato – insperato un biennio fa – che ha deluso la grande platea di media e politici notoriamente posti in funzione anti-capitolina. L’Urbe ha compreso come sia necessario, dopo due decenni di abdicazione alla “decrescita in-felice” e a uno status quo che non può esistere e resistere nella crisi permanente globale, cogliere le opportunità del PNRR a ogni costo. Per recuperare la strategicità la Città Metropolitana di Roma si è dotata di un ufficio ad hoc, il settimo, che porta la denominazione di dipartimento per l’“Attuazione del PNRR, fondi europei, supporto ai Comuni per lo sviluppo economico, sociale e formazione professionale”.
Le direttrici di Roma secondo il PNRR
Le direttrici del PNRR romano sono: turismo, mobilità, ambiente e rigenerazione urbana. Queste direttrici hanno come perno le risultanze degli impulsi green europei. L’Unione europea ha risposto alla pandemia abbracciando la sfida delle politiche climatiche. Banco di prova ambizioso, i cui nobili fini attinenti al green impongono una maggior dipendenza economica verso Pechino- scambiata con Mosca dalla sempre euroasiatica Berlino. Costi non decantati infine da politica e media sono i fortissimi costi sociali, privi di un lascito industriale coerente per il continente, derivanti da un cambio di paradigma economico che rende il Vecchio Continente succube di Pechino o di altri player globali.
Turismo
La pandemia per un periodo piuttosto lungo ha reso l’Italia poco attrattiva a causa delle forti restrizioni. Nel 2022 il ritorno alla normalità ha riportato il settore ai livelli pre Covid-19 generando un valore aggiunto di 89,1 miliardi. Quasi il 10% del segmento di mercato legato al turismo è detenuto da Roma che ha generato 7,6 miliardi di ricchezza grazie al turismo. Il futuro del turismo a Roma secondo il PNRR passa attraverso il Progetto Caput Mundi che prevede 500 milioni per il recupero, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio monumentale di Roma e del Lazio. Si annota come per la gestione dell’Anno Santo su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 1, comma 428, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, a giugno 2022 sia stata avviata l’operatività della società per azioni denominata ‘Giubileo 2025’. Già decisi i vertici. Draghi decise di scommettere sull’AD di Poste Italiane Matteo Del Fante.A vigilare su tutto sarà la Ragioneria dello stato. Salvo intoppi nei bilanci, “Giubileo 2025” chiuderà i battenti il 31 dicembre 2026. Le intenzioni del progetto Caput Mundi prevedono 335 interventi su 283 siti archeologici o culturali da realizzarsi sotto la cura di vari soggetti attuatori. La valorizzazione dei siti culturali e archeologici – i quali sono i driver dell’offerta turistica a Roma unita ai Grandi Eventi e Politiche Giovanili rinvigoritesi nell’ultimo biennio- intendono cogliere l’opportunità offerta dal PNRR ponendolo in coincidenza con il Giubileo del 2025. Sui grandi eventi si gioca parte del futuro turistico della Capitale ed il dinamismo della giunta sul tema – cui non si aggiungono però risultati validi su verdi e trasporti – sta rendendo Roma protagonista in campo europeo.
