A Bruxelles, che in gergo viene chiamata la “Brussels Bubble”, è tutto un via vai di parlamentari, commissari, ministri che orbitano intorno al consiglio, eletti di enti locali che rappresentano le loro istanze al comitato delle regioni, membri del Comitato Economico e Sociale, membri dei relativi gabinetti, diplomatici, funzionari, traduttori e lobbisti di tutti i tipi. A far da sfondo ci sono poi le famiglie politiche europee, e con loro i partiti e rispettivi centri di studio, che raggruppano a loro volta i partiti nazionali. Ognuno di questi prova a dare un indirizzo politico alle istituzioni e se non ci riescono – perché la sintesi degli interessi delle parti è complicata all’interno di essi – cercano almeno di spartirsi gli incarichi nelle istituzioni stesse. Chi racconta ogni giorno questo importante e complesso ecosistema della vita pubblica e privata? Chi svela i retroscena nel cuore dell’Unione Europea?
In molti hanno provato a colmare quel vuoto informativo sulle vicende politiche della “Brussels’ Bubble” ma hanno dovuto fare i conti con un mercato troppo difficile da costruire. Euractive si è visto con il tempo declassare, incassando visualizzazioni per le offerte di lavoro sul sito che non per le notizie, il più delle volte di seconda mano; mentre News Europe è un giornale online e cartaceo confinato nella nicchia degli addetti ai lavori più politici. I costi fissi troppo alti, nonostante le sovvenzioni elargite dalla Commissione, non hanno consentito a nessun attore mediatico di raggiungere una posizione dominante in questo campo. Di quanto sia difficile far decollare un’avventura editoriale di vaste proporzioni a Bruxelles ne è testimone persino Shéhérazade Semsar de-Boisséson, attuale CEO di Politico.eu, figlia del giornalista iraniano Mehdi Semsar, approdata a Parigi nel 1979 dopo la rivoluzione iraniana, la quale dopo aver fondato una società leader nell’organizzazione di convegni (Development Institute International), nel 2013 ha acquistato European Voice (allora di proprietà di the Economist Group) salvo poi rivenderlo dopo solo un anno a Politico Europe.
Politico nasce nel gennaio 2007 negli Usa per seguire le vicende nazionali, ed è solo nel 2014 che decide di espandersi Oltreoceano, in Europa. Nel settembre di quell’anno chiude un accordo per formare una joint venture con Axel Springer SE, peso massimo dell’editoria tedesca. Springer ha alle spalle una lunga storia di fiuto giornalistico e promozione di interessi atlantici; quando fondò da poco la sua azienda, riuscì in poco tempo a diventare una voce autorevole in Germania a sostegno degli interessi geopolitici americani (secondo The Nation, che citerebbe due ex agenti, avrebbe persino ricevuto un finanzamento dalla CIA di circa 7 milioni di dollari). Agli inizi degli anni duemila Axel Springer rifiuta di pubblicare sui suoi media le pubblicità elettorali di Die Linke e dei Socialisti tedeschi. I primi per i legami storici con il Cremlino, i secondi per aver nelle proprie fila importanti esponenti politici filo-russi. Delle posizioni più che legittime se pensiamo che Schroeder, quando era Cancelliere della Germania, aveva stretto importanti relazioni con Mosca, caldeggiando la costruzione del gasdotto North Stream, ed era stato successivamente ricompensato con la presidenza dello Shareholders Committee (nella lista dei possibili candidati c’era anche Romano Prodi).
Ma non tutti i Socialisti tedeschi hanno queste posizioni. Martin Schulz, ad esempio, decise di rompere l’accordo di diarchia che aveva retto la presidenza del Parlamento Europeo per anni, e che vedeva l’alternanza di socialisti e popolari con un’elezione a metà mandato. Riuscì quindi a prorogarsi il seggio per un “secondo mandato”, giusto in tempo per bandire l’ambasciatore russo e altri diplomatici di Mosca dal Parlamento Europeo, congelando in questo modo qualsiasi attività della Delegazione Parlamentare di Cooperazione con la Federazione Russa. Un mese prima, nell’aprile del 2015, Schulz era in prima fila all’evento di lancio di Politico Europe, insieme ad altri esponenti di spicco come Donald Tusk, allora Presidente del Consiglio Europeo.
È quindi nel dna di Politico Europe la propensione a non limitarsi a raccontare la politica, ma a volerla anche influenzare e, per quanto possibile, modificarne l’agenda setting. Tanto che in soli cinque anni, stando ai dati dell’EU Media Survey del2018, questa testata online avrebbe persino superato giornali come il Financial Times e The Economist. Questo progetto editoriale tedesco-americano in lingua inglese – che beneficia dell’apporto professionale di 63 giornalisti provenienti da tutta Europa, dei quali almeno 44 sono basati a Bruxelles – affianca alla diffusione di notizie, la copiosa organizzazione di imperdibili eventi che vedono la partecipazione dei pesi massimi della politica europea. E tra analisi e approfondimenti non mancano i retroscena e le inchieste. L’ultima in ordine cronologico riguarda il “caso Szajer”. Politico Europe, infatti, fu il primo a dare la notizia che l’eurodeputato ungherese fedele a Viktor Orbàn aveva partecipato a un’orgia in piena epidemia, violando coprifuoco e misure anti-Covid. Proprio nel momento in cui l’Ungheria di Orbàn insieme alla Polonia di Morawiecki si opponeva all’approvazione del Recovery Fund, tenendo in ostaggio il resto dell’Unione e rischiando di far finire in un nulla di fatto l’ultima presidenza di turno di Angela Merkel.