Mobilità
La città capitale anche del traffico italiano ripone speranze e progetti nel PNNR per quel che concerne la mobilità. A essa Roma dedica molti capitoli di spesa che prevedono l’ausilio e lo sviluppo tecnologico, pur con a mente che il diktat green europeo in tempi di inflazione e di predominio sinorusso su commodities e materie rare pone fuori scala gran parte dei progetti sostenibii. Per Roma il cuore degli interventi previsti dal PNRR sulla mobilità riguarda principalmente lo sviluppo della cura del ferro. Si deve rammentare come tra il 1960 e il 1980 si assistette alla distruzione – su impulso nazionale e dei giornalisti italiani – della rete tranviaria romana che rappresentava un esempio di “smart city” ante litteram globalmente. Se qualcosa è stato salvato da quella barbara stagione lo si deve solo alla tenacia e alla perseveranza dell’ATAC e delle aziende che l’hanno preceduta, che han sempre difeso i progetti ideati. Una prima parte dei fondi è destinata all’alta velocità, che sarà ampliata per arrivare a servire in modo ancora più massiccio la capitale, risolvendo il problema con il dall’altro le linee metropolitane e le ferrovie locali, che saranno sviluppate ulteriormente rispetto allo stato attuale. Inizialmente e al netto di inflazione e rincaro delle materie prime erano previsti per la mobilità 3,7 miliardi di euro. Di questi circa 2 miliardi saranno stanziati per le linee ferroviarie locali e per l’alta velocità e circa 1,6 miliardi per il trasporto rapido di massa, quindi le linee metropolitane, e per rinnovare il parco degli autobus che assicurano il servizio di trasporto cittadino.
Secondo quanto dichiarato dal ministro Giovannini una delle opere simbolo del rilancio infrastrutturale di Roma sarà il completamento della linea C della metropolitana per il quale saranno destinati 1,6 miliardi di euro. Linea C che oltre a rappresentare il più grande sperpero di fondi pubblici della storia repubblicana visti i tempi e costi al chilometro, non può e non deve essere considerata come unica opera necessaria per Roma. Per suddetto motivo il sindaco della capitale Roberto Gualtieri ha chiesto altre risorse per allungare le linee A e B, mentre sarà finanziata integralmente la tranvia Termini-Vaticano-Aurelio. Si annota come il secondo scalo aeroportuale romano di Ciampino – da cui ogni anno transitano 5.858.779 – non è collegato dalla rete metropolitana. Il PNRR vede le città di Milano, Napoli e Roma come nuovi laboratori di innovazione della Mobility as a Service. L’iniziativa mira a promuovere la condivisione dei dati, la riutilizzabilità e l’interoperabilità dei sistemi di trasporto a partire dalle grandi città metropolitane dove ci si aspetta che l’implementazione di soluzioni MaaS (Mobility as a Service) generi i maggiori benefici. Sempre nello stesso frangente Roma si è vista esclusa, secondo il Campidoglio per “criteri ritenuti penalizzanti”, dal Maas Living Lab che vede come unica aggiudicataria il capoluogo lombardo.
Ambiente
Per quel che concerne il capitolo ambiente – nonostante l’emergenza legata allo smaltimento dei rifiuti e al fatto che il piano europeo punti sull’ambiente – i recenti sviluppi decisionali hanno assestato un colpo mortale alla gestione della città data l’esclusione dei quattro impianti per i rifiuti: i due biodigestori da 120 mila tonnellate annue di scarti organici, a Casal Selce e a Cesano, e due impianti per la selezione di carta e plastica. Progetti per cui Ama, l’azienda in house preda degli appetiti della politica liberal, aveva richiesto circa 130 milioni di euro. Roma si è vista esclusa dal ministero dell’Ambiente per esaurimento delle risorse sul capitolo dedicato del PNRR. Il sindaco dell’Urbe Gualtieri ha dichiarato che si tratta di “un’incomprensibile e sbagliatissima esclusione, i progetti nella prima fase avevano ricevuto un’ottima valutazione e si erano classificati al ventesimo posto sui 453 progetti totali presentati. Roma ha il 5 per cento della popolazione italiana e il massimo gap impiantistico”. Si pone così di nuovo in campo la partita tra i palazzi presenti a Roma, ma non con Roma.
Rigenerazione urbana
Roma non ha seguito Milano nel conformismo degli skyline ovunque e globalmente uguali, non ha neppure proposto e previsto un’alternativa. Come l’Italia soffre della mancanza di un Piano Casa serio ed adeguato, probabilmente per trovarne uno del genere bisognerebbe andare a ritroso fino all’INA-Casa di Amintore Fanfani. Cardine del piano nazionale di ripresa e resilienza è la riduzione del divario di cittadinanza. Le città e soprattutto Roma sono attraversate da notevoli disparità, nel mantra dei motti del periodo pandemico appare evidente come la “distanza sociale” fosse soprattutto un elemento di ineguaglianze. Capitolo di spesa non interessato dai media la “rigenerazione urbana” offre a Roma, laddove la classe dirigente per troppo tempo è stata accecata dalla speculazione edilizia, un’opportunità per una coesione sociale frammentata dai paradigmi economici degli ultimi decenni. La disparità sociale è un tema che coinvolge ogni Global City. Punto di riferimento per la rigenerazione delle città metropolitane italiane sono i Piani urbani integrati. Le risorse per i Piani urbani integrati sono state assegnate con decreto del ministro dell’Interno del 22 aprile 2022, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze con un importo complessivo di 2.703.730,488 euro. Il miglioramento dell’Urbe potrà avvenire attraverso interventi di rigenerazione urbana, con il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche. Saranno finanziati con questo investimento anche interventi per l’efficientamento energetico e idrico degli edifici e la riduzione del consumo di suolo, anche attraverso operazioni di demolizione e ricostruzione.
Nella ricerca dei progetti da finanziare è stato scelto di applicare l’Indice ISTAT di vulnerabilità sociale e materiale (Ivsm) che misura la vulnerabilità di un territorio in base alle condizioni sociali e abitative dei suoi abitanti. Alla Città metropolitana di Roma Capitale sono state assegnate risorse pari a 330.311.511,00 euro al fine di favorire una migliore inclusione sociale, ridurre l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche, nonché sostenere progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti ed al consumo energetico. In particolare, i progetti finanziati sono cinque: 38 poli civici culturali nei comuni dell’area metropolitana, la realizzazione di 9 nuovi poli culturali dell’Istituzione Sistema Biblioteche Centri Culturali di Roma Capitale, l’efficientamento energetico e riqualificazione e rifunzionalizzazione di 21 sedi dell’Istituzione Sistema Biblioteche Centri Culturali di Roma Capitale ed il Piano Integrato a Santa Maria della Pietà . Cui si aggiunge la realizzazione di 63 poli di sport, benessere e integrazione delle fragilità e disabilità, in altrettanti comuni dell’area metropolitana. Vero punto atteso riguarda il “Piano Integrato Corviale”, complesso troppo volte dimenticato e illuso.
Global city
Il PNRR è l’unica speranza per Roma per scrollarsi di dosso quello che Alberto Moravia definiva “lo spettacolo sconcertante di una capitale il cui fine principale anzi unico sia quello di vivere alla giornata o meglio di sopravvivere”. Un tempo sarebbe bastato sopravvivere, ma la partita globale ove gli investimenti per smart cities e sviluppo urbano sono condotti più dai mercati privati che da quello pubblico non basta. Non può neppure bastare l’essere una città dall’inestimabile capitale culturale, data l’abdicazione dell’occidente europeo a essere e promuovere il sapere. Roma a oggi rientra nell’Alpha World Cities- Global Cities Index. La sociologa Saskia Sassen descrive le condizioni fisiche che hanno permesso la costituzione delle prime città globali affermando che «gli sviluppi del mercato finanziario e le caratteristiche dei quadri normativi hanno generato una serie di conflitti. Questi conflitti hanno portato alla produzione di varie innovazioni finanziarie per risolvere il problema o per evitare la regolamentazione». Dalla fine di Capitalia Roma non dispone di un gruppo bancario nazionale di ampie dimensioni. La finanza non è chiamata prima delle istituzioni a rendersi conto che salvare Roma equivale a salvare una nazione. Per farlo Roma deve essere “antitaliana” e ritrovare o forse sconfiggere il paradosso che la stringe e che fu esemplificato da Montanelli che decantandone il rapporto tra la nazione nata dal Risorgimento scrisse che: “uno dei guai dell’Italia è proprio questo: di avere per capitale una città sproporzionata, come nome e passato, alla modestia di un popolo che, quando grida «Forza Roma!», allude soltanto a una squadra di calcio”.